Un buon punto di partenza

Sergio Vignola

15-12-2010  

Per capire cos’è il Gruppo della Trasgressione occorre innanzitutto capire cos’è il carcere: un contenitore, semplicemente.

Immaginate di trovarvi in un’enorme sala d’attesa, come quella di un aeroporto o di una stazione ferroviaria: c’è gente che viene e che va; qualcuno chiede informazioni, magari in una lingua straniera, qualcun altro vi passa accanto veloce senza neppure curarsi di voi; altri, invece, non riescono proprio a orientarsi in mezzo a tante luci, rumori, volti sconosciuti. E tra questi ultimi ci siete anche voi con la vostra valigia e lo sguardo perennemente rivolto verso l’orologio. Cosa fare? Vi fate coraggio e attraversate d’un fiato il fiume umano per sedervi. E poi? Non rimane che attendere: tre ore o tre anni o forse trenta. Ma il problema di cosa fare rimane.

Negli anni ho sempre cercato di dare una risposta a questa domanda. Ma più trascorreva il tempo e più vedevo ridursi le possibilità a mia disposizione. Dalla mia sedia avrei potuto osservare il via vai di gente o l’orario delle partenze o, più semplicemente, dormire. Ma un giorno, sempre da quella sedia, la mia attenzione si è soffermata su due persone, sul loro modo di camminare lento e sicuro, e su ciò di cui parlavano: il “Gruppo della Trasgressione”.

“Trasgressione?”, mi sono chiesto stupito. “Non ho già trasgredito abbastanza per trovarmi qui? Com’è possibile che all’interno di un carcere venga organizzato un corso per imparare a trasgredire?”.

In realtà, quella strana definizione è stata così pensata allo scopo di attirare la mia attenzione e, in un secondo momento, di insegnarmi che “trasgredire” significa ricercare la normalità.

E, allora, eccomi qui, sempre seduto su quella sedia e sempre in attesa. Ma non più da solo. Ora, mi trovo intorno a un tavolo con altre persone con le quali condivido lo stesso obiettivo: vivere appieno questa attesa, sfruttarne ogni momento e riempirne ogni spazio per comprendere i propri errori prima della partenza. Ogni compagno di viaggio è qui con il proprio bagaglio di esperienze alla ricerca del quid che consente di prepararsi per la partenza. Si tratta di persone che hanno idee e trascorsi differenti. Ma è proprio in questo che consiste la ricchezza del Gruppo: nella diversità.

Il tavolo intorno al quale sediamo si trasforma ogni volta in un laboratorio dove si possono fare esperimenti, si possono proporre e discutere le opinioni di ciascuno sui vari temi, quali il senso del limite, la sete di potere, la consapevolezza, il suicidio. E tutto questo avviene in assoluta libertà sotto la sapiente e attenta regia del dott. Angelo Aparo, ideatore e fondatore del Gruppo della Trasgressione.

L’appuntamento col Gruppo si tiene una volta alla settimana e dura tre ore. Eppure, non si esaurisce lì. Il dibattito fra di noi continua sia in cella che durante le ore d’aria. Insomma, ogni occasione è buona per alimentare la riflessione su di sé, così che la distanza tra un incontro e l’altro diminuisce.

Negli ultimi mesi, in parallelo con i gruppi di San Vittore e di Bollate, abbiamo affrontato il tema del suicidio in carcere. Una questione difficile da trattare benché sia di estrema attualità. Tutti noi, direttamente o indirettamente, abbiamo avuto a che fare col suicidio. E ciò che è scaturito dalla discussione è sorprendente. Non tanto per noi, che siamo abituati a nutrirci dei frutti che nascono dal confronto, bensì per coloro i quali hanno assistito per la prima volta a un tipico incontro del Gruppo: giornalisti della Rai ed esponenti dell’amministrazione penitenziaria. Entrambi si sono fatti custodi e portatori del nostro messaggio. Quello secondo cui, utilizzando le parole di Aparo: “Un ambiente appropriato e un buon tavolo di confronto possono motivare a ricercare dentro di sé le ragioni del proprio malessere anziché espellerle”.

Certo, non è un cammino facile. Ma è senz’altro possibile. Anzi, per quanto mi riguarda, si sta avviando proprio in questo istante. Non è facile, ripeto, ma è un buon punto di partenza. Perché questo è il Gruppo della Trasgressione: un buon punto di partenza.