Home

Mucche che piovono, Mucche che nutrono

Antonella Cuppari

E' davvero pesante la pioggia di stimoli, pensieri e paure che si trova a dover affrontare Matteo (Alessandro) quando entra nella comunità di disabili di "Ismaele" in qualità di obiettore di coscienza.
La pioggia martellante non diminuisce con il passare del tempo: i problemi, le difficoltà che incontrano ogni giorno Matteo e gli altri suoi colleghi vengono loro "delegati" dalla direzione della comunità, dove spicca una direttrice disabile, disillusa e distante.

Questo film mi è piaciuto molto; mi è piaciuto poterlo vedere in carcere, nella realtà dove il Gruppo della Trasgressione è nato. Sono stata felice che gli spettatori fossero costituiti da noi studenti, dai detenuti, dal prof, da Emilia, dal regista (Luca Vendruscolo) e dall'attore principale (Alessandro Tiberi).
Una situazione dove la realtà di una comunità di disabili, è stata presentata all'interno di un mondo dove la disabilità non è fisica ma "sociale".

Una delle scene del film che mi sono piaciute di più è stata quella in cui Matteo e Beatrice (la ragazza con cui Matteo aveva una relazione sentimentale) erano nella camera di lei. La ragazza ad un certo punto gli pone una domanda: "Se io non fossi stata sulla sedia a rotelle ti saresti innamorato di me?" e poi afferma: "Se io non fossi stata in queste condizioni, non vorrei essere qui."
E' una scena che mi ha fatto riflettere perché, secondo me, mette in discussione la relazione aiutante-aiutato.

Giovanni Savoca ha posto molto bene la domanda: "Nel film, sono gli obiettori a rendere felici i disabili o sono i disabili a rendere felici gli obiettori?".

Questo quesito accende in me altre domande. Cosa spinge una persona ad entrare a lavorare in una comunità di disabili? Cosa spinge un operatore a sostenere una realtà così difficile? Si tratta forse di spirito di sacrificio? Di fede cristiana? E perché Matteo si è innamorato proprio di Beatrice, una ragazza sulla sedia a rotelle?

Mi viene spontaneo trasferire queste stesse domande nel carcere, dove al posto dei disabili e degli obiettori di coscienza, ci siamo noi studenti e i detenuti. Così mi trovo a parlare di me, e mi rendo conto di come il Gruppo rappresenti per me uno strumento terapeutico, uno spazio, che Salvatore Marchisella ha chiamato "Spazio d'espressione": uno spazio d'incontro, dove i muri e le separatezze interiori e sociali possono diventare dei canali di scambio, di nutrimento, di confronto; un fare cultura che non abbatte le differenze, le diversità ma anzi le valorizza e ne fa diventare potenziali ricchezze.

Così come non credo che Matteo e tutti gli altri operatori lavorassero in quella comunità perché obbligati o inclini al sacrificio, così io faccio parte del Gruppo della Trasgressione perché in questo "fare cultura", riesco a "ritrovarmi e riconoscermi" al di là delle mura fisiche e psichiche che ci sono e che ho costruito nella vita.

Perché una persona deve scegliere di "riconoscersi" proprio in carcere, perché proprio in una comunità di disabili che costituiscono delle realtà dure, non facili da gestire?

Nel mio caso è avvenuto un po' per sfida, un po' per gioco; un po' perché queste due realtà "emarginate", "periferiche" rispetto al resto della società, si prestano meglio a rappresentare, a mettere in scena questo desiderio di oltrepassare i miei limiti.

Il prof. ha fatto riferimento ad altre due scene del film: la prima è quella dove Matteo lava dalla testa ai piedi Alex, ragazzo disabile che si "caga addosso", mentre la seconda è quella in cui Pallino, obiettore di coscienza dall'aria trasgressiva, mette il catetere a Francone, altro disabile, che non orina da giorni. Due scene che rappresentano atti di libertà che nascono da situazioni pesanti, al limite del tollerabile.

Nella prima scena "L'impotenza di Alex viene usata da Matteo che reinventa il mondo facendogli la doccia". Un atto di libertà che permette ad Alex e Matteo di rinascere di reinventare la vita e di spiccare il volo, un po' come accade nella creazione artistica.

