Il doppio

dal persecutore al compagno segreto

 

Angelo Aparo

 

Genesi del Doppio

Nella prospettiva qui proposta si ritiene che la figura del Doppio non sia un tópos necessario del narcisismo, ma che l'assetto narcisistico sia però una condizione indispensabile perché il Doppio si realizzi.
La produzione del Doppio si dà cioè in presenza di una carenza dell'investimento libidico oggettuale e assolve per il soggetto la funzione di proteggere le parti arcaiche più riluttanti di fronte ai limiti che la realtà e i codici sociali impongono.

Più specificamente, ci si prefigge di indicare, seguendo la traccia di tre racconti sul tema, che il Doppio non accompagna la condizione narcisistica se non quando sia contemporaneamente presente una spinta ad abbandonarla.

Si propone cioè che, perché si produca l'esperienza del Doppio, sia necessaria una condizione soggettiva fortemente dinamica, aperta da un lato a un estremo tentativo di custodire le parti narcisistiche, dall'altro all'assunzione di un'identità, per così dire, "a rischio".

Il Doppio si presenta come una resistenza della struttura psichica al desiderio - vivo e conflittuale del soggetto - di venire individuato e storicizzato dalle proprie scelte.

Finché il Doppio è presente, per il soggetto si sospende il tempo nel quale vengono intessute le relazioni oggettuali; il flusso temporale soggettivo viene scandito dai contatti che si verificano tra le due figure; l'orizzonte psichico è segnato dalla necessità di sospendere o di controllare fortemente gli investimenti oggettuali e dalla tensione ora ostile, ora di ricerca, che corre fra le due polarità.

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LAVORO IN CORSO

Le molteplici forme del Doppio e del rapporto con esso del soggetto corrispon-deranno ad altrettanti tentativi di preservare le parti narcisistiche dalla conta-minazione con la realtà o a rassicurarle quando la spinta emancipativa renda il confronto stesso inevitabile.
Abbiamo visto finora:
· i tratti comuni che fanno da premessa alla formazione del Doppio: la condi-zione narcisistica, in contrasto con la spinta al cambiamento;
· gli obiettivi che la sua formazione persegue: opporsi alla spinta maturativa preservando le parti narcisistiche, o assecondarla rassicurandole.
Ci si prefigge a questo punto di investigare come, partendo da premesse co-stanti, il rapporto col Doppio segua di volta in volta un percorso diverso.
L'esame della vasta produzione artistica sul Doppio ci ha consentito di identifi-carne tre tipi principali che, pur rispecchiando coerentemente quanto abbiamo posto come premesse comuni, conducono il protagonista verso soluzioni diver-se, che saranno di volta in volta la morte, l'isolamento, la vita.
Si è scelto pertanto di avvalersi di tre esempi che ci sembrano ben raffigurare le problematiche e gli sviluppi di ciascun tipo: Lo studente di Praga1, La storia mera-vigliosa di Peter Schlemihl2, II compagno segreto3. Essi propongono personaggi e si-tuazioni differenti fra loro, ma per tutti e tre il racconto inizia con la descrizio-ne di un momento cruciale, una svolta nella storia del personaggio.
I tre protagonisti vivono un momento dinamico, caratterizzato dal progetto di realizzare un cambiamento significativo rispetto alla condizione precedente.
Baldovino, Schlemihl e il capitano si accingono a imprimere una svolta al loro percorso personale.
Baldovino sta per innamorarsi della contessina von Schwarzenberg e si ripro-mette di lasciarsi alle spalle uno stile di vita spensierato ed estraneo a ogni re-gola; Schlemihl si è deciso finalmente a chiedere aiuto a un ricco signore per superare la sua amara indigenza e proiettarsi nel mondo del lavoro; il capitano di Conrad, al suo primo incarico, si accinge a salpare e a cimentarsi per la pri-ma volta con un equipaggio ai suoi ordini.
Sono quindi comuni ai tre una condizione di scarsa individuazione e l'estranei-tà volontaria o necessaria a un rapporto responsabile con la propria realtà.
Prima di inoltrarci in una più approfondita disamina dei tre esempi converrà riassumere brevemente cosa si intende per Doppio, o meglio per dinamica del Doppio, giacché per ciascuno di essi si cercherà di evidenziare i tratti distintivi del rapporto fra il protagonista e il suo Doppio. Diremo innanzi tutto che non ci sembra utile ricorrere alla definizione di Doppio per quei fenomeni proiettivi parziali che non danno luogo alla consapevole sensazione di intimità con una figura globale, che è invece fra i requisiti del Doppio stesso.
Doppia sarà l'immagine globale (ombra, riflesso, ritratto) o persona (il sosia) che, pur essendo diversa e autonoma dal protagonista nell'azione, contiene dei tratti per lui così intimi da riconoscerli come propri.
Fra i due è presente un legame di cui il protagonista è consapevole e che lo in-quieta. La presenza del Doppio genera puntualmente nel protagonista, tanto quanto nel lettore, uno strano turbamento, una sensazione unheimlich4 pertur-bante.
Verso il Doppio si vivono infatti sentimenti di intimità ed estraneità al tempo stesso: il Doppio partecipa della sfera più profonda del soggetto, ma è escluso dal suo quotidiano.
I contatti fra il protagonista e il suo Doppio sono sempre improvvisi, imprevi-sti, non programmabili, ma intensi e gravidi di conseguenze.
L'esistenza del Doppio è sempre nota al protagonista. Il Doppio è una Gestalt nota che vive esperienze per il protagonista ignote e dalle quali, per scelta pro-pria o costrizione esterna, è escluso.
Requisito essenziale della dinamica del Doppio è la tensione esistente fra i due, caratterizzata dalla ricerca costante che uno o entrambi i personaggi fanno del-l'altro.
Nel momento stesso in cui uno dei due percepisce l'esistenza dell'altro, si inau-gura la corsa per raggiungerlo, riprenderlo, eventualmente eliminarlo.
La presenza del Doppio infatti non si dà soltanto come fenomeno conoscitivo, ma sempre come polarità verso la quale agire.
La formazione del Doppio nasce sempre come agito, in luogo di un sentimento, come materializzazione di una tensione conflittuale che non si risolve finché i due personaggi rimangono nell'azione autonomi e complementari al tempo stesso.
Alle due figure del Doppio viene così delegata la funzione di veicolare, incar-nandola, la conflittualità fra spinte emancipative e regressive, che il soggetto non accoglie come esperienza psichica interna.
Si evidenzia con ciò la duplice funzione della figura del Doppio: da un lato preservare le parti narcisistiche dalle spinte maturative; dall'altro rappresenta-re del soggetto e per il soggetto la presenza delle parti stesse.
Caratteristica ulteriormente distintiva della dinamica del Doppio è il disorien-tamento e la resistenza che qualsiasi personaggio del racconto e il lettore stesso vivono verso l'accettazione di una doppia figura, là dove ci se ne attende una sola: il disagio profondo di vedere riaperta ed evidenziata una frattura che il soggetto aveva storicamente superata.
Con l'esperienza del Doppio si verifica un riattraversamento all'indietro dello stadio dello specchio5, prima del quale il bambino esperisce il riflesso speculare come figura estranea e da sé indipendente.
Unheimlich per il lettore non è soltanto il secondo personaggio, ma la diade stessa, in quanto struttura bipolare intima, profondamente e arcaicamente radi-cata, ma desueta nella sua esperienza quotidiana.
Nebulosamente diadica, come vedremo più avanti, è infatti la condizione del soggetto quando per le prime volte il riflesso speculare lo conduce a conoscersi attraverso un'immagine di sé che è fuori di sé, un'immagine che, mentre lo conduce a indicare col proprio nome qualcosa che gli è esterno, gli consente al tempo stesso di individuarsi fuori della relazione con la madre
Il Doppio, figura di compromesso fra due polarità conflittuali, oppone resi-stenza verso l'individuazione tanto quanto il rapporto con esso testimonia la spinta verso l'individuazione stessa.

