La severità del tempo

Dino Duchini

04-04-2004  

La visione del quadro di Rembrandt, illustrato dal Prof. Zuffi è stata preziosa; altrettanto ascoltare le diverse interpretazioni di tutti i convenuti.

Mi ha colpito che molti di noi abbiano concentrato la loro attenzione sui personaggi del quadro che a prima vista sembrerebbero marginali rispetto al tema centrale dell’opera; pur se coinvolto dall’abbraccio fra padre e figlio, anch’io sono stato attratto da quelle “tre figure”.

Quelle figure, mi sembra, sovrastano lo scambio fra padre e figlio, quell’abbraccio che noi tutti vorremmo fosse la realtà; direi, anzi, che ne sono antagoniste: lo sguardo delle figure sulla destra sembra giudicare quel perdono più come una trasgressione destabilizzante che come un gesto d’amore e di ricostruzione.

Mi torna in mente la parabola evangelica e immagino nel quadro una volontà di collegare il trascendente all’immanente, di unire ciò che quelle tre figure sembrano voler separare. La particolarità delle mani del padre, una maschile e l’altra femminile, a cosa può rimandare? Mani che rappresentano l’universo sia maschile sia femminile, donna-uomo, padre-madre: le due realtà che generano la vita, che con il loro amore l’allevano, che con la loro costanza la modellano, che -per la loro conoscenza delle difficoltà della vita stessa- sono sempre disposte a comprendere; questo l’ideale cui rimandano quelle due diverse mani. Rappresentano forse il dualismo della realtà umana, uomo-donna, brutto-bello, male-bene, gli opposti limiti della vita. Esse, però, nel dipinto appartengono solo al padre, come se volessero ricondurre il dualismo della realtà umana, quotidiana e sensibile, all’unicità spirituale dell’essenza umana.

Forse il quadro non si limita a riprodurre il senso della parabola; lì non vi sono figure femminili, e allo stesso tempo c’è solo un’altra figura protagonista: il “fratello”; qui abbiamo invece tre figure che s’impongono. Pare che esse vogliano ed abbiano l’ultima parola, tanto da inficiare il valore di quell’abbraccio; sembra che si arroghino il diritto decidere, pare esercitino un loro dominio!




Le mani del padre hanno una relazione con quelle figure! Ho l’impressione che il “potere” di quelle mani debba tenere conto del “potere” di quelle tre figure. Queste figure antagoniste quale dominio possono esercitare sull’essenza della vita? Cosa sono, chi sono? Più importante ancora, quale legittimazione ha il loro potere?

L’artista dà loro un corpo, un volto, dei vestiti importanti; sono concreti, tangibili, materiali. Ma quale materia può avere tanto potere sulla materia umana da ostacolare il corso di quei nostri sentimenti che puntano all’ideale?

Io vedo in quelle tre figure la rappresentazione delle circostanze storiche in cui gli eventi si producono e possono essere letti dagli esseri umani. Quei personaggi mi appaiono come determinatori della realtà umana, propulsori e limitatori di una realtà che non è mai statica ed assoluta, ma che tuttavia necessita di una robusta sedimentazione delle sue conoscenze per non perdere la direzione della propria evoluzione.

Mi sembra siano proprio quelle tre figure a decidere se il significato di quel trasgressivo abbraccio possa essere utilmente contenuto in quello “Spazio”, a decifrare se sia giunto il tempo nel quale quella trasgressione dagli schemi possa corrispondere a una progressione e non a una regressione dell’uomo e del suo rapporto con la realtà, la realtà materiale di noi esseri umani, che è sottoposta alle leggi della natura e che deve tenere conto del luogo e dei tempi in cui gli eventi si producono.