da un'intervista a Massimo Fusillo


Il mito dell'impresa

 

Massimo Fusillo

Le fatiche di Ercole, le astuzie di Ulisse, Giasone e il Vello d’oro. Molti miti sono la narrazione di imprese eroiche. Il legame che unisce il "mito" all’impresa é profondo ed essenziale. Scrive lo storico delle religioni Eliade: "Poiché il "mito" riporta le gesta degli esseri soprannaturali e la manifestazione delle loro potenze sacre, diventa il modello esemplare di tutte le attività umane significative. Il "mito" é il racconto di un inizio, é l’impresa con cui il sovrumano stabilisce come l’umano é e come deve essere, é il sacro che fa irruzione nel mondo e forma la norma dell’agire. La modernità però ha insegnato agli uomini l’importanza dell’autonomia, il valore del darsi da sé la norma delle proprie azioni. Sfuggita agli dei, l’impresa é divenuta l’azione umana inaspettata e senza precedenti, il gesto inedito e fenomenale.

Eppure la dimensione del "mito" non sembra essersi completamente perduta. Anche oggi dalle grandi azioni nascono "miti", una mitologia secolarizzata e del tutto umana. Il primo uomo a poggiare il piede sulla Luna, l’atleta che corre più veloce di ogni altro essere umano, il chirurgo, che per primo trapianta un cuore. A queste imprese tocca la sorte che un tempo toccava alle azioni eroiche, quella di essere narrate come gesta che fondano la cultura e i valori di una comunità. E per quanto umane, forse proprio perché umane, queste imprese si mostrano come esempi, come modelli per l’azione. Se il "mito" antico però era un evento che poteva solo essere narrato, il "mito" moderno é un’impresa che chiede di essere eguagliata o, ancora meglio, superata. Ma un "mito" che può essere dimenticato da nuove e più grandi imprese é ancora autenticamente tale?


STUDENTESSA: Abbiamo visto che ad alcune imprese dell’era moderna tocca la sorte che un tempo era riservata alle azioni eroiche del "mito". Che differenza c’è, e sempre che ci sia, secondo Lei, tra questi due tipi di impresa?


FUSILLO: Si possono definire "impresa" l’uno e l’altro tipo, e ciò attenuerebbe in parte la distinzione, perché la fantasia e il "mito" sono parte necessaria della configurazione umana della realtà. Dopo sporadici tentativi, soprattutto in epoca umanistico-rinascimentale, di applicare al "mito" un’interpretazione semplicemente esoterica o cabbalistico-magica, si può tranquillamente affermare che l’immaginazione é ancora oggi parte integrante della maniera dell’uomo di costruire la propria cultura. La credenza dell’immaginario é il prodotto dell’ambivalente identità dell’uomo, che cioè un po’ crede e un po’ non crede. Lo stesso doveva valere per i Greci e per gli antichi in generale se rapportati ai loro "miti". L’uomo costruisce la propria identità anche tramite l’immaginario. Quando si parla di eroismo e di "mito" non vale più chiedersi se l’impresa che li costituisce sia vera o sia falsa. Gli Antichi Greci, per esempio, credevano che la guerra di Troia fosse realmente avvenuta, senza preoccuparsi di verificare la verità storica dell’immaginario omerico sottostante alla vicenda. L’impresa si erge a modello in cui tutta la comunità si riconosce e che serve alla stessa a fondare la propria identità, a creare un tessuto di valori o spesso anche a metterli in crisi. Infatti il mito non é soltanto costruttivo, ma anzi, il più delle volte, si rivela "antieroico" e "antimito".

 

STUDENTESSA: Lei non pensa che, stante l’attuale sviluppo delle telecomunicazioni, una differente accezione del concetto di "mito" possa dipendere dal cambiamento del mezzo attraverso il quale l’impresa é narrata?


