Mento ancora a me stesso?

Antonio Tango

18-05-2009  

Io non volevo fare una scenetta teatrale. Ho voluto dare voce, un senso logico, un ordine alle idee del mio malessere, del turbamento interiore e del forte senso di colpa che ho nei confronti di mio figlio.

Perché non riesco a esprimere esattamente il mio pensiero? Come posso ottenere che anche gli altri percepiscano il conflitto che ho dentro? Non sarà il fatto che neanche io so esattamente quello che voglio? O non può essere che, non avendo mai messo davvero in discussione il mio pensiero, non ho gli strumenti adeguati per decifrare ed esprimere il pensiero del mio conflitto in modo che anche gli altri lo capiscano?

Ma perché poi mi interessa spiegare il mio pensiero agli altri? Sottovalutazione di me stesso? Insicurezza? Desiderio di essere accettato? O desiderio di volere essere quello che non sono?

Provare agli altri che il mio pensiero è giusto… ma così sono sempre insicuro. Dov’è che sbaglio? Può essere il forte desiderio di cambiamento?

Qui mi sorge l’ennesima domanda: il dott. Aparo dice che non ci si accorge del proprio cambiamento mentre è in corso, ma perché io lo percepisco? Questo che vuol dire? Che mi sto mentendo di nuovo? Può la paura avere il potere allucinogeno di farti sembrare una cosa, mentre tu in realtà ne vivi un’altra?

E qui di nuovo mi domando: è paura, rabbia, senso di colpa o desiderio di essere quello che in realtà non sono, o meglio, desiderio di volerlo diventare? Oppure è un’altra cosa? E cos’è?

Come capire che quello che sto facendo è giusto per me? E soprattutto, che non stia facendo lo stesso errore, quello di mentire di nuovo a me stesso? E’ come il gatto che si mangia la coda, perché?

Rileggendo questo scritto mi sembra di trovarci un pensiero pessimista, mentre io mi sento ottimista come non mai.