Verbale incontro 13-01-2009
Istituto Tecnico Perito Aziendale Bisuschio (VA)

Chiara Daina

Commenti degli studenti dopo l'incontro  
 

Aparo: Oggi cercheremo di riflettere sul concetto di responsabilità. Che cos’è per voi la responsabilità?

Cristina (studente): Responsabilità è ottenere una cosa che mi piace, avere un obiettivo e provare a conseguirlo ricorrendo alle proprie capacità.

Cristiana (studente): Essere responsabili significa vivere le situazioni che si presentano usando un po’ di razionalità e senza lasciarsi trascinare dagli impulsi.

Aparo chiede se responsabilità e piacere siano due termini antitetici oppure no.

Evelin (studente): Per me essere responsabile vuol dire seguire i doveri indicati dai miei genitori e di conseguenza venire da loro gratificata una volta compiuti.

Valentina (studente): Penso che quando si fa qualcosa responsabilmente, in cambio si ottiene la libertà.

Sergio (studente): Dare responsabilità a qualcuno vuol dire accettare questo qualcuno e considerarlo alla mia pari.

Vittorio (studente): Secondo me responsabilità significa essere autonomo e indipendente. Inoltre, implica anche fare cose per gli altri, imparare qualcosa ed essere soddisfatti di aver imparato questo qualcosa.

Aparo nota che non si è ancora fatto un chiaro riferimento al piacere o meno che si può ricavare dalla responsabilità.

Griselda (studente): Il piacere consiste nell’affrontare le nostre responsabilità. Il piacere, dunque, è una conseguenza del comportamento responsabile che mi permette di guadagnare dei risultati e la mia libertà.

Studente: Responsabilità è organizzare la nostra vita in conformità ai nostri criteri e valori, ed essere libero di poter scegliere quale strada percorrere.

Giulia: Per spiegare il concetto di responsabilità ricorro ad un esempio. Questa mattina, per venire fino a Bisuschio, mi sono alzata alle 5. In macchina, da sola, sono andata da Muggiò, dove abito, fino a Parco Lambro, dove si trova la comunità di Gaetano. Lì ho preso su Gaetano, poi ho raggiunto la fermata della metropolitana Cimiano, dove mi aspettava Chiara. Ho preso su anche lei, e tutti e tre insieme abbiamo fatto un paio d’ore di viaggio per arrivare fino a qui. In tutto questo io mi sono sentita davvero molto responsabile, per due motivi: sia perché il Dott. Aparo mi aveva dato l’incarico di andare a prendere Gaetano in comunità, sia perché Gaetano e Chiara erano passeggeri sotto la mia guida. Dunque, avevo delle attese su di me e questo mi ha fatto sentire il piacere del mio poter essere responsabile.

Chiara: Il concetto di responsabilità ha a che fare sia con il tempo che con la relazione con gli altri. Per quanto riguarda il primo, è importante avere la consapevolezza che per poter raggiungere i nostri obiettivi occorre pazienza, costanza e riflessione sulle nostre azioni. Serve, cioè, del tempo. Spesso ci illudiamo che le azioni costruttive per noi e per gli altri possano compiersi con scelte che che comportano una soddisfazione immediata. Ma questi piaceri poi si rivelano effimeri. Al contrario, è necessario proiettare le conseguenze delle nostre scelte sulla distanza. Solo in questo modo è possibile tenere conto anche degli altri e stringere legami con loro nel riconoscimento di uno spazio comune e di un arricchimento reciproco. Ascoltare anche l’altro mi fa sentire responsabile.

Aparo specifica che, al gruppo, abbiamo chiamato giro corto il cammino che brucia le tappe necessarie al buon raggiungimento di un fine, e giro lungo quello che tiene in considerazione anche la presenza e i legami con gli altri.

Erika (studente): Mi sembra di aver capito che se si segue il giro corto si è meno responsabili. Perché?

