Caravaggio e la chiamata
incontro con Stefano Zuffi

Redazione

04-05-2008  

PREMESSA

La giornata è sul tema della “chiamata”. Oggi, con l’aiuto di Stefano Zuffi, si esploreranno diversi dipinti di Caravaggio. Al Gruppo viene chiesto di relazionarsi alle opere proposte dallo storico d’arte anche tenendo conto della comunicazione fra i personaggi dei dipinti: chi chiama chi e a cosa?

 

Stefano Zuffi

Riprendiamo brevemente la “Creazione” di Michelangelo, affresco centrale della Cappella Sistina di cui abbiamo parlato la volta scorsa. Tra gli affreschi della Cappella Sistina (che hanno complessivamente un’estensione di 200 metri quadrati), è quello che ha avuto più fortuna; è un dipinto molto rappresentativo che resta nella memoria di chi lo guarda. In esso non si parla di vocazione ma si affronta il momento della creazione dell’uomo, avvenuta, secondo le scritture, il sesto giorno (prima sono stati creati animali e piante).

 

La creazione di Adamo - Immagine più grande

 

Stilisticamente l’affresco presenta un’immagine molto carica e asciutta; l’iniziativa, assunta integralmente da Dio, si riflette nel suo dito teso verso Adamo, che risponde al gesto del creatore mimandolo, ma con un dito ancora debole, ancora poco carico di volontà.

 

In un affresco poco lontano si trova la creazione di Eva, in cui lo stesso Adamo sembra quasi in una condizione di anestesia (per via della costola che Dio gli toglie per creare la donna).

 

La creazione di Eva - Cappella Sistina- Img + grande

 

 

 

Il peccato originale - Cappella Sistina- Img + grande

 

La terza scena tratta invece il tema della tentazione di Eva; è a lei che viene offerta una scelta: la mela dell’onnipotenza oppure il rispetto della regola impostale da Dio.

 

Zuffi si ferma un momento per stimolare i presenti con una domanda: La tentazione è una vocazione?

Aparo: La tentazione è una delle vocazioni cui si farà riferimento nel progetto “La chiamata”. Nella letteratura di tutti i tempi abbiamo tanti esempi di questo tipo di chiamata, cioè della tentazione o della seduzione del potere o della conoscenza (Faust). Ci interessa riflettere sui vari tipi di chiamata, indipendentemente dal fatto che vengano da dentro o da fuori, che siano positivi o negativi.

 

La Vocazione di Matteo

Zuffi: Novant’anni dopo gli affreschi della Cappella Sistina, nella stessa Roma, Caravaggio dipinge il suo primo ciclo di pitture religiose. Si tratta di tre dipinti che ornano la Cappella Contarelli (un nobile romano) nella Chiesa di San Luigi dei Francesi, a due passi da piazza Navona: “La vocazione di Matteo” (Matteo è chiamato ad essere un apostolo), “Matteo e l’angelo” (Matteo scrive il vangelo ispirato dall’angelo), “Il martirio di San Matteo” (l’uccisione di Matteo).

Ne “La vocazione di Matteo” (1600) il soggetto è la vocazione, il rapporto fra uno che chiama e un altro che risponde, la scintilla dello scambio.

Il dipinto, un olio su tela di 322x340 cm, viene realizzato tra il 1599 e il 1600 per volere del  committente che, chiamandosi Matteo, desiderava omaggiare il suo Santo protettore con un’opera d’arte. Originariamente non sarebbe dovuto essere Caravaggio l’autore di tale opera, ma il carattere acuto dell’artista gli farà cogliere l’occasione al volo.

Solitamente i soggetti di opere antiche sono religiosi o mitologici e si rifanno ai libri delle Sacre Scritture o a libri mitologici (per esempio le Metamorfosi di Ovidio); è inconsueto che si parli di quotidianità, ma in questa tela il Santo è seduto ad un tavolo con un gruppo di persone, vestite come i contemporanei di Caravaggio, come in una scena da osteria.