FUSILLO: Tutti gli aspetti materiali della produzione di "miti" giocano un ruolo importante. Una differenza sostanziale é data dal fatto che, nelle civiltà più antiche, si tramandava il "mito" per via orale, come oralmente si tramandava e si trasmetteva la letteratura, attraverso la semplice ma straordinaria memoria dei "cantori". Ciò determina la differenza anche rispetto alle imprese eroiche, ai "miti" e ai racconti, tramandati e trasmessi dalla scrittura ad altri mezzi di comunicazione, causando una sovrapposizione di linguaggi che avrebbe l’effetto di frantumare e moltiplicare il "mito", e così di renderlo meno "sacrale" e meno distante. Indubbiamente il nuovo mezzo muta l’aura di sacralità. La cambia, ma non la elimina. Pertanto io credo che l’era tecnologica sia ancora in grado di produrre dei "miti", anche se questi assumeranno una natura più ibrida, più frammentaria e, per certi versi, più contraddittoria. Non sono i "miti" in cui si riconosce una intera comunità, ma piuttosto dei frammenti di discorso mitico.

STUDENTE: Nel primo contributo filmato si ricorda che l’impresa moderna richiede di essere eguagliata e anche superata. Lei non crede che un primato atletico, per fare un esempio, escluda per ciò stesso l’impresa? Il primato, il primato atletico, può essere superato, e quindi dimenticato.


FUSILLO: L’impresa non va vista solamente in termini di vittoria, di primarietà, di sconfitta dell’oppositore, dell’avversario o del nemico. L’impresa riassume un’azione che possiede un significato e un valore "simbolici". La continuità nel tempo del suo valore "simbolico" va oltre il fatto che la prestazione possa essere in seguito migliorata. La maggior parte delle azioni eroiche, nel "mito" antico, ripetevano altrettante imprese di eroi precedenti. Il seguente filmato riguarda una delle azioni più tipiche della "mitologia" antica, ovvero la "discesa agli Inferi".


ANCHISE: Adesso ascolta, se io, o Enea, vedo lontano, se é vero che sono profeta, se Apollo mi riempie l’anima di verità, vedrai i luoghi dell’Inferno.


CORO: La terra che tu cerchi, o Enea, é immortale. E’ una terra ancora lontana.


(melodia di sottofondo che si innalza)


CORO: Sì, figlio, é vero, ciò che hai sempre temuto, é vero. Didone é morta. Ma non l’hai uccisa tu.


(ancora melodia)


ENEA: Sì, padre, ho riconosciuto il segno. Sì, lo so, sei tu colui che devo ritrovare.


ANCHISE: Tu devi prendere il mare. E non sia un viaggio solitario in cerca di una libertà appartata e senza fama. Tu sei stanco, lo so, ma il tempo della tua vita non ti appartiene. E’ tutto quello che tuo padre può dirti.


(fine della visione del secondo contributo filmato e dell’ascolto del sottofondo musicale che, in parte, lo ha accompagnato)


FUSILLO: Qui Virgilio pone l’approdo di Enea a Cuma, e la sua discesa agli Inferi per avere la consacrazione del viaggio che lo aspetta e che deve proseguire. La figura di Enea ripete appunto l’impresa eroica del "mito" di Ulisse, nell’attraversamento della soglia fra la vita e la morte. Come le parole di Anchise fanno capire, Enea rappresenta inoltre l’eroe stanco, colui che sente il peso dell’impresa eroica. Si dimostra che la letteratura "epica" antica non bada soltanto ai temi del primato degli eroi, della loro vittoria o della loro sconfitta, ma riflette il "mito" e l’impresa "mitica" in termini di difficoltà, di spossatezza, e di angoscia nei riguardi del peso che impone il ruolo dell’eroe.


STUDENTE: Considerando la molteplicità di "miti" che vengono proposti al giorno d’oggi, nella modernità la concezione di "mito" rispecchia un fatto puramente soggettivo o può esistere anche un modello di "mito"?


FUISILLO: Il "mito" é diventato un fatto estremamente relativo, più che soggettivo, nel senso che attualmente non esiste un modello di "mito" dominante, orientante il pubblico e le masse che forniscono i fatti eroici o leggendari. Esistono oggi più modelli, ma prodotti da "comunità intellettuali" più che da singole soggettività.



