Forum

 

Cosimo Colbertaldo


Per quanto riguarda la discussione in corso, voglio dire la mia: data per certa la nostra apertura, credo che quello che maggiormente conta sia la nostra applicazione al lavoro comune. Amare è una cosa difficile. A me non sempre viene naturale. Per chi non ci riesce, forse è meglio partire da obiettivi di diversa natura: la tolleranza, l'accettazione, la fiducia, il confronto.

Ho visto che, dopo l'incontro di sabato, diverse persone hanno citato l'intervento di Ivano Longo. Le parole di Ivano sono state molto ricche, una comunicazione netta, forte. Ha detto all'incirca: "Dopo il convegno di sabato ero in branda e non riuscivo a dormire; mi sono chiesto perché, andando via, mi avete ringraziato. Io qui dentro ci sto male, non ci voglio stare; ma soprattutto voglio capire perché, se tutti abbiamo dentro questa spinta a sfidare, a trasgredire, perché io sono qua dentro e voi no."

Questa è una comunicazione che fa piacere e che responsabilizza. Si tratta, certo, di una domanda a cui non è facile rispondere, io al momento non ne sono in grado, ma mi sembra rappresenti uno degli obiettivi del nostro lavoro: interrogarsi, partendo dalla propria storia personale e con i mezzi che ognuno di noi dispone, sulla condizione di necessità o di scelta che accompagna la nostra esistenza, sulle circostanze socio-economiche e sulle dinamiche interne alla personalità che orientano i nostri processi decisionali.