La storia di uno sguardo

Daniela Marasco

12-04-2006  

Questa è una storia che nasce da sola, nell'esigenza di esistere, la storia di uno sguardo.

Un bosco e una radura nascosta tra le piante. La penombra di un pomeriggio primaverile nel sollievo della fresca protezione degli alberi, imponenti nella loro secolarità. Il manto erboso, due grossi massi sporgenti, il resto di un tronco caduto. Nel silenzio ovattato, in lontananza, pochi brusii e un sussurro costante. Fermarsi sapendo di non aver perso la strada. Sedersi appoggiandosi a una delle due pietre, levigate dagli occasionali viandanti.

Sfilare lo zaino, osservare le venature del legno, giocherellare con un ramoscello, scoprire strani movimenti sul terreno di insetti esperti e ascoltare. Il silenzio. Quel mormorio. Quella voce. La nostra.

E senza chiudere gli occhi, il ricordo di una conversazione, i gesti, le frasi, le sensazioni di quella giornata. Rammentare, intuire. Le voci, la comunicazione, le espressioni.

Ma sono… gli occhi. No. E' lo sguardo. E' nello sguardo il tepore. Lo sguardo di chi osserva, si espone, impara e capisce. Lo sguardo di chi non ha paura di essere e di ascoltare. Senza pregiudizi e costrizioni.

Uno sguardo che ti arricchisce e ti insegna. Lo sguardo vivo di un uomo che si mette in discussione e racconta. Lo sguardo attento di uno studente impegnato. Lo sguardo rassicurante di un collega di cui ti fidi. Lo sguardo intenso di persone che si cercano.

 

 

Altre immagini della giornata