Dopo il sabato col Gr. Trsg

Giovanna, Irene, Magda, Silvia, SImone, Viola


Livia Nascimben

  02-03-2008

 

Livia: Possiamo decidere se usare questo tempo per provare a rispondere alle domande rimaste aperte dopo l’incontro di ieri, oppure dirci qualche riflessione fatta e non detta in questi giorni.

Le domande sono queste:

Simone: Quando superi le contraddizioni, evolvi. Quando si parla dell’agente, del poliziotto tendi a spersonificarlo, a fare rientrare le singole persone in una grande categoria a cui attribuisci una determinata caratteristica. E facilmente il poliziotto diventa il cattivo. Io me ne accorgo quando vado in manifestazione. Quando gli agenti erano in silenzio, facevano parte del carcere quanto le mura. Quando hanno preso la parola sono diventate persone.

Magda: L’agente spesso sembra che si diverta a punirti. Ma quando ti permettono di incontrarti pensi che forse la verità è un’altra. La loro funzione è fare in modo che tu non ricommetta il reato e di controllare che tu venga punito.

Silvia: La funzione dell’agente per me è garantire la libertà. I limiti, anche se non sembra, consentono di muoverti.

Irene: Spersonalizzare l’agente è un’operazione di comodo. Se lo spersonalizzi puoi andargli contro senza dare a lui possibilità di parola. Se apri il dialogo, vai in crisi e non ti fa più comodo. Lo stesso vale per gli agenti nei confronti dei detenuti. Parlare con i detenuti fa cambiare atteggiamento verso di loro.

Viola: Il confronto è importante ma la mia idea sugli agenti non è mutata. Noi abbiamo visto solo un lato degli agenti, ma fuori dal nostro sguardo come sono? Secondo me non è solo per loro volontà che ci hanno permesso di comunicare, è il loro lavoro, erano obbligati.

Irene: Non sono del tutto d’accordo. Quando è intervenuto l’agente, è partito un applauso, i detenuti applaudivano. Sembra utopia, ma esistono realtà in cui è possibile considerare l’agente umano.

Viola: Non ho presente la realtà oltre l’incontro di ieri, quindi non posso dire.

Simone: Le contrapposizioni nascono perché ci si vede non come singole persone ma come gruppi. E’ emblematico che tra agenti e detenuti non ci sia comunicazione. E’ paradossale. Sono coinquilini.

Viola: Dipende da come ci si pone. Spesso ci si dimentica che il detenuto è una persona. L’agente non è però lì per diventare amico del detenuto.

Simone: La fiducia reciproca porta al riconoscimento e il riconoscimento all’evoluzione.

Livia: Se avete desiderio di parlare di un altro dei capitoli affrontati durante l’incontro, possiamo anche cambiare discorso.

Silvia: Ieri mi ha colpito la domanda di Monica: siete disposti a darci un’altra possibilità? Io gliela darei anche, ma la maggior parte della gente non è disposta, si sa. Mi piaceva la soluzione di chi proponeva di non dire che sei un ex detenuto.

Giovanna: Non dire che sei un ex detenuto è già l’inizio di un imbroglio. Io vorrei sapere se hai perso il pelo e anche il vizio.

Viola: Questo discorso è ciò che c’è alla base del pregiudizio.

Irene: Io non discrimino, ma se sei un ex detenuto e ti presenti come persona nuova, io come posso essere sicura che davvero non commetterai più reati?

Silvia: Dovrebbe esserci qualcosa prima, qualcosa che certifichi che hai fatto un cammino, anche se… come si fa?

Viola: Prima di uscire dal carcere hai la possibilità di farti riconoscere attraverso le uscite che fai con i permessi. Dovrebbe esserci poi una continuità.

Livia: Mancano 5 minuti. C’è qualcosa che è stato detto ieri che vi è risuonato familiare?

Magda: Mi sono riconosciuta in quanto diceva Caterina. Lei diceva: non so bene dire cosa sia la libertà, ma so cosa non è la libertà. La libertà non è spaccare la testa a qualcuno. Ti senti libero quando ti senti amato, in relazione. E anche per me è così.

Irene: Mi ha colpita una cosa che ha detto Vito: sono le microscelte che ti portano in una determinata direzione, dove sei arrivato però lo capisci quando sei costretto alla scelta finale. Anche per me è così, però è difficile da accettare: non puoi interrogarti e agire prima che sia troppo tardi invece che aspettare di arrivare in fondo?