IL RITORNO DEL FIGLIOL PRODIGO

velleità, distruzione, ricostruzione

Livia Nascimben

31-05-2004

Un tracciato della giornata

Velleità, così il dizionario della Garzanti recita: voglia piena di ambizione, ma senza fondamento ed efficacia, aspirazione irrealizzabile. L’atteggiamento velleitario è quello di chi sovrastima le proprie capacità e le risorse a sua disposizione puntando a delle mete narcisisticamente orientate. Quale termine sarebbe più appropriato per descrivere il comportamento del figliol prodigo che lascia la casa del padre per cercare ricchezza?

Il figlio, nella parabola del vangelo di Luca, si allontana da casa credendo di potercela fare da solo, di avere raggiunto un’autonomia che di fatto non ha, aspira a conquistare mete elevate, ricchezza e prestigio. Le sue aspirazioni grandiose a contatto con la realtà lo conducono alla rovina, alla distruzione di sé e del rapporto con la propria famiglia: a più livelli la comunicazione è interrotta. Viene a mancare lo spazio per porsi domande su ciò che non va, su ciò di cui si ha bisogno.

Il figlio, dopo la distruzione, torna a casa; il padre lo accoglie ma questa è solo la premessa di una ricostruzione, il ritorno non basta al recupero del rapporto interrotto e non basta il perdono del padre.

Credo che il ricongiungimento con il padre sia soltanto un inizio; il figlio ha fatto la sua strada nel dolore e nella povertà e torna, misero, alla casa paterna. Ma ancora non ha volto: ha bisogno del riconoscimento delle altre figure, degli altri esseri umani, per acquistare una vera identità, una sua fisionomia. (Cosimo)

Ma le tre figure alla sinistra del padre, nel quadro di Rembrandt, assumono una posizione critica nei confronti dell’accoglienza verso il figlio che ha sperperato parte degli averi della famiglia. Stupore, rabbia, gelosia, rancore e rifiuto del fratello rimasto accanto al padre; sentimenti umani che si attivano di fronte ad un’apparente e irrisolvibile contraddizione: un padre rivolge l’attenzione al figlio che torna dopo averlo tradito e non a coloro che sono rimasti; per quale motivo? A che scopo investire su chi ti ha danneggiato?

Anch’io sono rimasto colpito da quelle tre figure, esse m’incutevano soggezione, mi mettevano a contatto con le mie paure, tanto che, quando è arrivato il mio turno di parlare, mi sono bloccato. La mia reazione è molto condizionata dalla possibilità di un rifiuto da parte della società per il mio passato. (Fabio)

D’altra parte, la ricostruzione e il guadagno che ne consegue non riguardano solo il figlio che ritorna, ma anche il padre e i fratelli. Il recupero del figlio non corrisponde solo a un gesto d’amore di un padre verso il proprio figlio, ma anche al recupero di alcune delle funzioni del padre stesso, un padre che riacquista completezza dopo aver ritrovato qualcosa che sembrava definitivamente perduto. In questo modo, anche il tempo e il progetto della relazione interrotta possono essere riattivati: “la pena deve innanzitutto prevedere il progetto di ricucire il baratro che le circostanze storiche e le responsabilità personali del reo hanno alimentato fra lui e la vittima; altrimenti è più appropriato chiamarla vendetta.” E’ da lì che bisogna partire, dai sentimenti delle tre figure, oltre che dall’abbraccio tra padre e figlio. (Aparo)


 

Mi sembra siano proprio quelle tre figure a decidere la funzione e l’orientamento di quel trasgressivo abbraccio in quello “Spazio”, a decifrare se sia giunto il tempo nel quale quella trasgressione dagli schemi possa corrispondere a una progressione o a una regressione dell’uomo e del suo rapporto con la realtà, la realtà materiale di noi esseri umani, che deve tenere conto del luogo e dei tempi in cui gli eventi si producono. (Dino)

"E’ importante alimentare la comunicazione fra parti prima separate di se stessi e all’interno di relazioni interpersonali, familiari, sociali; è importante cercare le somiglianze nelle differenze. Ma questo è possibile solo se il timore e il sospetto che esprimono le tre figure laterali non vengono disconosciuti o sottovalutati; solo ammettendone e tollerandone l’esistenza si può promuovere un dialogo fra aree sociali differenti, tra il mondo della devianza e il mondo della società libera, tra le imperfezioni e le paure di ogni individuo, dentro e fuori le mura." (Aparo)

"Nel quadro vedevo una divisione: da una parte due persone pronte a lasciarsi le vecchie ferite alle spalle; dall’altra, tre figure attaccate al passato, che rifiutano di conoscere il nuovo giorno. Guardando le tre figure in ombra, identifico nelle loro espressioni della gente comune che, stanca delle ingiustizie, si indispettisce per le decisioni di chi sa perdonare.

Mi rendo conto di come non basti il “perdono” delle persone care per non rimanere schiacciati dal proprio senso di colpa, ma sia necessaria anche la comprensione della gente comune. D’altra parte, come si possono ignorare le perplessità e i sentimenti di chi rimane indifferente al cambiamento di una persona pentita del proprio errore?" (Fabio)

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