IL GIORNO - 03 Novembre 2001

Il suicida lasciato solo

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Marco Ruggiero

Chi sorvegliava il dentista suicida nella sua cella d'isolamento? Nessuno, perchè la guardia che avrebbe dovuto fare il turno di notte dalle 24 alle 8 aveva ricevuto da un ispettore l'ordine di andare a fare un piantonamento in ospedale.
E come mai il medico pedofilo aveva con sè la cintura dei pantaloni, con la quale si è impiccato alle sbarre della finestra, quando in isolamento è assolutamente vietato? Chi lo ha autorizzato a tenerla? E ancora: quando il dentista è entrato a San Vittore, ha subito manifestato allo psicologo che si occupa dei nuovi arrivi le sue intenzioni suicide. Come mai non se ne è tenuto conto? Infine, due giorni prima del suicidio del dentista, che era terrorizzato da possibili ritorsioni da parte dei carcerati, un altro pedofilo in isolamento era stato violentato da un gruppo di detenuti. Non era questo un preoccupante campanello d'allarme di cui si sarebbe dovuto tener conto, magari aumentando la sorveglianza?

Sono questi i punti principali su cui le due inchieste in corso, quella della Procura e quella interna del Dipartimento di giustizia, stanno cercando di far luce per chiarire di chi sono le responsabilità del suicidio di domenica notte a San Vittore.

Un suicidio avvenuto in un ambiente che, come osserva Angelo Aparo, da 22 anni psicologo a San Vittore, «non è assolutamente adatto per occuparsi dell'intimo dramma di un pedofilo, perchè il carcere non è una struttura che protegge, ma che detiene; non è una mamma, non è un asilo, non è un ospedale, ma un luogo dove chi commette certi reati viene considerato, dagli stessi detenuti, il peggio del peggio».

D'altra parte, aggiunge lo psicologo, «non si può dire che questo sia colpa di una persona, di un gruppo o di chi dirige, ma del modo stesso in cui la struttura carceraria è concepita dalla società, che reagisce con allarme quando si trova di fronte a un esecrabile fatto di pedofilia, ma poi abbassa le armi quando si tratta di comprendere il percorso che porta una persona a diventare un violentatore di bambini». Naturalmente questo non vuol dire, tiene a precisare il dottor Aparo, che «i pedofili debbano essere lasciati liberi di fare quello che vogliono, ma solo che avrebbero bisogno di un luogo di detenzione protettivo e non restrittivo punto e basta».

Perchè non dimentichiamolo, conclude lo psicologo di San Vittore, «il nostro Stato non prevede la pena di morte, per cui un suicidio ci vede per forza corresponsabili».

Riemergono insomma gli antichi problemi di San Vittore. Primi fra tutti il sovraffollamento e la carenza di personale. «C'è un solo uomo che controlla tre piani: il primo, il quarto e il lato del pianterreno dove c'è l'isolamento», fanno sapere dall'interno del carcere. Come a dire che con una coperta così corta tutto è possibile nell'inferno San Vittore.