Il persecutore

Nello Studente di Praga vediamo prodursi il Doppio proprio quando lo spensie-rato studente, nauseato dalla vita dissoluta e indifferente a ogni regola fino ad allora condotta, incontra la contessina von Schwarzenberg e di lei si innamora.
Mentre Baldovino si trova nella sua stanza, gli viene proposto da uno strano personaggio di scambiare il proprio riflesso allo specchio con enormi ricchezze.
Accettata la proposta, per Baldovino inizia una serie di peripezie causate pun-tualmente dalla sua immagine speculare. Questa, divenuta autonoma, si fa bef-fe dei propositi dello studente, si sostituisce a lui mantenendo lo stile di vita che Baldovino meditava di abbandonare.
La vicenda si conclude con la morte del protagonista che, dopo aver vanamente tentato di agguantare il suo Doppio, non trova altra soluzione che il suicidio. Già con la pistola in pugno, vede improvvisamente il suo Doppio ghignargli vicino, gli spara contro, ma accanto alla scomparsa dell'altro è lui stesso a mori-re col petto sanguinante dove l'altro era stato colpito.
Nello Studente di Praga vediamo immediatamente rispettata la prima premessa posta. Baldovino è integralmente dedito al piacere e refrattario a ogni regola o codice sociale.
Egli vive secondo i dettami di un "principio del piacere" che persegue il soddi-sfacimento pulsionale senza alcuna mediazione o differimento.
Amato da Liduska, ne rifiuta l'amore, mantenendosi estraneo a qualsiasi rap-porto oggettuale e impegno sociale. Baldovino però, proprio mentre medita di cambiare vita, ha occasione di salvare la contessina Margit. Nell'innamoramen-to di Baldovino vediamo rispettata anche la seconda premessa posta.
Lo studente vive infatti una spinta ad abbandonare l'assetto narcisistico prece-dente e, parallelamente, si protende verso un investimento oggettuale respon-sabilizzante.
Sfidato a duello dal fidanzato di Margit, lui, invincibile spadaccino, accoglie la richiesta del padre della ragazza di far salva la vita al rivale.
Potremo leggere nel proposito di risparmiare l'avversario una maggiore tolle-ranza verso il differimento di un obiettivo a lui caro: avere unicamente per sé l'amore della contessina. E ancora, nell'accoglimento della richiesta del padre di lei, l'accettazione del rapporto con una figura paterna normativizzante.
Il suo Riflesso però, animato dall'intento di conservare lo stile di vita che fino al momento del cambiamento Baldovino ha condotto, lo precede nel duello e uc-cide il fidanzato di Margit.
Dopo quest'episodio gli avvenimenti precipitano fino alla morte già descritta di Baldovino.
Di fronte alla morte del protagonista ci domanderemo che cosa, da un punto di vista dinamico, imponga che la vicenda si concluda con tale epilogo.
In primo luogo, la conflittualità fra spinte emancipative e resistenza al cam-biamento, al fine di preservare le parti narcisistiche, rimane sempre agita senza mai venire recuperata all'interno del proprio spazio psichico.
La storia del protagonista rimane giocoforza segnata non già dalle sue scelte (risparmiare il fidanzato di Margit), ma dagli agiti cui dà luogo il Doppio, che anche in questo caso si limita a fare ciò che Baldovino avrebbe magari desiderato, e che in passato avrebbe senz'altro fatto.
In secondo luogo, il tempo soggettivo di Baldovino (mentre il rapporto con Margit sembra accompagnare l'evoluzione del protagonista) viene però scandi-to soprattutto dagli incontri con il Doppio e dagli interventi decisivi di questo sullo svolgimento degli avvenimenti.
Il Doppio impedisce il primo bacio con la donna, uccide l'antagonista in amore di Baldovino.
Le fasi dell'innamoramento non vengono così scandite dalla progressione di in-timità fra i due, ma dagli ostacoli che ogni volta il Riflesso vi oppone.
In terzo luogo il Riflesso rimane sempre autonomo ed estraneo al protagonista. Da lui Baldovino si sente perseguitato come da una sorgente del tutto esterna.
Vedremo in ciò la più importante delle ragioni che conducono il protagonista al tragico finale.
Fra lo studente e il suo Doppio si costituisce una dinamica vittima?persecutore dove ciascun personaggio assolve rispetto all'altro entrambi i ruoli.
Il Riflesso, persecutore di Baldovino in quanto si compiace di ostacolarlo nei suoi progetti emancipativi, ritorce contro di lui la costrizione che lo studente implicitamente esercita sulle proprie parti narcisistiche, senza concedere loro uno spazio rappresentazionale.
Il progetto del protagonista di cambiare repentinamente stile di vita offende le parti arcaiche meno pronte e più riluttanti all'investimento oggettuale e le co-stringe ad asservirsi, senza una previa integrazione, a un potere centrale che non concede loro espressione.
Le parti narcisistiche dello studente si comportano come gli iloti che, deprivati del diritto di rappresentarsi politicamente all'interno della "polis", insorgono presto o tardi contro il potere dominante.
In William Wilson si evidenzia anche meglio che la parte persecutoria viene condotta dalle parti più mature del personaggio, le quali stavolta si materializ-zano nel sosia omonimo.
Questi, all'inverso che per lo Studente di Praga, appare al Wilson protagonista proprio quando egli sta per commettere -come l'autore stesso dice- "le turpitu-dini peggiori".
Nel rapporto col Riflesso persecutore possiamo inoltre cogliere, puntualmente riproposti, i passaggi della lettura freudiana della paranoia7 dove l'amore omo-sessuale inaccettato del soggetto per l'oggetto viene prima mutato in odio per l'oggetto e, successivamente, con un ulteriore inversione di senso, in odio del-l'oggetto persecutore verso il soggetto vittima.
Abbiamo inteso lo sdoppiamento di Baldovino come l'oggettivazione della sua conflittualità e l'immagine speculare quale ricettacolo delle parti narcisistiche resistenti al cambiamento. Nel Riflesso trovano dunque ospitalità proprio le parti con le quali maggiormente lo studente si è intrattenuto, le parti più amate.
Ma, come nel secondo movimento individuato da Freud, l'immagine speculare con i suoi contenuti narcisistici si trasforma da oggetto d'amore in oggetto di odio.
Infine vediamo che la ricerca condotta dal Riflesso assume netti contorni perse-cutori, in quanto inabilitanti ogni iniziativa o progetto del protagonista.
Sul Riflesso viene così proiettata la resistenza che Baldovino stesso oppone al cambiamento verso il quale pure è proteso e, cambiato di segno, l'amore omo-sessuale che lo studente vive verso le parti di sé trasferite sul Doppio. L'epilogo giunge con l'ennesimo agito del suicidio?omicidio del Doppio in luogo di un virtuale recupero rappresentazionale delle parti espulse.
Il Riflesso rimane estraneo allo studente fino al momento che ne precede la morte, mentre il crescendo degli agiti si conclude con una riprova della loro impraticabilità.