STUDENTE: Diventare e al contempo rimanere un "mito" é molto difficile. Per dare la dovuta importanza al "mito", non é forse meglio "delimitarlo" nel suo arco di tempo o nella società in cui in effetti si é prodotto?


FUSILLO: Coloro che potrebbero "delimitare" oggi un "mito" devono o dovrebbero durare questo arco di tempo. In realtà la produzione di "miti", nell’epoca contemporanea, é legata a fattori estremamente complessi e che sfuggono alla nozione di tempo, derivando piuttosto da agenti tecnologici e culturali propri della nuova industria e della nuova civiltà. Il nostro tempo é un tempo diverso, un tempo frantumato, un tempo iperveloce. In una società multiculturale come la nostra, ovvero basata sulla ibridazione dei modi, dei costumi e delle tradizioni, tutto é compresente, perché si può sempre e continuamente raggiungere altri siti ed altre culture. Importare "miti" da altre culture, che non siano più radicate nel loro contesto, equivale sempre a un’operazione problematica, ancorché inevitabile, data la sete crescente di "novità mitologiche". Non é un caso che si importino continuamente "miti" da culture non nostre. Resta da vedere quanto questo poi investa la dimensione profonda. L’importazione del "mito" da una cultura diversa funziona e produce la sua efficacia laddove questo si sia profondamente assimilato alla cultura di destinazione, mantenendo intatto il valore "simbolico". Nel caso invece di una riproposizione di "miti", provenienti da altre culture, del tutto effimera, superficiale, e dovuta solo a motivazioni proprie dell’industria culturale e "commerciali", l’operazione é destinata a fallire ed é assolutamente da rifiutare.


STUDENTESSA: Lei prima ha detto che il "mito" non é più soltanto legato al conseguimento della vittoria. Come dice Massimo Troisi, ne La smorfia, "tra un giorno da leoni e cento da pecora, non é forse meglio cinquanta giorni da orsacchiotto"?


FUSILLO: Il "mito" é sempre qualcosa di estremamente sfuggente, per cui occorre sapere chi é a trasmetterlo. Il "mito" é un racconto e, come tutti i racconti, può essere utilizzato in mille maniere. Il regime fascista e quello nazista hanno autorizzato del "mito" un uso assolutamente deleterio. Esistono anche usi del "mito" in una chiave del tutto opposta, in una chiave "liberatoria". Il "mito" dionisiaco, per esempio, é stato utilizzato dalla cultura hippye e sessantottesca come "simbolo" di "liberazione". Il "mito" rappresenta un patrimonio collettivo e come tale atto a essere utilizzato sotto molteplici vesti.

 

STUDENTE: Secondo Lei, c’è un rapporto tra i "miti" letterari di oggi e quelli dell’antica Grecia?


FUSILLO: Un rapporto esiste seppure mediato, perché la cultura si trasforma in continuazione. Il "mito" é un bagaglio di azioni "simboliche" che ogni cultura può reinterpretare a suo modo. La cultura contemporanea, e in particolare il cinema, prende spesso spunto dal "mito" greco in funzione di critica ai modelli imperanti della modernità e all’aggressione perpetuata nei confronti delle culture primitive. Il saggista e regista cinematografico Pier Paolo Pasolini utilizzò il "mito" nei film in chiave di denuncia della violenza, implicita o esplicita, delle strutture sociali dell’Occidente industrializzato alle quali lui contrappose i "tesori" del mondo agrario, "mitico" e "sacrale", precapitalistico. Mircea Eliade, lo storico delle religioni anche citato nella prima scheda filmata e uno dei maggiori specialisti dello sciamanesimo e del valore dei "miti", fu indubbiamente una delle sue guide "morali". Apocalypse now di Francis Ford Coppola é stato ancora un film che ha reinterpretato fatti reali, come la sanguinosa guerra del Vietnam, in chiave mitica. Anche il fumetto, come tutte le altre forme moderne di "cultura di massa", utilizza il bagaglio "mitico". Occorre pertanto chiedersi quale uso si faccia del "mito". Il "mito" é un fascio di infiniti sentieri che ogni cultura può percorrere secondo le proprie usanze.


