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Responsabilizzarsi

 

Antonella Cuppari


Ciao, poche parole sulla discussione in corso sulla mailing list.

Quale può essere il nostro ruolo nel rapporto che abbiamo con i detenuti?

Credo che, come ha più volte ripetuto la Vigorelli, "il generico amore non basta, bisogna anche munirsi di strumenti"; degli strumenti che permettano ai detenuti, agli studenti e ai cittadini esterni e di riflettere e, soprattutto, di RESPONSABILIZZARSI.

La realtà carceraria è, evidentemente, una realtà lacunosa e contraddittoria: gli obiettivi dichiarati dall'istituzione e dalla società sono manifestamente poco realizzabili con gli strumenti che la società e l'Istituzione mettono a disposizione dei detenuti, degli operatori penitenziari e dei cittadini stessi.

Questo non può farci dimenticare che chi è dentro ha commesso dei reati più o meno gravi, certamente ha contribuito ad aumentare il numero delle ferite e delle offese che la capacità collettiva di costruire subisce ogni giorno.

Non voglio giudicare, ma questa è la realtà dei fatti. Il nostro obiettivo credo sia anche quello di comprendere dove e perchè chi abusa di se stesso e degli altri (con l'alcol o con la pistola, lasciandosi invadere dal delirio o invadendo le case altrui) ha imboccato lo svincolo sbagliato, ed è anche quello di capire i bisogni universali - dunque anche nostri - che agiscono alla base di queste scelte.

La realtà carceraria è una realtà che deresponsabilizza; i detenuti non hanno la possibilità di essere padroni di loro stessi, e ciò non fa altro che mantenerli in uno stato di continuo bisogno che non permette loro di sviluppare le capacità che possiedono.

Noi non dobbiamo fare i paladini della legge, e nemmeno la madre che culla e protegge i detenuti dai cattivi, dalla Giustizia e dalla società.