Il compromesso nevrotico

Peter Schlemihl viene inizialmente identificato dall'autore soprattutto per il progetto di cambiare la propria misera condizione economica.
Egli si presenta con una lettera di raccomandazione a un ricco signore, ma mentre passeggia insieme a molti ospiti nella tenuta sontuosa di questo incon-tra uno strano personaggio che realizza ogni desiderio dei presenti prima anco-ra che si manifesti.
L'"uomo in grigio" propone a Peter Schlemihl un baratto: la sua ombra in cam-bio di un borsellino magico dal quale estrarre denaro a volontà, senza possibili-tà di esaurirlo.
Schlemihl accetta, ma si renderà conto in breve che la mancanza dell'ombra lo rende inviso a chiunque se ne accorga. Inizia così, poco dopo il baratto, una in-terminabile ricerca dell'uomo in grigio per recuperare la propria ombra.
La ricchezza conseguita, nel frattempo, lo farà accogliere come principe in una piccola cittadina, ma anche qui l'ombra mancante lo ostacola rendendo impos-sibile la realizzazione dell'amore nato con una fanciulla del paese.
Dopo ripetuti fallimentari tentativi di recuperare il proprio Doppio, Schlemihl si vedrà costretto ad allontanarsi definitivamente dal consorzio umano.
Accettato il proprio isolamento, si dedicherà alla scienza, sfruttando la magica risorsa degli stivali delle sette leghe, di cui, tra mille traversie, è venuto in posses-so.
Il racconto si conclude con una lettera di Peter Schlemihl all'autore dove il pro-tagonista, dopo aver completato volumi di tassonomizzazione del mondo vege-tale, esprime il suo testamento spirituale: per vivere con gli uomini è necessario "rispettare prima l'ombra e poi il denaro"; per vivere da soli non c'è bisogno di consiglio alcuno.
Con l'inizio del racconto vediamo già il protagonista coltivare un progetto di cambiamento.
La condizione nella quale Schlemihl vive è, ancora, una condizione narcisistica.
Il protagonista, povero in canna, vive stavolta estraneo non alle regole sociali, ma al processo produttivo che vede forza lavoro soggettiva ceduta per ottenere potere d'acquisto.
La sua condizione è in un certo modo pregenitale in quanto sul piano economi-co il protagonista si trova un po' come il bambino che si appoggia all'oggetto materno, fonte di ogni soddisfacimento, senza offrire nulla in cambio.
Dopo la rapida descrizione iniziale del proposito di Schlemihl di trovare lavoro e della cessione dell'ombra, l'autore segue il suo personaggio descrivendo i vantaggi dell'illimitato potere economico acquisito e i limiti impostigli dalla mancanza dell'ombra.
Vediamo dunque risolto lo stato di indigenza iniziale, non già attraverso uno scambio codificato -tale cioè che ai due termini risulti assegnato un valore sta-bile e chiaramente identificato- ma per via di una cessione che gli aliena una parte di sé.
Fra Schlemihl e l'uomo in grigio il rapporto non si regge sulla prestazione, ma sulla cessione di una parte non riproducibile né quantizzabile, una parte non suscettibile di codificazione.

Diversamente da quanto accade per la prestazione, l'effetto dello scambio è qui un'alterazione strutturale del protagonista. Questi non potrebbe cioè ripetere una seconda volta l'operazione.
Abbiamo visto così rispettate le due premesse (la condizione narcisistica e la spinta al cambiamento) che avevamo posto come requisiti essenziali a che si produca la figura del Doppio.
Ma a questo punto abbiamo già gli elementi sufficienti per individuare quale fra i due obiettivi possibili venga privilegiato dalla scissione dall'ombra che qui si verifica. Il Doppio di Schlemihl assolve senz'altro la funzione di preservare le sue parti narcisistiche dal rapporto oggettuale e in generale dai limiti che il rapporto con la realtà impone, limiti peraltro presenti già nell'investimento og-gettuale stesso.
Schematicamente, l'assenza dell'ombra produce sul protagonista due effetti principali:
· lo rende inaccettabile a chi si accorge della sua mancanza e conseguente-mente inabile a realizzare fattivamente un rapporto oggettuale;
· gli apre uno spazio di intervento onnipotente per cui tutto gli è possibile, ma implicitamente gli preclude la possibilità di un confronto sul piano di realtà, in quanto rende il suo potere economico del tutto incommensurabile con quello di occasionali avversari.
Se prima la condizione di Schlemihl era narcisistica in quanto irrelata al pro-cesso produttivo, la condizione che segue la perdita dell'ombra è narcisistica in quanto il borsellino magico assicura al protagonista quella che Matte Blanco definirebbe una borsa di simmetria8.
