IL FARO - Riunione 14-02-2003

Inseguendo le responsabilità

 

da Cosimo

Coordinatore dott. Aparo
Detenuti Luca, Mujo, Antonio, Pietro, Giorgio, Maurizio T., Maurizio, Ernesto, Ciro, Claudio (?), Francesco, Marcello
Studenti Margherita, Cosimo

La discussione comincia con un riassunto fatto da Marcello sui contenuti dell'ultimo incontro.
Parlando di micro e macro scelte, Marcello propone gli esempi del bambino con i compiti a casa e della scelta di cambiare vita smettendo di rubare.
Fra questi due estremi esiste quindi una vasta gamma di tipi di scelta, con incidenza e rilevanza maggiori o minori.
Da una parte c'è quindi l'idea che l'individuo sia pienamente responsabile e consapevole del senso e delle conseguenze delle proprie azioni; dall'altra c'è l'ipotesi che gli eventi accaduti siano causati da qualcosa che non possediamo, da premesse che non controlliamo nel momento in cui stiamo agendo.

Il dott. Aparo sottolinea che è utile per il gruppo cercare di comporre da questi due estremi un intreccio, una cucitura fra la posizione di chi sostiene che si è integralmente coscienti delle proprie scelte e azioni e chi invece valorizza l'aspetto determinante delle condizioni pregresse socio-economiche e culturali e delle spinte inconsce dell'individuo.

Vengono letti due testi scritti da Luca Sensales e Mujo Mujic.

Il pensiero centrale dello scritto di Luca è che ciascuno è completamente responsabile delle scelte che compie. Dice di avere provato ad immedesimarsi nel ruolo del giudice, che compiendo il proprio lavoro deve seguire dei parametri per rapportarsi all'imputato e non può tenere conto di tutte le variabili che fanno parte del percorso della persona che ha di fronte.

Maurizio afferma l'importanza anche del concetto di recupero della persona, dell'aspetto umano del reo: ciò che collettivamente viene riconosciuta come la funzione di orientamento della legge, che segue quella della misura della pena.

Il dott. Aparo afferma quindi la centralità del concetto di responsabilità come obiettivo da raggiungere.

Lo scritto di Mujo concerne invece le motivazioni che spingono l'individuo a delinquere sotto la pressione delle convenzioni e dei bisogni indotti che la società del consumo stimola, come il desiderio di accumulo di beni materiali e la necessità di seguire delle mode per non sentirsi esclusi.

Luca propone quindi un paragone fra il campo della devianza e quello della medicina. La devianza, la condotta criminosa è vista come malattia, la pena è la cura e i rappresentanti dello Stato sono i medici.
Questo accostamento risulta suggestivo per diverse persone.
Mujo propone però una osservazione critica, domandando: "Sei sicuro che la cura sia a tuo vantaggio? Sei sicuro di riuscire a utilizzare "la cura" e a cambiare?"

Marcello propone quindi di considerare il contesto di educazione ed esperienza dell'individuo, quanto questo contesto possa essere diverso da persona a persona e come fra libere scelte dell'individuo e condizionamenti e pressioni esterne ci sia una gradualità che varia in relazione alla storia soggettiva.

Quindi i due concetti opposti sono: la responsabilità è qualcosa che cresce e si forma in relazione alle differenti esperienze oppure è una condizione, una caratteristica della persona che l'individuo ha la facoltà di esercitare o ignorare.

Si parla allora della funzione del carcere, di come e se il periodo detentivo possa servire come strumento di crescita.

L'attenzione si sposta ora su come il senso della responsabilità possa essere meglio alimentato dalle privazioni che il carcere comporta o da esperienze di impegno collettivo durante il periodo detentivo.

Cosa permette di accedere più facilmente alla comprensione della natura della libertà e all'esercizio della propria responsabilità?
La privazione di esperienze gratificanti o l'esercizio delle proprie risorse in esperienze gratificanti?

La maggioranza dei presenti concorda sull'idea di una responsabilità che si acquisisce

Luca dice quindi di avere soppesato come su una bilancia i rischi connessi al compiere il reato e i vantaggi che da questa azione derivavano e di avere scelto in piena coscienza.

Diverse persone fanno notare che questa visione sembra troppo rigida e che corrisponde probabilmente alla paura di riconoscere una parte di sé di cui non si è pienamente padroni (viene riportato il parere di Salvatore Marchisella, del Gruppo Trsg del Penale, dove lo scritto di Luca era stato commentato il giorno prima ).

A proposito del percorso individuale, Mujo dice che talvolta la sofferenza può condurre a essere irresponsabili, e non il contrario.

Il dott. Aparo evidenzia la differenza fra la capacità di amministrare la propria responsabilità e la responsabilità come dato anagrafico (a 18 anni si è responsabili del voto) e indica che spesso il bisogno di sfuggire alla sofferenza può indurre ad azioni distruttive e/o regressive.

Mujo ipotizza che forse l'idea centrale dello scritto di Luca sia più un ideale che un dato reale, cioè più un desiderio che un qualcosa di acquisito.
La difficoltà sta proprio nel fare ciò che lo scritto di Luca indica come aspirazione.

CI si sofferma sugli aspetti socio-economici che pesano sulle scelte e sui pensieri delle persone presenti.

Il dott. Aparo richiama l'attenzione su uno dei tanti modi per "misurare" il senso di responsabilità. Nel caso, per esempio, di una persona che è affettivamente vicina a chi commette dei reati (un figlio), accade che questa venga massicciamente segnata dalle conseguenze del reato (la carcerazione del padre); quest'ultimo viene condannato ed è ragionevole che venga condannato in quanto responsabile delle sue azioni, ma risulta evidente, allo stesso tempo, che l'autore del reato è stato incapace di amministrare la propria responsabilità persino verso le persone che gli sono più care.

Il dott. Aparo conclude raccontando che la sera precedente ha avuto ospite a cena Romeo Martel, un ex detenuto che oggi lavora praticando lo shiatsu e che era fra coloro con i quali è stato fondato il gruppo della trasgressione . Riferisce che durante la cena Romeo Martel diceva:
"Chi commette reati mette in gioco la propria libertà in cambio un ipotetico beneficio economico: uno strano gioco, quello per cui si rischia tantissimo per guadagnare qualcosa che vale molto poco! Evidentemente, quando si commettono reati, si dà poco valore alla propria libertà e alla propria dignità, anche se, quando si è dentro, tutti sentono che sono importantissime"