STUDENTE: Perché, secondo Lei, si va oltre l’analisi dell’impresa vera e propria e si ravvisa la necessità da parte dei mass media di continuare a investigare nella vita privata del personaggio "mitico"?


FUSILLO: I mass media, per definizione, hanno bisogno di tempi rapidi e di produrre, ma anche di uccidere, i "miti", in altri termini di produrli, digerirli e farli scomparire in continuazione. Questo naturalmente comporta il tradimento di "attese" attorno al personaggio nutrite dal pubblico, l’abiura dei "valori" in cui il pubblico si é riconosciuto per il tramite del "mito". L’unico meccanismo in grado di opporsi al dilagare di questo fenomeno é l’approccio al "mito" critico e distanziato. Il semiologo e critico strutturalista francese Roland Barthes, ne Miti d'oggi del 1957, comparava ai "miti d’oggi" le "mistificazioni" che di essi venivano fatte, e a questa analisi faceva seguire un distanziamento "critico" dai fenomeni "mistificatori".


STUDENTE: Volevo sapere che cosa Lei intende per "mito" e per "impresa eroica", e se se la sente di equiparare i due concetti o in qualche modo di compararli.


FUSILLO: Il "mito" rappresenta una categoria concettuale molto più vasta di quella che attiene all’impresa eroica. L’uno spesso é una parte dell’altro insomma. Il "mito" raccoglie un insieme di racconti, leggende, e nozioni "simboliche", che si tramanda di cultura in cultura, e all’interno delle stesse, e in cui le culture si riconoscono e attraverso cui costruiscono la propria identità. Il "mito" pertanto si identifica con una forma di pensiero, autonoma dalla razionalità in senso stretto, o dal Principio aristotelico di Non Contraddizione. Il "mito" deve quindi avere una sua estrema ampiezza e complessità. La nozione di "impresa eroica" riassume piuttosto le azioni che si compiono per conquistare un oggetto, intendendo quest’ultimo anche come il "fine" dell’impresa, di cui é costellata tutta la favolistica sull’eroe e sulle sue vittorie. Si può accostare l’impresa eroica a un determinato sviluppo del rapporto fra natura e cultura, ove la cultura si fa sconfiggendo i "mostri" prodotti dalla prima. L’impresa eroica costituisce un’azione di valore eccezionale capace di produrre il "mito" e molto spesso parte integrante di questo. D’altra parte il "mito" non attiene necessariamente all’impresa eroica. Il "mito" può insinuarsi anche in "fallimenti" e in "azioni subite" dagli eroi.


STUDENTESSA: Euripide fu l’unico autore tragediografo nel mondo ellenistico a celebrare la mancanza di "eroicità" dei suoi personaggi. Questa celebrazione ha reso le sue donne vittime e al contempo eroine della vicenda. Perché proprio le donne, nonostante esse vivano in una società nella quale non rivestono un ruolo molto importante?


FUSILLO: L’opera di Euripide rappresenta uno "spartiacque", un caso straordinario di poesia caratterizzata dall’atteggiamento scettico del suo autore nei confronti dei valori tradizionali dei suoi predecessori. In lui si riconobbero spunti di razionalismo e di irrazionalismo, data la continua attenzione alle esigenze di credibilità e realismo da un lato e, dall’altro, alle passioni dei suoi protagonisti. Proprio in virtù di queste sue caratteristiche, Euripide seppe dare voce a chi era vittima dell’impresa eroica. L’impresa dell’assedio e della caduta di Ilio, l’altro nome della città di Troia, è rappresentata ne Le Troiane più dalla parte degli sconfitti e, soprattutto, delle sconfitte per eccellenza, ossia delle donne. Malgrado il ruolo di segregazione a cui era costretta la donna, la particolare fortuna di cui godettero le figure femminili euripidee fu dovuta proprio a questo loro elevarsi in dissonanza, grazie al teatro, alla tragedia e alla poesia, rispetto ai valori remoti impressi sul tessuto sociale greco. Le Troiane é una tragedia in cui per l’appunto la guerra e l’impresa eroica vengono poste per la prima volta in discussione. Di qui il valore espresso dalla letteratura e dalla poesia quando danno voce agli aspetti più oscuri del "mito", quelli violenti che offuscano l’impresa eroica.