Il protagonista vive cioè una condizione economica e, per estensione, psichica, per cui qualsiasi elemento aggiunto o sottratto al suo patrimonio non ne altera minimamente la dimensione. Schlemihl è immerso in una dimensione narcisi-stica con una porta aperta sull'infinito.
Osserviamo ripetersi per il protagonista quanto già abbiamo notato nella vi-cenda dello studente di Praga: la spinta a uscire dalla condizione preoggettuale narcisistica viene contrastata dal prodursi del Doppio, che in entrambi i casi, a-lienandosi dal protagonista, ne preserva le parti resistenti al cambiamento dai limiti della realtà.
In entrambi i casi vediamo così mantenersi un funzionamento di tipo allucina-torio per cui ogni tensione negativa viene virtualmente ovviata grazie a una fantasia onnipotente divenuta, nel racconto, fattuale.
Ma per entrambi vedremo prodursi una progressiva inabilitazione del prota-gonista che lo esclude da qualsiasi confronto oggettuale.
Schlemihl rimane peraltro privo di un'identità riconoscibile: accolto come un principe in incognito a causa delle sue ricchezze, di fatto non lo è. E d'altra par-te la nobiltà attribuitagli non basta a vincere le resistenze del padre della ra-gazza quando questi si accorge che Schlemihl è privo dell'ombra.
Seguendo Schlemihl nelle sue varie peripezie lo vediamo passare da una fru-strazione all'altra senza mai poter individuare in alcuno degli episodi un segno decisivo sulla storia personale, nella quale gli avvenimenti vengono piuttosto registrati in riferimento alla mancanza e alla tensione verso il recupero del Doppio.
Possiamo cogliere anche stavolta nella tensione del protagonista verso il suo Doppio un amore, sotto certi riguardi, di tipo omosessuale, ma fin da adesso è possibile prevedere un epilogo diverso della vicenda giacché la tensione posi-tiva verso il Doppio non muterà di segno.
Per Schlemihl vedremo piuttosto proiettato sull'uomo in grigio l'amore verso l'ombra. Questi gli decanta l'eleganza e la bellezza della sua ombra contempo-raneamente al valore del borsellino che gli offre in cambio.
Ma per tutto il racconto il Doppio non diventa mai il suo persecutore. Il Dop-pio, autonomo da Schlemihl, ma schiavizzato dall'altro, motiva il protagonista verso il suo recupero e non già, come accade a Baldovino, verso la sua elimina-zione. L'ombra, anche se non diventa persecutoria, rimane però per tutto il tempo un agito: materializzazione di un'istanza psichica che non trova spazio rappresentazionale all'interno del protagonista.
La vicenda inoltre rimane, come abbiamo visto, non contrassegnata dalla pre-senza del terzo, dello scambio.
La dimensione nella quale si agisce è chiusa nello spazio fusionale con la ma-dre e dunque priva della presenza di un punto di riferimento stabile (il terzo, il padre) che consenta di individuare e codificare la posizione dei due elementi (madre-figlio) in essa presenti.
L'amore per l'ombra, risposta alla minaccia di venire espulso da una condizio-ne fusionale con la madre, ridefluisce verso la natura?madre, venendo però su-blimato in un investimento nello studio della botanica, che diventa per Schlemihl unico polo di interesse e, allo stesso tempo, consacrazione di un iso-lamento affettivo dal quale il protagonista non uscirà più.
Schlemihl si dedicherà infatti alla classificazione delle forme vegetali e non già alla ricerca creativa, mentre chiude ogni rapporto oggettuale.
La richiesta fusionale verso la madre onnipotente viene in parte sublimata in approccio conoscitivo verso le manifestazioni della natura.
L'angoscia di separazione e di disgregazione, che si era accompagnata inizial-mente alla minaccia di individuarsi dallo stato narcisistico fusionale con la ma-dre e che si era materializzata nell'alienazione dell'ombra, diventa, a questo punto, angoscia di rimanere chiuso dentro l'universo fusionale. La classifica-zione botanica costituisce per Schlemihl un compromesso nevrotico che, senza costringerlo a uscire dall'orbita gravitazionale materna, gli garantisce una rete conoscitiva che lo protegge dalla caduta entro il nucleo fusionale originario.
L'amore verso il Doppio, mediatore tra onnipotenza e individuazione, ricon-fluisce nell'amore verso la madre dalla quale si distanzia però attraverso lo strumento conoscitivo. Per Schlemihl parleremo di soluzione nevroti-co?ossessiva (l'isolamento, la classificazione) di fronte alla minaccia di venire risucchiato in un'appagante e al tempo stesso deindividualizzante gravitazione materna senza la mediazione di alcuna figura paterna.
Schlemihl torna così alla condizione narcisistica iniziale, abbandona il progetto emancipativo e rimane definitivamente nell'universo fusionale, anche se suffi-cientemente difeso dal collassarvi dentro.