 

 

Vocazione di San Matteo - Img + grande

 

Nel dipinto è presente un movimento da destra a sinistra e da sinistra verso destra: Gesù, seminascosto da San Pietro, addita San Matteo al tavolo, quest’ultimo si chiede se sia proprio lui ad essere stato indicato e San Pietro gli risponde affermativamente.

 

Gesù sceglie i suoi collaboratori, gli apostoli, in situazioni e contesti diversi: quattro apostoli sono pescatori (la classe umile, tra essi Pietro), Matteo Levi, è invece un esattore delle tasse che conduce una vita agiata. Matteo è incuriosito da Gesù e lo invita a cena; ed è proprio durante questa cena che Gesù lo sollecita a cambiare stile di vita (fino a diventare uno dei quattro evangelisti).

Caravaggio, partendo da questo precedente iconografico, modifica la situazione presentandoci una scena “naturale”. Attorno ad un tavolo sono presenti sette personaggi: Gesù e Pietro (all’estrema destra della tela), tre giovani, un uomo anziano e Matteo. Il pittore ricorre all'espediente di immergere la scena in una fitta penombra tagliata da squarci di luce, che fa emergere visi, mani o parti dell'abbigliamento e rende quasi invisibile tutto il resto, come ad evidenziare particolari importanti.

La mano di Gesù è un richiamo esplicito alla mano di Dio ne “La creazione di Adamo” di Michelangelo. Questo dettaglio ci fa riflettere su una peculiarità di Caravaggio: contrariamente a ciò che si può pensare di lui, che fosse un pittore impulsivo e immediato, risulta da diversi studi che egli fosse invece molto attento alla costruzione delle sue opere, pianificandone i dettagli e rifacendosi ai grandi maestri prima di lui. E’ un artista che fa propri i passaggi che erano stati di altri pittori. In questo senso la rivoluzione artistica operata da Caravaggio è radicale ma consapevole: la stratificazione del passato nelle sue opere ne è la testimonianza.

Tornando all’opera, così come Dio chiama Adamo alla vita, Gesù chiama ad una nuova vita Matteo, il quale, sentendosi chiamato, punta il suo dito non verso Gesù (nella “Creazione”, Adamo risponde a Dio) ma verso il suo stesso petto, esprimendo il dubbio, l’incertezza, la perplessità del momento che lo vede protagonista di una scelta. A conferma della chiamata c’è il dito di Pietro, che indica Matteo. La dinamica perciò si sviluppa in 3 passaggi conseguenti, possiamo dire in una dinamica triangolare: Gesù indica Matteo, il quale indica il suo petto con sguardo incerto, e Pietro conferma con il suo indice la chiamata di Gesù. Sono presenti una sollecitazione, una risposta interlocutoria a cui segue una conferma.

Gli altri personaggi presenti sulla scena si dividono in due gruppi: due persone all’estrema sinistra della tela non danno attenzione a ciò che succede, contano dei soldi (nelle copie del dipinto questi personaggi giocano a dadi o a carte) mentre i due più vicini a Pietro guardano la scena con perplessità. Le reazioni degli altri hanno la funzione di mostrarci i diversi atteggiamenti che può avere un testimone coinvolto nella scena (indifferente, curioso, attento).

La costruzione dell’immagine rimanda ad una caratteristica del pittore: le sue opere sono delle “vocazioni” nei nostri confronti, Caravaggio chiama lo spettatore a sentirsi coinvolto nella scena che si svolge sotto ai suoi occhi e di cui è parte; in un certo senso noi che guardiamo il dipinto facciamo la parte di Matteo, di chi rimane sorpreso nel sentirsi chiamato.

 

 

La Caduta di San Paolo

Un’altra commissione affidata a Caravaggio è “La Caduta di San Paolo”, chiamata anche “Vocazione o Conversione di San Paolo”. Il dipinto, un olio su tela di cm 230 x 175 realizzato tra il 1600 e il 1601, si trova nella Chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma.

