Gruppi anoressia

Angelo Aparo

11-01-2011  

Premessa

Sono stato invitato dalla simpatica e tenace Redazione di Salute Ingrata a scrivere qualcosa sull'anoressia. Non essendo medico, posso parlare solo dell'anoressia legata a disturbi psichici. Ma restringo ulteriormente il campo, concentrandomi qui su un'idea che mi alletta da tempo e cioè sull'utilizzo del carcere come luogo di cura per chi ne soffre.

L'idea -diciamo così- è trasgressiva. Il carcere è luogo di pena e di privazione per chi ha leso il benessere degli altri; come può portare benessere a chi si depriva per propria "scelta"? L'ipotesi che persone affette da anoressia e bulimia possano ottenere benefici dalla frequentazione del carcere è nata in seguito all'osservazione delle dinamiche che si sviluppano fra liberi cittadini e detenuti del Gruppo della Trasgressione.

Per gli studenti universitari che vengono al gruppo come tirocinanti e, in genere, per i cittadini liberi che scelgono di frequentarlo, le difficoltà e i conflitti dei detenuti diventano un canale per prendere confidenza con proprie difficoltà personali e per liberarne l'espressione. I conflitti con l'autorità e molti dei sintomi che ne derivano trovano nell'ambiente opprimente del carcere, nei continui riferimenti dei detenuti alla libertà mancante, e soprattutto nell'elaborazione che ne viene fatta al tavolo del gruppo, una piattaforma utile per aumentare la consapevolezza di sé. Questo vale tanto per i detenuti quanto per le persone che frequentano il gruppo come membri esterni. Ecco come si esprimeva una studentessa qualche tempo fa al tavolo del gruppo:

 “Anche io, quando apro di notte la porta del frigorifero, scippo via quello che c'è dentro e lo ingurgito come una borsa rubata; mi riempio di cose di cui poi mi libero andando a vomitare in bagno.”

 

Il progetto di supporto terapeutico

Trovo quanto mai stuzzicante l'idea che chi ha violato la libertà dell'altro possa diventare una risorsa per promuovere la libertà di chi lede quotidianamente la propria. Certo, occorre verificare se i benefici di cui dicevo sopra siano del tutto estemporanei o se ne sia possibile una sistematizzazione metodologica; occorre verificare, insomma, se quanto già avvenuto sia replicabile.

A me pare che nell'anoressia di origine psichica siano presenti alcune costanti psicodinamiche che, pur con sfumature e accenti diversi, sono riconoscibili anche nella gran parte delle persone devianti. Da queste analogie nasce l'idea di studiare come la voglia di rivalsa distruttiva di chi ha commesso reati e le sbarre in cui questa viene confinata possano diventare materia e territorio per lavorare sulle componenti autoafflittive di chi soffre di anoressia. 

Ho constatato più volte che la rabbia, il rancore, le fantasie di onnipotenza, il vissuto di emarginazione, la compulsione a controllare e a distruggere che abbondano in entrambi i casi trovano prima nell'ambiente carcerario e nel senso di oppressione che vi si respira e poi negli scambi, nei contrasti e nelle alleanze che si producono al gruppo fra detenuti e cittadini esterni, le condizioni per dinamizzare una condizione sintomatologica mortificante.

Penso dunque che le mura, i cancelli e le divise del carcere possano essere utilizzati in un primo momento come supporto per appoggiarvi il senso di oppressione interno vissuto da chi soffre di anoressia e, in seguito, via via che si intensificano gli scambi fra detenuti e membri esterni, come schermo per elaborarlo.

La grande maggioranza delle persone devianti, quando sono detenute, si serve dei conflitti con le istituzioni e con le diverse figure che le rappresentano per negare i conflitti interni, liberarsi dai sensi di colpa, identificare in un nemico esterno l'origine e la responsabilità del proprio senso di impotenza e di oppressione.

Al tavolo del Gruppo della Trasgressione è invece costume che tali conflittualità vengano riconosciute come esito di istanze interne denegate. A tale elaborazione danno un contributo importante i frequentatori esterni. Nel giro di pochi incontri, si produce infatti fra detenuti e persone libere un'alleanza che riguarda i progetti, gli obiettivi e il lavoro che il gruppo porta avanti; di fatto, nei convegni e negli incontri con le scuole, tutti i membri del gruppo  sono e si sentono come una squadra che punta ad un obiettivo comune.

Nel volgere di qualche mese e via via che si succedono gli incontri aperti al pubblico, accade che

In sintesi, via via che detenuti e persone libere ottengono gli uni dagli altri stimoli e rassicurazioni utili a promuovere la lettura e l'accettazione di se stessi, paradossalmente, si realizza in carcere una sensazione di libertà e di vitalità di cui beneficiano concretamente e stabilmente sia i detenuti che le persone libere.

L'ipotesi, dunque, è quella di ospitare al Gruppo della Trasgressione circa 8 ragazze anoressiche e/o bulimiche per circa un anno e mezzo (il tempo sufficiente a portare a compimento una mezza dozzina dei tipici progetti che il gruppo porta avanti), così da verificare se e con quale frequenza si ripeta il processo sopra descritto.

 

Il nodo della rabbia