Lo scambio simbolico

Nel racconto di Conrad un giovane capitano, a bordo della propria nave or-meggiata nel porto, attende che si alzi il vento, mentre si accinge per la prima volta a salpare con la responsabilità di condurre una nave. Durante la notte, mentre i marinai riposano, egli passeggia sul ponte, meditando fra timore e trepidante attesa su come assolverà le funzioni di comandante. Qui si accorge che la biscaglina, tramite virtuale tra la nave e la terra e/o un eventuale visita-tore, non è stata ritirata e di ciò si sente parzialmente responsabile. Il capitano coglie inoltre in una nave fuori del porto un obiettivo specularmente opposto al suo: tornare a terra.
Proprio mentre soppesa il rischio e il piacere del nuovo ruolo, scorge nell'acqua scura un uomo che da quel momento diverrà per lui, segretamente dal resto dell'equipaggio, compagno di cabina e anticipatore dell'esperienza che vivrà da lì a poco.
La figura che si delinea nel buio gli appare laggiù, aggrappata alla scaletta e bi-sognosa del suo sostegno, tanto quanto, come si vedrà, il capitano avrà bisogno della figura stessa.
Il primo ufficiale Leggatt, proveniente dalla nave che attende fuori del porto, si è già trovato infatti a risolvere problemi di navigazione con i quali il capitano non si è ancora misurato.
Leggatt aveva realizzato il salvataggio della nave, dove era primo ufficiale, da violenti marosi, ma per effettuare la difficile e azzardata manovra si era reso colpevole dell'esautoramento del capitano della nave, immobilizzato dall'ango-scia di fronte al pericolo, e dell'uccisione di un marinaio che rifiutava di obbe-dire ai suoi ordini.
Il capitano sente crescere l'intimità con Leggatt via via che questi racconta di sé, nascosto nella sua cabina.
Giunge il momento in cui i due decidono di separarsi e il capitano di intra-prendere finalmente il viaggio.
Leggatt andrà via dalla nave a nuoto dopo aver ricevuto in dono dal capitano il suo berretto e tre monete d'oro.
Per agevolare il ritorno di Leggatt a terra il capitano si avvicina quanto più è possibile alla terraferma, nonostante il buio della notte e le difficoltà della ma-novra, che gli faranno rischiare di finire sugli scogli.
A questo punto il capitano vede galleggiare in mare il provvidenziale berretto, che nel frattempo il suo Doppio ha perso nuotando e, prendendolo come punto di riferimento, riuscirà a calibrare la manovra per condurre fuori pericolo la nave9.
Leggatt è rimasto compagno del capitano finché la simbolica restituzione del berretto non ha consentito a quest'ultimo la manovra per evitare di cozzare su-gli scogli, separarsi dalla terraferma, dove ha lasciato l'altro, e intraprendere fi-nalmente il suo primo viaggio da capitano.
Il racconto lascia intravedere che il momento in cui il Doppio del capitano prende vita è proprio quello dove è più spessa l'ansia della separazione che il giovane deve affrontare: separazione dalla terra e dalla protezione del porto e acquisizione operativa del suo grado di capitano, guida e interprete principale del viaggio cui la nave si accinge.
Il visitatore, in fondo atteso, dà corpo alla figura cui il capitano affiderà la fun-zione di mediare la propria separazione dalla terraferma, quale prezzo e pre-messa della conferma fattuale del proprio ruolo.

