GRUPPO DELLA TRASGRESSIONE

da Rossella Dolce

24-01-2005

Si legge lo scritto di Armando intitolato “Conto Arancio

Dino: lo scritto mette in evidenza che con il rancore, quando succede qualcosa di così importante, si segna un confine e non è poi più possibile tornare indietro nel tempo. Sono convinto che il rancore è un sentimento da cui non si può uscire, credo si possa solo imparare a governarlo.

Borasio: nello scritto mi sembra evidente che il sistema di regime provoca un conformismo emulativo e anche competitivo. È una situazione che ho conosciuto anche io ma che ho vissuto in modo diverso, per meno tempo. Per questo forse non ho le stesse ferite di Armando.

Prof.ssa Tirelli: mi colpisce che Armando non scarichi le colpe sul regime conformista, ma in primo luogo rivolge il suo rancore verso sé stesso per non aver reagito.

Armando: il problema è che in quel momento ho perso la stima di me stesso, pensavo di essere abbastanza aperto alle altre idee, con una cultura e un’intelligenza che non mi permettessero di fare quello che ho fatto. Io ho trattato quella ragazza come un’ombra, non le davo modo di avere una personalità.

Rossella: penso che Armando si sia reso conto di aver diretto il suo rancore verso una persona che non lo meritava. Riconoscere questo errore lo ha fatto vergognare del proprio rancore e non potendolo cancellare l’ha diretto verso sé stesso.

Silvia: penso che Armando si sia sentito stupido nel rendersi conto che non era la persona che credeva di essere, nel vedere che la sua tolleranza e la sua intelligenza non erano all’altezza delle sue aspettative e si sia vergognato del suo comportamento.

Antonella: penso che il dolore sia causato dal sentire due parti di sé in contrasto. Nel caso di Armando due ideali a cui aveva sempre creduto si sono trovati in contrapposizione.

Marta: credo che la rabbia si provi nel momento in cui si scopre che un’idea, che si pensava di possedere, ci è stata in realtà inculcata tanto da offuscare la nostra capacità di riflettere con la nostra testa.

Aparo: è importante distinguere tra vergogna e senso di colpa. La vergogna si prova quando non ci si sente all’altezza dell’immagine idealizzata di noi stessi. Il senso di colpa nasce perché si sente di avere agito male, di aver causato a qualcun altro, e nel caso sia un senso di colpa costruttivo, ci spinge a tentare di rimediare al danno causato.

La vergogna nasce dallo scarto fra l’immagine che avremmo voluto esibire per compiacerci di noi stessi e quella che di noi, invece, abbiamo osservato, rimanendone delusi; la vergogna, in altre parole, è la misura dello scarto dal nostro ideale di perfezione narcisistica. Il senso di colpa, nella sua versione migliore, è legato alla coscienza dello scarto fra quello che abbiamo fatto e quello che riteniamo sarebbe stato giusto fare; dunque è la coscienza dello scarto dal nostro ideale morale.

Dino: Il problema del rancore è che non dipende da un regime o da una persona che ti schiaccia. C’è sempre una cultura dominante e un possibile condizionamento.

Eric: se però agisci male perché ti senti presuntuoso è bene provare il senso di colpa, è una tappa della crescita. Se eri immaturo e questo ti permette di crescere è un bene anche se fa soffrire.

Aparo: Se, in seguito a un nostro cattivo comportamento, la vergogna prevale sul senso di colpa, vuol dire che in quel momento si è concentrati sul proprio ideale narcisistico, in altre parole, vuol dire che la relazione che coltiviamo con i nostri fantasmi è più seducente e più forte della relazione con le persone che amiamo.

Franco e Silvia: ma il senso di colpa porta anche a vergognarti.

Aparo: La vergogna è un mezzo per allontanare il senso di colpa ed evitare il lavoro cui il senso di colpa chiama.