San Paolo scrive che mentre era a cavallo sulla via di Damasco è colpito da una luce che lo acceca e capisce che deve cambiare la sua vita, cambiare atteggiamento verso i Cristiani. Progressivamente si farà propugnatore del Cristianesimo. La sua è una vocazione misteriosa senza apparizione divina.

Caravaggio elimina ogni richiamo ai testi sacri e interpreta la vicenda come fatto umano. La scena ritrae il momento in cui San Paolo, in una scuderia, cade da cavallo. Gli unici testimoni sono uno stalliere e un cavallo, che occupa quasi interamente lo spazio della tela e che alza lo zoccolo per non calpestare l’uomo.

 

 

Caravaggio - Conversione di San Paolo

 

Prima di questo quadro, Caravaggio aveva dipinto un’altra versione (riconosciuta, sotto quella attuale, grazie ad un recente studio radiografico), che venne però ritenuta troppo audace dai committenti e per questo non idonea ad essere realizzata. Nella composizione originale, Paolo, con il capo reclinato all'indietro, nascondeva il volto terrorizzato allo spettatore; in questa prima versione era presente un soldato romano che, per difendere Paolo, protendeva la lancia verso la luce.

 

Conversione di San Paolo (prima versione)

 

La cattura di Cristo

Un altro dipinto commissionatogli è “La cattura di Cristo” o “Presa di Cristo nell’orto”; è un dipinto ad olio su tela di cm 133,5 x 169,5 realizzato nel 1602.

I sacerdoti di Gerusalemme convincono le forze dell’ordine romane ad arrestare Gesù per motivi politici. Gesù sa che ciò sarebbe accaduto e si ritira a pregare. Si domanda se sia necessario lasciarsi catturare e condannare. Si chiede se è questa la sua vocazione. Ha il dubbio e un’alternativa, ma sceglie di bere l’amaro calice.

Nel dipinto Gesù è raffigurato immobile e dimesso, in un gesto di rassegnazione; ha le mani conserte come a non volere mandare via Giuda e i suoi assalitori. Caravaggio si è autoritratto sulla destra, è l’uomo che tiene in mano la lucerna (rara eccezione in cui una fonte di luce è interna alla scena). Caravaggio copre un ruolo ambiguo: è dalla parte dei cattivi ma illumina la scena come a mostrarcela.

 

La cattura di Cristo (img + grande)

 

Il senso dell’opera è ancora una volta una vocazione, nella quale Gesù domanda a se stesso se desidera andare fino in fondo rispetto alla sua decisione e alle conseguenze di cui essa è carica. Di nuovo compare il tema degli obiettivi della chiamata e della scelta, una scelta i cui segni si delineano sul volto del protagonista.

 

Aparo: Abbiamo visto tanti tipi di chiamata, di relazioni, di sviluppi. Il dubbio, che viene così spesso citato, mi pare utile venga inteso come un tratto della comunicazione, della problematicità e della ricchezza della chiamata, dei suoi aspetti dinamici, della sua dimensione storica.

 

Zuffi: Caravaggio sembra quasi anticipare Cartesio; il dubbio significa essere parte in causa, essere nel pieno dell’uso delle proprie facoltà e dei propri strumenti. L’interrogativo “stai chiamando me?” non significa “aspetta che mi sposto”, ma “aspetta che penso”. Interrogarsi su cosa fare, chiedersi se accettare o meno l'invito dà un peso maggiore alla scelta e all'identità terrena del protagonista divino e, nel caso degli altri protagonisti della chiamata, e al divenire della loro identità nella storia.

 

La Conversione di Maria Maddalena e Narciso

Ora vorrei parlare di altri due dipinti: “La conversione di Maria Maddalena” e “Narciso”. In entrambi i quadri la figura principale si guarda allo specchio e si giudica.