STUDENTESSA: In una società dal ritmo frenetico come la nostra, quale ruolo hanno le religioni nella fondazione di un "mito"?


FUSILLO: Questa é una domanda estremamente spinosa. Il "mito" é sempre legato al "sacro", mentre il "sacro" non coincide con il "religioso". Esistono indubbiamente tanto le religioni ufficiali quanto quelle consolidate, tuttavia troppo legate entrambe a dogmi e a dottrine anche rigide per poter produrre il "mito" o la visione "altra" della realtà. Attualmente i "miti" pervengono da esperienze religiose lontane dal dogma, e spesso anche piuttosto ingenue, come i fenomeni imperversanti della new age.


STUDENTE: Volevo chiederLe se alla base di un "mito" ci deve essere necessariamente un’impresa o se comunque un’impresa deve necessariamente essere definita "mitica".


FUSILLO: Nel "mito" non sempre sono contemplate imprese eroiche. Emblematico é il "mito di Edipo. L’unica impresa che l’eroe-Edipo é chiamato a compiere é quella di affrontare la Sfinge, comprenderne gli enigmi e per questo sconfiggerla. In realtà l’intera leggenda ruota attorno ad azioni dettate dall’inconsapevolezza di Edipo, coprendo e scoprendo delle verità che danno la linea del "mito" fino alla morte suicida di Giocasta, madre e moglie. Viceversa l’impresa eroica è sempre legata al "mito", in quanto denota il carattere eccezionale dell’azione o delle azioni che la costituiscono, e che la ergono ad unico modello in grado di generare racconti, di creare un’identità, e quindi il "mito".


STUDENTESSA: Da una ricerca condotta su Internet abbiamo trovato un sito, nel quale é presentato il "gruppo" scultoreo di Antonio Canova, raffigurante Dedalo e Icaro. Abbiamo scelto il Dedalo e Icaro di Canova perché in genere si pensa che l’eroe antico sia un eroe "in positivo" mentre quello moderno debba essere caratterizzato da una esperienza fallimentare. La vicenda di Icaro dimostra esattamente il contrario, e dimostra come la nozione di "eroe", antico o moderno, possa contenere in sé ambedue le accezioni. L’impresa, secondo Lei, nasce dalla voglia dell’uomo di sfidare più i limiti che gli vengono imposti dall’esterno o più quelli che si autoimpone?


FUSILLO: Né il "mito", né tanto meno l’impresa eroica, devono essere visti come momento di assoluta vittoria, imposizione e sconfitta di forze oscure. Il "mito" può invece raccontare storie di "fallimenti". Questo é uno dei tratti della "mitologia" antica che più attecchirà nel mondo contemporaneo, e, prima ancora, in quello del Romanticismo. Oltre al "mito" di Icaro enorme fortuna avrà quello di Prometeo, il benefattore dei mortali che sfida l’ira di Zeus. Quello poi di Frankenstein é un "mito" particolarmente di attualità per tutto quello che si dice sulla "clonazione". Frankenstein é il Prometeo moderno, lo scienziato che vuole rinnovare il "mito" antichissimo dell’uomo creatore della vita, ma in cui al prodigio si sostituiscono chimica e galvanismo. Frankenstein vuole appunto attraversare, trasgredire un limite. In conclusione "mito" e "impresa eroica" vanno considerati come un sistema complesso, in cui convivono elementi positivi, di vittoria e di forte proposizione di valori, e negativi, di fallimento, di "non azione" e di caduta, come é il caso di Icaro.