Solido e fragile

Pasquale Forti e io abbiamo passeggiato diverse volte nel lungo corridoio di Bollate. Negli ultimi tempi passeggiavamo come amici, amici che progettano, che si chiedono perché non va ciò che non va, e cosa si potrebbe fare per migliorare le cose. Avevamo tutti e due molto a cuore il Gruppo della Trasgressione.

Al gruppo era venuto nel 2005. Dopo qualche mese era rimasto colpito da un incontro con gli scout. All'epoca diceva che lui frequentava il gruppo, ma non ne faceva ancora parte; sentiva che diventarne membro effettivo richiedeva una scelta forte. E la fece quella scelta; che io sappia, non in un giorno preciso; ma quella scelta l'abbiamo toccata tante volte con mano quando abbiamo condiviso il lavoro e i risultati che il gruppo ha ottenuto o non ha ottenuto in questi anni.

Con Pasquale non ci siamo mai dati del tu; il tu dell'amicizia era la nostra meta. Sapevamo entrambi che avevamo fatto molta strada in quella direzione, ma tutti e due puntavamo a un'intesa sempre maggiore. Ci davamo del lei, ma giorno dopo giorno avanzavamo verso il tu dell'amicizia, vivendo la libertà e la responsabilità di sentirci sempre più in sintonia.

Poi ci ha fregato il suo tumore, anche se la malattia e la morte lo hanno trovato vivo, solido e fragile quanto basta per puntare alla sua meta e per farsi riconoscere da persone e ruoli che, fra di loro, spesso non sono capaci di parlarsi.

Circa un anno fa, molto tempo prima che si manifestasse il tumore, mi aveva detto un sabato mattina che sulla sua carta di identità, oramai, c'era scritto anche il mio nome. E per questo, la settimana scorsa, mentre mangiavo da solo in cucina la conserva di tonno preparata da sua madre e che lui mi aveva regalato, lo pensavo e gli davo del tu.

Sabato 13 febbraio nel carcere di Bollate, da morto, ha fatto una piccola rivoluzione: ha messo insieme operatori e detenuti, avendo gli uni e gli altri il solo scopo di ricordare un amico comune.

Alcuni scritti di Pasquale