Nel primo caso Marta porge a Maddalena uno specchio in cui guardarsi; Maddalena riconosce un’immagine di sé che non le piace e decide di cambiare.

 

Caravaggio - Marta e Maddalena

 

Nel secondo caso, invece, Narciso si compiace guardando la propria immagine nell’acqua, si tende verso la sua immagine riflessa per un abbraccio e annega.

 

Caravaggio - Narciso

 

Aparo: Gli epiloghi sono diversi, come è diversa la natura della chiamata: nel primo caso la chiamata è ad esserci nel mondo con le proprie risorse e i propri limiti, nel secondo caso Narciso viene risucchiato dal compiacimento di se stesso, in una ricerca centripeta e involutiva che lo condurrà alla morte.

 

Zuffi: Lo scopo di questo incontro è utilizzare delle immagini come contesto per il confronto. Altro discorso è quello sulla figura di Caravaggio. Caravaggio appare un artista spontaneo, immediato, reale, in realtà tutte le sue opere sono meticolosamente studiate, molto elaborate e pianificate fin dall’inizio, tanto che possiamo affermare che l’artista compone delle vere e proprie “messe in scena” che producono l’effetto del realismo. Durante la lavorazione delle opere infatti, disponeva i suoi modelli in posa e li faceva stare immobili anche per ore, per rendere l’immediatezza delle scene.

Diversamente da Michelangelo, Caravaggio non utilizzava disegni preparatori, ma tracciava con il manico del pennello, a grandi linee, la posizione dei personaggi sulla scena pittorica. Questo particolare serve anche a stabilire la paternità dei suoi quadri; solo un suo dipinto infatti è firmato, si tratta della “Decollazione del Battista” (il suo nome è scritto con il sangue che scorre a terra dal collo di San Giovanni).

 

La decollazione di San Giovanni Battista (img + grande)

 

COMMENTI AI DIPINTI

Aparo: L’autore che meglio ricordo dai miei anni scolastici è Caravaggio, la nostra professoressa continuava a dirci: “la luce, la luce”. Nella Vocazione di Matteo, il futuro apostolo è indicato non solo da Gesù ma anche dalla fonte luminosa che ne colpisce in pieno il volto.

Nella Vocazione di Matteo, Gesù è una figura marginale dal punto di vista spaziale; mentre nella Creazione di Michelangelo Dio è una figura centrale, un nucleo di gravità per l’occhio. La luce, che è portatrice di vita, investe Matteo, mentre Gesù rimane in una parte buia del dipinto. Il protagonista è Matteo con il suo dubbio, con la sua chiamata ad esserci nella riflessione e nella scelta. Direi che il promotore dell’azione è ai margini della scena.

Zuffi: Quando si proiettano le immagini si decontestualizzano: la Creazione è al centro della Cappella Sistina, le figure sono grandi per consentirci di vederle, è stata studiata per risultare una scena di rilievo, mentre la Vocazione è sulla parete laterale di una cappella buia e stretta e la si guarda in diagonale. Cristo è stato messo in una prospettiva per cui lo spettatore lo può vedere bene, anche se rimane nascosto da Pietro indipendentemente dal punto di vista.

Mario: Nella Vocazione di Matteo la luce arriva dall’alto, sembra che Gesù sia il regista che indica chi deve essere illuminato.

Rudy: Sono emozionato, nel dipinto vedo il senso della mia personale chiamata. Giorni fa, in relazione al fatto che mia figlia ha compiuto gli anni, ho chiesto a Silvia di chiamarla da parte mia. Ho immaginato Silvia nella veste di Gesù che chiama Naomi (Matteo) e io confermo la chiamata (come Pietro). La luce è quella che Silvia ha scatenato in mia figlia che mi ha poi scritto.

Silvia: E’ importante che chi chiama sappia modulare la chiamata in funzione della persona che ha di fronte. A me colpisce il dipinto di San Paolo disarcionato da cavallo come se per lui servisse una chiamata forte. La caduta è come se rappresentasse la caduta delle sue sicurezze.