Per me questa scena è stata particolarmente toccante. Matteo era in una situazione critica, si trovava nella "merda" insieme ad Alex. Il primo dei due, scompare per un attimo e poi riemerge con il doccino in mano. Apre l'acqua; per qualche secondo ammetto di non essere riuscita a interpretare questo gesto; un misto di aggressività, di dolore e di rabbia erano impressi nel volto di Matteo. Mi sembrava quasi sadico quel gesto, quel gettare l'acqua addosso ad Alex. La magia è stata poi vedere come quell'atto, nonostante nato da un momento di frustrazione per la situazione critica, si sia facilmente trasformato in gioco. Questa trasformazione, questo spiccare il volo dove la trasgressione ha lasciato il posto alla creatività, ha dato senso a ciò che si stava compiendo, lo ha fatto diventare un battesimo dove entrambi sono rinati.

La seconda scena è da leggersi allo stesso modo ed ho avvertito in essa la stessa magia. Francone non riesce ad urinare, e gli obiettori si trovano in una situazione difficile a dover scegliere chi di loro debba applicare il catetere. Arriva Pallino, il più "trasgressivo" degli obiettori, con la sigaretta in bocca e quell'aria da delinquente; si propone lui un po', forse, per il senso di colpa per essersi assentato dalla comunità diversi giorni.
Anche in questa scena ho avuto difficoltà, per un momento, ad interpretare l'azione. Pallino sorrideva mentre compiva quella delicata operazione. Era un sorriso arrabbiato? All'inizio non riuscivo a capirlo.
Poi ecco lo stesso "spiccare il volo" di cui si è parlato prima, che trasforma la scena in un momento bellissimo dove Francone finalmente riesce a urinare, gli obiettori sono contenti e dove Pallino, soddisfatto, dà una "pacca" a Francone in segno di complicità.

Ultima scena del film che ha fatto discutere ieri è stata la discussione tra Renato, il disabile-trasgressivo, narcisista e "onnipotente" e Matteo; una discussione che verteva sul concetto di libertà?
Chi dei due era veramente libero? Renato, che nonostante la disabilità, riteneva di poter avere tutto ciò che desiderava? Che si considerava la "testa" di se stesso, relegando gli obiettori al ruolo di " sue braccia e sue gambe "? O era Matteo che, era sì privo di handicap, ma che era legato molto al suo "senso di colpa"?

Questa discussione mi ha richiamato alla mente l'incontro di sabato scorso al penale, dove si parlava di responsabilità e di libertà: "Il concetto di libertà può esistere solo se viene rapportato all'Altro, o meglio, allo spazio che nella mente di ognuno viene dedicato all'immagine dell'Altro. La libertà da sola rappresenta, altrimenti, un concetto contraddittorio."

Nel film Renato era veramente libero? Aparo diceva che egli conquista la libertà solo dopo il riconoscimento della sua dipendenza dalle altre persone. Emblematica è la scena finale, dove Matteo spinge Renato in carrozzina; il secondo chiede al primo di condurlo in un posto dove fanno i cocktail gratis. Renato dice: "Sai cosa farei se potessi camminare da solo? Andrei proprio là dove si può bere gratis".

Bomprezzi ritiene che questo film sia stato uno dei pochi dove il limite dell'handicap non è stato rimosso, ma mostrato, in modo, però, non tragico.
La tragedia è, infatti, anche a detta del regista, una visione dimezzata dell'uomo. Nel caso dell'handicap, la tragedia rappresenta la disabilità attraverso la rappresentazione di un uomo privato delle proprie gambe e delle proprie braccia; un ridurre, cioè, l'essere umano ad una metafora dei pregiudizi.

Il film viene così presentato dal regista come un suo tentativo personale di andare al di là dei propri pregiudizi, e quindi dei muri e dei limiti che essi comportano.

Un film rappresenta un prodotto artistico che, in quanto tale, comunica; una comunicazione che è rivolta a tutti e dove tutti possono ripercorre lo stesso percorso del regista-artista.
Si tratta di un percorso che, nel film, si traduce nella trasformazione dei propri pregiudizi; una trasformazione di una realtà che, da dura e d'impatto emotivo violento, diventa una realtà dove chi vi fa parte, attraverso una serie di "atti di libertà", riesce a crearsi uno spazio per il gioco e per la creatività.

Uno spazio dove le mucche, che prima erano pesanti e piovevano in testa come macigni, adesso diventano anche nutritive.