La fine della colpa

Per i media e i sociologi il male dipende dalla società.
Ma è un equivoco che atrofizza il senso di responsabilità

 

Sergio Givone

 

Senso di colpa. Qualcosa da cui liberarsi.

Se c'è un'opinione diffusa, quasi una certezza, oggi, è questa. Tutti sembrano d'accordo sul fatto che la felicità o almeno la tranquillità sarebbero lì, a portata di mano, non fosse per via del senso di colpa. Da cui perciò bisogna liberarsi.

Già, ma poi accade che qualcuno commetta un delitto inaudito (inaudito per modo di dire, dal momento che è stato preceduto da tanti altri identici). Mettiamo, tanto per restare alla cronaca recente: due ragazzini uccidono a freddo ì famigliari senza motivo, un altro uccide la madre, un terzo il padre, e si potrebbe continuare.. E' evidente che parlare in un caso come questo di liberazione dal senso di colpa non ha senso. Ma è altrettanto evidente che se qualcosa manca, qui, è precisamente il senso di colpa.

E questo non già perché si tratti di pazzi punto e basta (che è una spiegazione, ma parziale). Tantomeno perché la colpa sarebbe degli adulti che non dialogano, della scuola che non insegna, ecc. (che è anch'essa una spiegazione, ma idiota). No, semmai perché i protagonisti del misfatto, certamente colpevoli, sembrano a loro volta vittime di qualcosa che si è abbattuto su di loro. Perché proprio loro? E' la domanda che ci facciamo. Perché proprio loro, se erano come tanti, né migliori né peggiori?

A questa domanda non c'è risposta. Una cosa però è certa. Se quei ragazzi hanno una speranza, e se gli si può augurare un futuro, è di assumersi la responsabilità del loro gesto. Insomma, devono rispondere di quello che hanno fatto anche se non sapevano quel che facevano.

Dunque: devono prendere la colpa su dì sé. Colpa infatti è assunzione di responsabilità a un livello più profondo di quello della consapevolezza e dell'intenzionalità. Augurare una cosa del genere è augurare quanto ci sia di più terribile. E tuttavia: fuori di qui, nessuno scampo, nessuna luce, ma solo un tetro restar prigionieri di se stessi.


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