IL FARO - Riunione 07-02-2003

Il peso delle maschere

 

 

da Cosimo e Tiziana

Il tema all'ordine del giorno era quello della maschera. Sono stati letti due scritti, uno di Ivano Longo e l'altro di Luca Sensales, e si è svolta una discussione.

Coordinatori: dott. Scopelliti e dott. Aparo
Detenuti: Ivano, Marcello, Luca, Maurizio, Ernesto, Antonio, Maurizio T., Giorgio, Mujo Mujic
Studenti: Alice, Cosimo, Tiziana

Si è parlato del legame esistente fra maschere, coscienza e responsabilità.
C'è stato un ricorrente riferimento all'immagine dello specchio quale rappresentazione di sé e al tempo stesso come altro da sé e si sono colte delle analogie con la maschera.

Il discorso sulla maschera ha condotto anche a riflettere sui diversi gradi di consapevolezza di sé e alla questione delle micro e macroscelte.

Nel primo caso sono visibili gli effetti immediati della scelta che si sta compiendo e dell'azione che si sta per fare, ma solitamente non si dà peso alle conseguenze che nel tempo potranno derivare dalla microscelta; nel secondo caso abbiamo a che fare con un evento che, manifestamente, modificherà in maniera significativa il corso della propria esistenza.

Prendiamo per esempio un ragazzino alle prese con un'interrogazione scolastica di storia. Al momento lo studente si interesserà soltanto all'esito immediato della sua scelta di studiare oppure no, ovvero al voto; tuttavia questa scelta potrà avere effetti molto tempo dopo, quando una certa preparazione culturale gli permetterà di affrontare in maniera più consapevole e divertente determinate situazioni. Un piccolo gesto può avere delle conseguenze a distanza difficilmente prevedibili.

Una microscelta mostra quindi i suoi effetti nell'immediato, ma può avere dei risvolti e delle conseguenze a lungo termine che difficilmente si comprendono nell'atto o nel gesto che si compie. Una macroscelta, invece, si presenta subito con il carattere di una decisione importante: il sì degli sposi alla cerimonia nuziale ha manifestamente un peso diverso dal sì a una partita a carte.

Quindi entra nella discussione il concetto di responsabilità: che margini abbiamo per decifrare quali premesse e quali scelte dell'oggi riducono o ampliano la possibilità di scegliere liberamente domani?

E' anche evidente che il contesto in cui una persona vive riduce la gamma delle scelte possibili. Ma forse l'individuo ha sempre un margine di scelta, non sempre l'uomo è rigidamente condizionato dal proprio passato. Forse in questa piccola porzione di possibilità sta la sua libertà.

Parlando di reati, si può pensare all'importanza che acquisisce in sede di giudizio lo stabilire quanto l'individuo sia consapevole di se stesso; quanto sia distante da se stesso nell'atto del delinquere; quante maschere sta indossando, senza sapere del suo bisogno di nascondersi di fronte al proprio stesso sguardo.
Si parla di capacità di intendere e di volere, di raptus e di possibili attenuanti in sede di giudizio

Vengono fatte delle riflessioni sul legame esistente fra maschere e identità. Ci si può trovare nella condizione di dubbio riguardo al proprio essere e alla propria autenticità.

Il Carnevale viene indicato come momento di capovolgimento dell'ordine abituale, spazio di creatività e diversità in cui si può essere realmente sé stessi.

Ci si interroga sulla incidenza delle condizioni sociali sull'uso delle maschere. C'è chi collega la diffusione dell'uso di maschere "difensive" al degrado etico e morale della nostra società.
Qualcuno afferma che una persona, sola con se stessa, non può avere maschere.
Si dice che a volte si dà la colpa alla società per giustificare un cattivo utilizzo delle maschere stesse, per esempio nel caso di condotte devianti.
Viene sottolineata la funzione positiva e consapevole della maschera in uno dei momenti che caratterizzano la vita di un detenuto: l'incontro con i familiari. In quel caso -si dice- si simula un benessere e si dissimulano i propri malumori per non pesare sui propri cari.

Si parla anche del peso dell'educazione e del contesto sociale e familiare in cui si è cresciuti. Una persona che vive un clima affettivo destabilizzante, pur essendo consapevole sul piano cognitivo delle conseguenze di un crimine sugli altri e su di sé, può vivere l'atto criminoso secondo una griglia affettiva che lo porta ad averne una valutazione affatto diversa da quella della maggioranza delle persone.

Il concetto di maschera è aperta a più ordini di senso: la parola indica l'oggetto che noi utilizziamo ora soprattutto per assumere le sembianze di un altro, ora soprattutto per nascondere le nostre. Spesso, questa seconda accezione del termine "maschera" allude al fatto che a volte nascondiamo parti di noi stessi al nostro stesso sguardo.

Si può incontrare una paura o una forte resistenza a liberarsi e ad abbandonare una o più delle maschere di cui ci gioviamo. Diviene indispensabile raggiungere un equilibrio fra la molteplicità e l'unitarietà degli stati dell'essere, con le loro diverse sfumature, intensità, intrecci. La ricerca di tale equilibrio, se condotta con impegno, può legittimare l'uso delle maschere nelle relazioni interpersonali e sociali.

Infine si è dibattuto su come la giustizia possa o debba porsi di fronte alle maschere che rappresentano, sovrapposte l'una all'altra nello spazio e nel tempo, l'identità e il percorso di vita dell'individuo deviante.
Ci si chiede se sia auspicabile che il giudice tenga in considerazione anche il passato della persona, ciò che l'ha portato più o meno direttamente a compiere reati.

La legge ha il dovere di garantire equità e sicurezza a tutti i cittadini.
Per fare ciò, ha bisogno di riassumere, attraverso codici e norme, ciò che appare incerto e sfumato come la complessità di una persona in un disegno preciso e condivisibile da tutti.

Il dott. Aparo conclude la riunione indicando i seguenti spunti di riflessione:

Queste le domande alle quali il gruppo, nell'impasto comune di studi, scritti, interviste e approfondimenti, si dedicherà nelle prossime settimane.