Verbale GRUPPO DELLA TRASGRESSIONE

Livia Nascimben

19-06-2003 - La risocializzazione del tiranno

Anche l’incontro di oggi è incentrato sul rapporto fra rapinatori e rapinati.
L’incontro inizia con una riflessione di Ivano riguardo due scritti sullo stesso tema letti in uno degli incontri precedenti.

Ivano
Il dolore che provo di fronte agli scritti di Dino e Barbara è tale che ho bisogno di allontanarlo; mi coinvolgono troppo.

Viene letto lo scritto di Desirèe sulla sua esperienza di vittima di una rapina; poi lo scritto viene commentato e dalla discussione nascono domande, riflessioni e dubbi.

Diego
Mi ha colpito la paura di Desirèe di essere riconosciuta dai rapinatori; ricordo lo spavento che avevamo preso io e mia moglie quando un giorno una macchina continuava a seguirci.

Dino
Come uomo mi riconosco nella paura di Desirèe; da ex rapinatore dico che la paura paralizzante delle vittime era ciò su cui contavo quando commettevo una rapina perché l’azione non si trasformasse in tragedia e le persone eseguissero i miei ordini. Il dispiacere per il trauma che causavo alle persone, lo superavo dando ascolto alle motivazioni che mi avevano spinto fino a lì.

Davide
A volte i reati si fanno per disperazione, non perché si vuol fare del male.

Ivano
Questo gruppo sta diventando pesante: non pensavo che mentre facevo una rapina creavo situazioni come quella descritta da Desirèe. Ora provo una strana sensazione. Se avessi saputo prima il dolore che procuravo, non avrei commesso le rapine tanto facilmente. Io volevo solo i soldi, non sapevo che anche senza toccare nessuno creavo tutto questo.

Dino
Penso che i sentimenti vissuti da chi viene rapinato siano gli stessi che un tempo hanno vissuto i rapinatori. Il gruppo serve per far emergere le emozioni; se i cittadini che si avvicinano al carcere ne vengono a conoscenza, possono comprendere l’affermazione di Davide, la natura e le emozioni del rapinatore.


Emilia
Nell’intervista a Paolucci, a Patrizia Capalbo e nello scritto di Desirèe ricorre il desiderio di vedere in faccia i rapinatori, come se fosse presente la sensazione che di fronte ci fossero uomini diversi ma come loro. Patrizia Capalbo in un’intervista ci ha detto che avrebbe punito chi aveva rapinato e ucciso suo fratello guardandoli come suo padre guardava lei quando aveva commesso qualcosa che non andava.

Livia
Provo emozioni molto intense: alcune dolorose che si sono riattivate parlando del rapporto fra rapinatori e rapinati, altre emozioni belle in relazione alla constatazione che il gruppo permette a me, cittadino, di riconoscermi nei detenuti e ai detenuti di riconoscere le emozioni di chi ha subito violenza.

Viene letto un altro scritto di un cittadino vittima di una rapina.

Enzo
I due scritti si assomigliano molto, ricorre il sentimento di impotenza, il terrore, la sensazione che il tempo sembra fermarsi durante la rapina e la paura che rimane nei giorni successivi.

Silvia
Il filo che lega i due scritti lo trovo anche nel dolore di un bambino che subisce una violenza e non sa come comportarsi per cambiare la situazione, nella sensazione, comune a vittima e carnefice, di non avere la situazione sotto controllo.

Dino
La situazione di incertezza la vivi tutti i giorni, poi col tempo te ne dimentichi e la copri con le cose che fai. Il rapinato si sente insicuro e pensa che se al rapinatore girano le scatole, lui non ci può fare niente.

Aparo
Quando si è impotenti di fronte alla volontà di qualcuno, questi diventa il tuo tiranno. Molto spesso in queste circostanze la mente non riesce a formulare periodi ipotetici del tipo “se questo si incazza, succede il finimondo”; vive una paralisi che azzera l’articolazione del pensiero; e rimane poco margine per pensare che anche il tiranno, da bambino, aveva provato le stesse emozioni.

L’impotenza assoluta provoca una dilatazione del tempo soggettivo. Se un bambino viene messo in castigo in fondo ad un corridoio buio con la minaccia che il lupo verrà a prenderlo, proverà un dolore immenso e per lui 5 minuti saranno equivalenti a un tempo lunghissimo.

Il nostro obiettivo è di individuare e ricostruire come una rapina costituisca per il rapinato questa esperienza di dolore e come per il rapinatore sia un modo per riprodurre quella stessa esperienza di impotenza che lui aveva vissuto un tempo.

In generale, chi abusa del proprio potere sull’altro tenta di ricostruire una situazione del proprio passato in cui egli si è sentito impotente, e questo allo scopo di passare dal ruolo di chi subisce a quello di chi controlla attivamente gli eventi dolorosi, potendone orientare lo sviluppo e magari concedendosi il lusso, come dice Dino, di essere più buono rispetto al suo carnefice.

Diego
Cosa cerchiamo con gli scritti che produciamo e in quelli che leggiamo?

Ivano
Ascoltare ciò che questi racconti stimolano in noi e partire dai sentimenti che proviamo per ragionare sulla loro natura e farci chiarezza su noi stessi.

Livia
Riconoscere nei racconti degli altri le parti di sé che si tengono nascoste, recuperarle per riattivare il dialogo con tutte le parti che ci costituiscono, belle o brutte che siano.

Silvia
Questa domanda me la ero posta all’inizio di quest’avventura. Non so cosa cerco e non so cosa troverò ma desidero cercare.