Zuffi: Il chiamante ha bisogno che il chiamato risponda, per cui modula la sua chiamata.

Mario: Nel dipinto vedo Gesù che sta creando la squadra che allenerà per conto di Dio (la luce di taglio che entra dalla destra del dipinto). Pietro serve a Gesù per convincere Matteo che la squadra che sta costruendo è composta da giocatori forti perché l’obiettivo è importante. E’ come se Gesù dicesse: “ho bisogno di uno che giochi con Maradona in squadra, vieni?”. Matteo, esattore delle tasse, ha una vita agiata, e sembra chiedersi: “Dammi una ragione per lasciare la mia posizione di comodità e mollare tutto per seguirti”.

Aparo: Insomma, secondo Mario, Matteo chiede a Gesù di dargli una ragione per diventare cittadino, visto che lo chiama a faticare e a rinunciare allo champagne e al night.

Livia: La reazione delle figure laterali mi richiamano il dipinto “Il ritorno del figliol prodigo” di Rembrandt. Come in Rembrandt il figliol prodigo, per diventare un cittadino, ha bisogno del riconoscimento delle altre figure, e non solo quello del padre; così qui mi pare che Matteo sarebbe più pronto a rispondere alla chiamata se sentisse che il coinvolgimento anche delle figure laterali. Il conteggio dei soldi mi irrita, è come se confermasse a Matteo la domanda “chi me lo fa fare?”, mentre non è più il tempo per disinteressarsi, per rimanere sordi alla chiamata.

Aparo: La distrazione delle altre figure sembrerebbe confermare la pertinenza della domanda di Mario.

Boudina: A me pare che l’invito di Gesù a Matteo sia un invito senza possibilità di appello.

Zuffi: Forse, più che essere senza appello è come se chi chiama dicesse: “prendi al volo questa occasione perché non so se ti si ripresenterà”.

Aparo: … o forse anche: “Io ti chiamo, tu fai ciò che vuoi”.

Zuffi: Nel parlare del libero arbitrio ricordiamoci che siamo a Roma nel ‘600. Per i protestanti non vai all’inferno o in paradiso perché ti sei comportato male o bene, ma perché qualcuno ha deciso per te. Mentre per il cattolicesimo all’uomo è data la possibilità di scelta.

Silvia: Pietro mi pare in mezzo ai piedi. Se fossi in Matteo sarei incavolata per la sua presenza. Il chiamante deve chiamare ciascuno nel suo ruolo o la funzione della chiamata perde di senso.

Riguardo alla chiamata di cui parla Rudy, io i personaggi li vedo in modo diverso: io (Pietro) ho chiamato la figlia di Rudy (Matteo) perché lui (Gesù) me lo ha chiesto; e io confermo a te figlia che tuo papà ti ha chiamata.

Zuffi: Ricordo che il titolo del dipinto è La vocazione. Il soggetto, come qualcuno ha già detto, è il raggio di luce, la chiamata.

Francesco: Per me Gesù indica a Pietro chi chiamare e i ragazzi più giovani attorno alla tavola si stupiscono che la chiamata sia rivolta ad un “vecchio”. Ma Matteo, anche se faceva cose non belle, era un puro di cuore e Gesù lo chiama per questo. Mi è rimasto impresso il dipinto in cui Caravaggio si autoritrae con un lumino in mano (“La cattura di Cristo”): forse anche l’artista è chiamato a dipingere dalla luce.

Zuffi: La chiamata può essere sorprendente, può spiazzare. Le figure al tavolo potrebbero pensare: “adesso è il mio turno”; invece devono aspettare.

Vito: Sento confusione. A me sembra che Matteo inviti Gesù a cena per essere chiamato, e allora in che senso si stupisce ad essere proprio lui il prescelto?

 

 

Link utili:

Cenni sull'artista

Un'altra giornata di Zuffi su Caravaggio

http://www.caravaggio.rai.it/