Marta (studente): Perché il giro corto è alla ricerca dell’immediato, del tutto e subito.

Livia: Guardando al mio passato, ho intrapreso il giro corto quando credevo di non essere all’altezza di svolgere un determinato compito. Al contrario, quando mi sono convinta che ci sarei riuscita, l’ho fatto e ne ho ricavato soddisfazione. Questo è stato il mio giro lungo.

Silvia: A proposito di giro corto e giro lungo provo a fare un esempio. Se con la mia macchina percorro una strada a 130 Km/h, una tale velocità, non solo m’impedisce di ammirare il ricco e variegato paesaggio che mi circonda, ma comporta anche il rischio di causare degli incidenti arrecando danno a me stesso, ai miei eventuali passeggeri e agli altri conducenti. Se, invece, ci concediamo una velocità più ridotta e rispettosa dei limiti consentiti, ci possiamo gustare il panorama attorno, apprezzandone i diversi colori e i nuovi scenari, riduciamo il rischio di multe e di incidenti, e soprattutto possiamo scoprire altri itinerari dove, ancora una volta, sarà possibile renderci conto di altre interessanti opportunità di cui possiamo disporre.

Beppe: Penso che la droga rappresenti chiaramente un giro corto. Decidere di vivere senza la droga vuol dire darsi l’opportunità di crescere con il giusto tempo che occorre per raggiungere i nostri obiettivi, senza avere la pretesa che questi si conquistino bruciando le tappe necessarie per il loro conseguimento.

Aparo cerca di chiarire la differenza tra giro corto e giro lungo: “L’essere umano vive in conflitto tra le diverse esigenze che si pongono nella sua vita. Il giro corto non tiene conto di tali molteplici esigenze, il giro lungo considera che il singolo uomo ha numerosi bisogni e che gli uomini e i popoli sulla Terra sono molti. Cosa c’entra tutto ciò con il concetto di responsabilità? La responsabilità si lega alla nostra facoltà di scegliere tra giro corto e giro lungo e ha a che fare con la relazione umana e con l’autorità. Se desidero un paio di jeans, posso provare a commettere una rapina nel negozio in cui li ho visti o posso provare a risparmiare i soldi sufficienti per il loro acquisto non facendo del male a nessuno. Quest’ultima alternativa, che considera anche lo spazio degli altri, comporta di essere un’autorità verso noi stessi. Essere un’autorità, o meglio, essere una buona autorità significa tener conto delle nostre esigenze e di quelle degli altri. Uno degli obiettivi del Gruppo della Trasgressione è divertirsi a costruire la propria casa con i mattoni guadagnati lungo il percorso invece che con i mattoni rubati da altri”.

Vito: Io non commetto più le rapine da quando ho iniziato a riconoscere l’altro. Prima, non mi sentivo egoista nel puntare un’arma (seppure finta) contro una persona per rubarle ciò che aveva. Per due motivi: non avrei mai ucciso questa persona; e il bottino rubato lo avrei sempre in parte destinato ad entrambe le mie figlie. In realtà, non mi accorgevo che chi aveva deciso di rubare ero io e non le mie figlie, ed io a loro non ho mai chiesto se avessero preferito il denaro rubato o la mia presenza al loro fianco, che con gli anni di carcerazione gli ho negato. In questo senso non mi sono comportato responsabilmente né nei confronti delle mie figlie, né verso le vittime delle mie rapine.

Aparo: Secondo voi, in che senso abbiamo autorità quando esercitiamo la responsabilità?

Beppe: Essere un’autorità verso se stessi vuol dire non prendersi in giro. Ho avuto molto da me stesso da quando ho smesso di drogarmi. E ogni giorno so che devo esercitare la mia autorità su di me per non cadere negli errori di sempre e persistere con costanza e pazienza verso i miei obiettivi.

Studente: Avere un’autorità vuol dire sentire di avere una personalità.