La memoria di ciò che posso diventare
Estratto incontro Gruppo carcere di Opera

Redazione

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Gualtiero - Non sono riuscito ad uscire dalla normalità in modo normale.

Bruno Turci - La fatica era nella quotidianità. Avevo il terrore della quotidianità. La quotidianità non ti consente di toccare il cielo con un dito, ti fa sentire un poveretto. Giorno dopo giorno cerchi di costruire il tuo paradiso, ma non sai affrontare i problemi della quotidianità, che poi sono la vita.

Diego - E' insito in ognuno di noi puntare ad essere qualcosa di più di quel che si è. Io non avevo le capacità per essere né uno scienziato, né un musicista, né un calciatore; ma volevo provare l'emozione dell'onnipotenza o forse semplicemente di sentirmi importante. Con le rapine ho cercato una scorciatoia e oggi constato che ho allungato la strada!

Aparo - Da bambino sogni che farai belle cose nella vita, ma non è detto che poi le cose avranno il corso che tu hai fantasticato. Occorrerebbe allora rimboccarsi le maniche con la fiducia di poter giungere a una meta; ed è a questo punto che la dimenticanza delle nostre potenzialità costituisce uno dei fattori che più ci fanno sentire schiacciati nella quotidianità.

Per ogni uomo è un'impresa difficile conciliare la tensione verso l'infinito e la condizione necessaria di vivere nel finito. In conseguenza di ciò, tante volte ci si riduce a fantasticare un sé onnipotente, privandosi del piacere di coltivare il proprio divenire.

Alessia - A 13 anni volevo studiare letteratura e arte e viaggiavo molto con la mente, sognavo il mio futuro. Contemporaneamente pensavo ai passi da fare per raggiungere i miei obiettivi. In quel periodo stavo scoprendo chi ero e quali erano le mie attitudini. Oggi mi sto laureando in lettere e sono giornalista. Appassionarsi a qualcosa è un modo per investire nel futuro. Se non ti appassioni a niente, la quotidianità ti schiaccia. A quel punto non sei interessato a sapere cosa vuoi essere né a mantenere memoria di ciò che puoi diventare.