E nel perdono un po' di pace

 

Antonella Cuppari

Come mai può accadere che chi commette un reato grave viene perdonato dalla vittima o dai parenti della stessa più spesso di quanto accada con reati di minore gravità?

E' una bella domanda quella posta da un membro del gruppo del dottor Scopelliti.

Il microcorso tenuto dal prof mi ha aiutato molto a capire cosa può star dietro al desiderio di avvicinarsi all'universo deviante. Alcune parole mi ritornano alla mente: "Occorre scontrarsi con ciò che è dichiaratamente oscuro e incomprensibile per imparare a dubitare anche di ciò che appare chiaro e dotato di senso compiuto.".

Di fronte ad un crimine eclatante, di fronte a tanta crudeltà gratuita, di fronte a un omicidio che non ha un'apparente spiegazione, i parenti della vittima si trovano indifesi, intontiti. Da tanta assurdità nasce allora il desiderio di comprendere: perché quella persona ha ucciso? Perché tanto male?

Io credo che chi si vede portar via una persona cui era molto legata, si vede "derubato" di parte della propria stessa vita. Non è facile, in questi casi, e di fronte a tanta sofferenza, vivere senza aver almeno cercato di dare una spiegazione a quanto è successo. Ecco, così, che dopo una prima fase di dolore e di intensa rabbia, la domanda sorge spontanea: PERCHE'?

Ciò non si può dire per un reato minore, quale un furto, che invece può avere una spiegazione apparente: un ladro può rubare per utilizzare il guadagno del bottino a fini personali, chi rapina e chi truffa "probabilmente" lo fa per arricchirsi.

Ma un ladro ruba veramente per arricchirsi? Ma un rapinatore rischia davvero la galera solo per accumulare denaro?

Queste domande difficilmente ci vengono in mente, perché nel momento in cui la gente viene a conoscenza di un reato minore, subito scatta la spiegazione più semplice e più immediata che porta a nascondere, a sotterrare, la reale comunicazione che dietro quel gesto si cela.

Ma come mai una persona in apparenza normale un giorno prende la pistola e uccide il suo vicino di casa? Come mai un pedofilo arriva a violentare e poi ad uccidere un bambino?

Queste domande tormentano tutti coloro che vengono a conoscenza di questi fatti, e ancora di più tormentano chi si è visto portar via un membro della propria famiglia o una persona cara.

Queste persone si ritrovano, da un momento all'altro, scaraventate nella confusione, lacerate e ferite a sangue. Inizialmente non si riesce a comprendere quello che sta succedendo, poi, quando lo si comprende, lo si nega, ma la realtà è spietata e si mostra agli occhi di queste persone per quella che è.

Prima ci si arrabbia, si vorrebbe distruggere colui che a sua volta ci ha distrutto la vita. Poi arriva il dolore e le lacrime non lasciano spazio ad alcun pensiero.

Inesorabilmente arrivano le domande e ci si comincia a chiedere PERCHE'. Nessuno è in grado di rispondere a questi interrogativi perché alla logica e al buon senso non è permesso di entrare nei meandri oscuri della comunicazione nascosta e urlata che sta dietro un reato.
Convivere con queste domande è dura perché il punto interrogativo è per la persona come un sassolino nella scarpa; fa sempre male.

Ecco così che un modo per trovare delle risposte diventa quello di avvicinarsi alla linea di confine del fronte di guerra e guardare in faccia il nemico: chi è costui?
Quando una persona decide di voler capire, la rabbia non può esserci perché sarebbe accecante. Bisogna osservare, e per osservare una persona che ti ha distrutto la vita, per vedere in quel corpo un uomo, con delle motivazioni, dei sentimenti e un proprio mondo interiore, allora, forse, è necessario perdonare.