Il dolore che non si sa esprimere

Daniela Barbini

26-03-2004  

L’incontro della scorsa settimana mi ha portato a riflettere. Gli studenti erano stati spronati a partecipare con scritti riguardanti le proprie esperienze, e la domanda che mi sono posta era: “come posso trovare un filo conduttore per introdurre la mia esperienza, in fondo così diversa, da quella delle persone qui presenti?”.

Livia ha parlato del suo passato problema alimentare, ed è stata facilitata in questo dall’identificazione con lo scritto di Fulvio, anch’io ho avuto un passato legato a questa problematica, ma mi trovavo dall’altra parte (a soffrirne era una persona a me molto cara) e di conseguenza non mi sono identificata nella metafora del “cacciatore o preda”.

Finito l’incontro, sono stata pervasa dalla tristezza e dalla sofferenza e il solo spiegare il perché di quei sentimenti mi opprimeva. Mi ricordo alcuni gruppi in cui Livia non riusciva ad esprimersi e piangeva.

Desidero riconoscerle il grande passo che ha fatto, riuscendo a regalarci un periodo così difficile e doloroso della sua vita e desidero ringraziarla per avermi aiutato a rispondere alla mia domanda: credo che il filo conduttore, che possa legare la mia esperienza a molte altre è purtroppo il dolore di aver perso qualcuno, di aver fatto soffrire persone amate, di avere sbagliato, di aver sofferto....

Ringrazio Livia perché più volte in lei ho riconosciuto il dolore che non vuole essere espresso.