Il racconto di Conrad ci propone una complementarità dei due personaggi che si articola su due piani:
· il capitano attende di uscire dal porto; l'ufficiale Leggatt ha bisogno di cer-care rifugio a terra dopo essere fuggito dalla nave dove era tenuto prigio-niero in attesa di essere consegnato alla giustizia per il crimine commesso;
· il comandante è capitano della nave, ma non ne ha mai governato una in prima persona; Leggatt non lo è, ma, per quanto problematicamente, ha già assunto il comando della propria. Leggatt ha fatto qualcosa che non era previsto facesse; il comandante non ha ancora esperienza di ciò a cui è già abilitato.
I due personaggi si incontrano quando all'uno manca ciò che l'altro ha in ecces-so, si incontrano dunque diversi, ma nel segreto della cabina si instaura una re-lazione per cui i due raggiungono gradualmente una piena intimità mentre pa-rallelamente matura la decisione di separarsi.
La relazione fra i due personaggi ripropone quindi alcuni dei temi che ormai ci sono noti e che abbiamo visto presenti anche negli altri due racconti; ma stavol-ta il protagonista giunge al migliore degli epiloghi: il successo del progetto. Il capitano, nella fase iniziale del racconto, vive in un'atmosfera sospesa. Nono-stante egli sia di diritto comandante della nave, esita a dare ordini, come chi non sia sufficientemente sicuro di poterlo fare. Prima che la nave esca dal porto egli stenta ad avere con i marinai una relazione rispondente ai ruoli che a cia-scuno competono. La condizione iniziale può essere definita ancora indistinta in quanto fra capitano ed equipaggio è ancora presente la confusione fra sog-getto e oggetto (a differenza di quanto accade di solito, il capitano vigila la not-te mentre i marinai dormono).
Il capitano è alla sua prima esperienza di comandante; dalla terra si è finora staccato solo guidato da altri. Il capitano, dunque, prima del viaggio non si è ancora autonomizzato dal porto materno, né differenziato dall'oggetto.