Enzo
Quando commettiamo un reato danneggiamo gli altri; stiamo parlando di rapine anche se qui non siamo tutti rapinatori; ma tutti abbiamo commesso reati, il discorso riguarda tutti; se dicessimo che ciò che trattiamo riguarda solo i rapinatori, questo significherebbe tenere le distanze dai propri reati.


Livia
Come si comporta un bambino che sente che il tiranno sono i suoi genitori, che pur ama e di cui ha bisogno per sopravvivere? Come fa ad integrare aspetti tanto contrastanti fra loro?

Ivano
I miei genitori mi picchiavano spesso, io però con questo loro atteggiamento li sentivo vicini, sapevo che almeno non gli ero indifferente.

Silvia
Mi viene in mente uno sguardo di mio padre, lo ricordo benissimo, è stato fulminante, mi ha fatto sentire umiliata, è una delle cose più dolorose che ho vissuto da bambina.

Davide
Un tiranno può essere amato?

Aparo
Se un bambino vede in suo padre un tiranno, il bambino cercherà inconsciamente di dividere il papà in due parti distinte: una, quella del tiranno; l’altra, quella del papà che lo ama e che è a sua volta schiacciata dal tiranno … e aspetterà tutta la vita che la parte del genitore sottomessa dal tiranno se ne liberi per poterlo difendere.

Quando un bambino si sente ingiustamente passivizzato dai genitori (indipendentemente dal fatto che ciò sia vero o falso), egli deve prendere dei provvedimenti per contenere il suo malessere; in tali situazioni il bambino ha difficoltà a includere in un’unica persona il genitore di cui desidera la protezione e il tiranno che lo opprime; di conseguenza si trova costretto a dividere l’immagine dei genitori in due parti e a proiettarle all’esterno:

Per un bambino costituisce un problema troppo gravoso che un genitore sia allo stesso tempo colui che protegge e colui che opprime. La divisione e la proiezione all’esterno delle due parti hanno lo scopo di salvaguardare il suo equilibrio mentale; ma è un’operazione che non riesce mai bene del tutto:

Il bambino sente che la parte del genitore che protegge non riesce ad esprimersi a sufficienza perché c’è l’altra parte che la opprime: la parte che tiranneggia lo fa sia col bambino che con la parte buona del genitore.

Il bambino che si porta appresso un’immagine molto problematica dei genitori, prova sollievo nel togliere dai suoi genitori la parte cattiva; questa viene poi attribuita, di volta in volta, ai neri, ai rapinatori, agli agenti di polizia, a chi capita prima a tiro.

L’operazione della divisione, che serve per proteggere se stessi, non dà un risultato definitivo: è necessario individuare nel mondo, giorno dopo giorno, persone cattive che incarnino il genitore tiranno; bisogna irrobustire la costruzione e alimentarla ogni giorno con nuovi cattivi per non farla cadere.

L’operazione si conclude quando si riesce a fare in modo che i genitori buoni, quelli che il bambino sta aspettando, si sveglino, facciano una rivoluzione, recuperino del tiranno gli aspetti credibili e positivi, ne bonifichino le parti più distruttive, per riprendere finalmente il loro ruolo completo, che consiste nel proteggere e orientare i figli, i loro sentimenti e le loro turbolenze.

Davide
Perché un bambino diventato adulto commette gli stessi errori del padre?

Aparo
Perché ha bisogno di ripetere i traumi e le relazioni che hanno causato la sua sofferenza, recitando stavolta il ruolo attivo e non quello di chi li subisce.
Perché ha bisogno di passare dal ruolo di passeggero di un’auto che ha subito un incidente a quello di conducente che ripete la situazione che precede l’incidente per tentare di raddrizzarla o che ripete l’incidente, ma avendo il ruolo attivo di chi lo determina.

La nostra ricerca ha lo scopo di fare incontrare rapinatori e rapinati, persone che hanno subito e che hanno prodotto un abuso, partendo dal presupposto che chi rapina ha bisogno di passare dal sedile del passeggero a quello del conducente; da chi, impotente, ha subito l’abuso a chi attivamente lo esercita (la dinamica è la stessa che si verifica nei sogni che ripropongono un trauma).

E’ frequente il caso del bambino che si è sentito tradito; spesso la vita permette poi di superare il problema in modo soddisfacente; altre volte la questione viene affrontata in modo arcaico, attraverso una separazione più o meno drastica delle parti in gioco. Per l’essere umano la separazione è una perdita, una perdita di senso, di ricchezza, ma tante volte non si trovano soluzioni migliori.

La cosa, d'altra parte, non riguarda solo chi commette reati o solo chi abusa del proprio potere sull’altro; la separazione è alla radice dell’esperienza umana.

Il problema della separazione e riunificazione è un punto centrale nella pittura, nella musica, nella letteratura, nel cinema, nella scienza; è un topos che ispira artisti e scienziati perché è un problema che riguarda la natura dell’uomo. Non è la spinta a separare che fa differenza fra gli uomini, ma il modo e l’impegno con cui si cerca la comunicazione fra le parti separate.

Qualche giorno fa Emilia mi ha mandato un paio di citazioni significative a questo riguardo.

Il film finisce così:
le due figure si vengono incontro
e se ne vanno insieme.
Perchè commuove tanto
una situazione simile?
Perché le due figure
incarnano un mito
che è in fondo a ciascuno di noi:
la riconciliazione dei contrari,
l'unicità dell'essere.
Federico Fellini (1970)
La morte di un sogno
non è meno triste della vera morte,
e lo sconforto di coloro
che lo hanno perduto
è profondo come un lutto.
Truman Capote (1946)