Ma se la condizione di con?fusione con il corpo materno e con l'oggetto acco-muna il capitano a Baldovino e Schlemihl, da questi ultimi il protagonista del racconto di Conrad si diversifica per vari motivi. Egli vive in attesa di intra-prendere il viaggio o, come altrove abbiamo proposto, dell'assunzione di una "identità a rischio".
Per il capitano il passaggio a questo tipo di identità è pertanto un momento maturazionale naturale e non l'obiettivo di una decisione repentina, come quel-la per cui Baldovino e Schlemihl decidono di dare una svolta alla loro vita.
Il capitano avverte, al pari degli altri due protagonisti, gli effetti dell'ansia di fronte al salto esperienziale del distaccarsi dal rassicurante porto e condurre la nave, ma è avviato verso un compito al quale il codice marinaro lo ha già abili-tato.
Vediamo dunque che l'esperienza del Doppio si verifica anche in questo caso in concomitanza con un momento fortemente dinamico dove istanze regressive e spinte emancipative lottano fra di loro.
Infine, il Doppio Leggatt non è una pura produzione del soggetto, ma un per-sonaggio dotato di vita autonoma. Possiamo cogliere fra il capitano e il suo Doppio un rapporto inverso a quelli esaminati per Baldovino e Schlemihl. Qui Leggatt nasce come figura autonoma e reale e diventa Doppio del capitano, via via che fra di loro cresce l'intimità; negli altri casi l'ombra, il Riflesso diventano, da parti indissolubili del protagonista, personaggi autonomi.
Potremo così parlare non di produzione allucinatoria, ma di rapporto con un oggetto reale che rimane tale mentre si carica di quanto il soggetto veicola di proprio, utilizzandolo come supporto.
I1 Doppio Leggatt costituisce per il capitano una sorta di oggetto transizionale che, mentre partecipa a pieno titolo della realtà, assolve la funzione di mediare il suo rapporto con la realtà stessa e gradualizzare la separazione dall'oggetto materno10.
Tra i due si realizza così uno scambio: Leggatt porterà a terra le parti narcisisti-che del capitano dalle quali egli può, in tal modo, accettare di separarsi; il capi-tano assume la forma anticipatoria che il visitatore gli consegna per riproporre il suo gesto nel ruolo codificato che al gesto autorizza.
Il rapporto col Doppio consente al protagonista un dialogo che avrà come cul-mine la restituzione del berretto, prima donato all'altro e dall'altro provviden-zialmente perso, che costituisce un faro indicatore per operare una scelta e in-traprendere definitivamente il viaggio.
Il Doppio uscirà di scena solo quando il capitano comincerà a dare i primi or-dini per governare la rotta.
Leggatt, come già l'ombra di Schlemihl, non diventa persecutore del protagoni-sta. L'intimità col capitano cresce anziché venire negata, come era accaduto a Baldovino.
Riprendendo come parametro la formula freudiana della genesi della paranoia, vediamo che anche in questo caso non si dà passaggio dall'amore all'odio per l'oggetto.
Il Doppio, contenitore delle istanze narcisistiche, non viene espulso, ma diventa strumento rappresentazionale del protagonista.
Ma un ulteriore tratto specifico discrimina il rapporto con il Doppio Leggatt da quello di Schlemihl con l'ombra. Quest'ultima si aliena definitivamente dal pro-tagonista provocando il suo isolamento, Leggatt si distacca dal capitano por-tando con sé il suo berretto: un suo oggetto e non una sua parte. Questo dono, finalizzato a proteggere Leggatt dal sole troppo caldo, sblocca il tempo oggettua-le del protagonista invece di sospenderlo (come era avvenuto per il baratto di Baldovino e di Schlemihl) in quanto si pone come capostipite di una serie vir-tualmente infinita di scambi.
E di scambio si tratta, in quanto il berretto diventa testimone di un passaggio di consegne, testimone dove si annodano le spinte opposte verso il viaggio in mare aperto e la rassicurante terra.
Ma il berretto donato esaurisce la sua funzione solo quando ritorna al protago-nista come indicatore, grazie al quale può essere decisa la manovra più corretta per scampare al pericolo degli scogli.
Il berretto, donato a Leggatt come oggetto, torna nella veste di indicatore dire-zionale che garantisce il capitano sulla rotta da seguire.
L'oggetto si carica così di molteplici valenze: viene dato a Leggatt per custodire le parti regressive del capitano e, divenuto a quel punto simbolo del rapporto fra i due, indica con la sua presenza (presenza del rapporto) che la rotta che u-nisce la terraferma al mare aperto deve essere percorsa nei due sensi opposti. Mentre Leggatt si avvia a nuoto verso terra, è solo grazie al berretto che il capi-tano ruota la barra verso il mare aperto ed evita così di andare nello stesso sen-so del Doppio.
Dopo averlo visto, bianco nell'acqua scura della notte, il capitano potrà con una manovra azzardata vivere in prima persona l'esperienza che Leggatt gli aveva anticipato. A differenza di Baldovino che cerca di catturare il suo Doppio, a differenza di Schlemihl, che lo perde, il capitano recupera simbolicamente le parti narcisistiche motivate all'autoconservazione che all'altro aveva affidato e, attraverso il recupero, salva anche le proprie parti che spingono verso l'eman-cipazione.
Il berretto, divenuto oggetto indicatore, si fa testimone del rapporto e suo rap-presentante, e come tale lo salva, mantenendo in vita il capitano che grazie al recupero simbolico del Doppio può salvarsi e proiettarsi in avanti al tempo stesso.
Ma il felice epilogo non è tale solo perché la nave viene salvata dal capitano, ma anche perché stavolta la nave può essere salvata. L'ordine di cambiare la barra proviene in questo caso da un vero capitano e non già da un primo uffi-ciale che al capitano si sostituisce in maniera onnipotente, scardinando l'ordine gerarchico.
Seguendo il racconto di Conrad abbiamo avuto una riprova della duplice fun-zione del Doppio, che consente, già nel momento della sua produzione, I'aper-tura di una corsia a doppio senso di marcia, dove transitano in senso opposto parti narcisistiche e spinte emancipative. Le une reclamano il mantenimento di una condizione dove discriminazione e giudizio sono sospesi, le altre l'acquisizione di una Gestalt che faccia da supporto alla proiezione del soggetto verso il sim-bolico e ne codifichi il ruolo.
Abbiamo però visto che fra i tre personaggi seguiti, il capitano di Conrad è l'u-nico a collocare il proprio salto defusionale in un universo elaborato simboli-camente in modo più completo, lo stesso universo che gli assegna il grado di capitano.
Per il capitano, come per gli altri, il Doppio assolve nella fase iniziale la fun-zione di accogliere quelle parti che, in quanto sfrattate, rischiano la frammenta-zione. Ma solo in quest'ultimo racconto vediamo tornare al protagonista le parti affidate all'altro.
L'esito diverso ci sembra riconducibile all'unica circostanza che negli altri rac-conti non si verifica: la premessa di un ruolo codificato, I'avallo del padre, dunque il riferimento al confronto edipico.
L'amore verso il Doppio non muta in questo caso in odio, né si riconverte in amore verso la madre, ma diventa amore per le proprie funzioni e al tempo stesso per la nave: la funzione che consente al giovane capitano di agire come il padre senza essere il padre; la nave che gli si offre come eco materna di cui prendersi cura mentre al tempo stesso lo contiene.

Il Doppio e lo stadio dello specchio

Lo stadio dello specchio accompagna emblematicamente la spinta che porta il bambino fra i 6 e i 18 mesi ad acquisire un'immagine di sé unitaria e definita11.
Il bambino giungerà, dopo una serie di difficoltà, a riconoscersi finalmente nel riflesso e a indicarlo col suo nome proprio.
La spinta determinata dall'insufficienza della relazione fusionale a quietare lo stato di tensione che i limiti della realtà impongono; le frustrazioni via via più frequenti che la madre e l'assenza della madre producono; la naturale spinta maturativa che, se assecondata da una madre rassicurante, induce il bambino stesso a cercare le prime esperienze autonome, lo porteranno gradualmente alla necessità di allontanarsi dalla madre stessa.
Ma la minaccia della perditadel contenitore materno, pur necessaria, suscita nel bambino delle fantasie di frantumazione.
Il riflesso speculare si trova così ad assolvere una duplice funzione:
· contenitore per contrastare la fantasia di annientamento che la perdita della madre comporta, contenitore dunque delle parti che il bambino vive per co-sì dire "in via di sfratto" dalla madre;
· supporto ortopedicol2 per attribuire all'immagine, prima ancora che a se stesso, un nome e un'identità.
Riconoscersi intero allo specchio, mentre comporta una definizione dei propri confini fisici, impone la definizione dei confini che lo separano dalla madre.
L'immagine nella quale il bambino si aliena lo alienerà allo stesso tempo dalla madre.
Spinto fuori dal primo contenitore, il bambino cercherà ospitalità nell'immagi-ne speculare che, come abbiamo visto per il Doppio, mentre lo emancipa dalla madre, lo preserva dall'angoscia di annientamento che l'essere fuori della ma-dre comporta.
L'immagine speculare, dunque, mira a conservare uno stato di compatta totali-tà non meno di quanto lo interrompa.
In essa si ripropone quella compiutezza autosufficiente che fino a pochi mesi prima era assicurata dallo stato biologico e la cui interruzione, dalla nascita in poi, il bambino aveva dovuto fronteggiare attraverso l'approntamento di fanta-sie onnipotenti mirate a ricostruirla fantasmaticamente.
L'illusione onnipotente è stata, fino a questo punto, una difesa contro l'angoscia di rimanere senza protezione, una difesa mirata a negare i limiti che via via in-crinano e rendono meno praticabile la fantasia di totalità mentre rendono sem-pre più pressante la nascita di uno stato coscienziale.
Possiamo ripetere che la riattivazione di uno stato onnipotente è proprio quan-to ogni volta abbiamo notato collateralmente all'insorgenza del Doppio. Ancora meglio, l'insorgenza del Doppio assicura ogni volta al protagonista il manteni-mento dell'illusione onnipotente, la sospensione del tempo oggettuale, l'esen-zione dai limiti di realtà proprio quando il protagonista vive la massima spinta verso l'investimento oggettuale e la contemporanea individuazione dalla con-dizione narcisistica.
Riannodando le fila ricupereremo così che il riflesso speculare assolve per il bambino il ruolo che il Doppio assume per il conflitto narcisistico nell'adulto.
In entrambi i casi troviamo nel Doppio la ripetizione di un vagheggiamento re-gressivo della condizione di totalità che dispensa in pari grado dai limiti del-l'azione e della coscienza.
Altrove13 si è visto come il Doppio si produca in alcuni momenti cruciali dell'a-nalisi e cioè quando il paziente, motivato verso un salto emancipativo, compo-ne le sue spinte regressive, resistenti all'interpretazione, in una figura che as-sume appunto i tratti distintivi del Doppio.
Comune a entrambe le situazioni è il momento dinamico del salto da un terre-no dove gli aspetti più infantili e non integrati della personalità cercano prote-zione e rifugio dalla assunzione di un ruolo più adulto e autonomo. Nel rifles-so dello stadio dello specchio, così come nel Doppio del conflitto narcisisti-co?evolutivo, cogliamo la teatralizzazione di una ripetizione mutativa: tentativo di trovare in avanti quanto stiamo per lasciare indietro, di ritrovare nell'indivi-duazione dal corpo materno quanto ci era caro nella fusione con essol4.
Non sempre il tentativo di portare avanti contemporaneamente le due istanze riesce.
Non sempre infatti il soggetto riceve, dopo lo stadio dello specchio, il conforto di una figura paterna che, mentre vieta di essere uguale al padre, lo autorizza e lo supporta nel diventare come lui, garantendogli così, a un tempo, il divieto della madre reale e l'accesso alla madre simbolica.
Solo a queste condizioni quello che per il Doppio è un tentativo, diventa per il soggetto pratica di una corsa proiettata contemporaneamente in avanti e all'in-dietro, ma unitariamente protesa nell'espletamento della funzione del soggetto.


NOTE

Per la traduzione italiana degli scritti di S. Freud si fa riferimento alle "Opere", edite da Boringhieri, Torino 1967?1980, in 12 volumi.

1. Qui ci si riferisce al film di Stellan Rye, del 1913, tratto dal racconto di H.H. Ewers e menzionato da O. Rank in n Doppio, cit., pp. 23 sgg.

2. CHAMISSO, A. VON La storia meravigliosa di Peter Schlemihl. Tr. it. Rizzoli Milano 1950.

3. CONRAD, J. n compagno segreto. Tr. it. Rizzoli, Milano 1975.

4. FREUD, S. Il perturbante. Vol. 9.

5. LACAN, J. Scritti. Tr. it. Einaudi, Torino 1974.

ó. POE, E.A. William Wilson. Tr. it. in: Racconti. Garzanti, Milano 1983.

7. FREUD, S. Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia. Vol. ó.

8. MATTE BLANCO, 1. L'inconscio come insiemi infiniti. Tr. it. Einaudi Torino 1981.

9. Questo passaggio è magistralmente interpretato da E. Gaburri nel saggio incluso in questo volume.

10. WINNICOTT, D.W. Cioco e realtà. Tr. it. Armando, Roma 1974.

Il. FUNARI, E. Lo specchio, I'immagine, I'altro. Il Piccolo Hans, n. 10, aprilegmgno 1976.

12. LACAN, J. op. cit.

13. Vedi il saggio di E. Funari in questo volume.

14. FUNARI, E. Natura e destino della rappresentazione. Raffaello Cortina Editore, Milano 1984.