Dal rancore verso il mondo al lavoro con le scuole

Paola Mellace

3-12-2007  

 

 

 

Interrogarsi sulle molteplici facce del crimine, ma soprattutto interrogare chi quei crimini li ha commessi, è senz’altro un’esperienza inconsueta. Questa opportunità è stata offerta ieri ad Arona in occasione del convegno “Il carcere utile” ad un pubblico costituito per la maggior parte da adolescenti, studenti delle scuole medie inferiori e superiori. Ospiti del convegno erano, oltre ad autorità del settore, anche alcuni detenuti ed ex detenuti che fanno parte del Gruppo della Trasgressione.

 

 

Il tempo a disposizione è stato purtroppo insufficiente a trattare un tema così vasto e delicato che, partendo dalle motivazioni che spingono un individuo a commettere un crimine, avrebbe dovuto illustrare le opportunità offerte da un carcere veramente “utile”, in grado cioè di “tendere alla rieducazione” del condannato così come previsto dalla nostra Costituzione.

Il Gruppo si è presentato immediatamente nella sua dinamicità; sul palco si sono avvicendati molti suoi membri: detenuti, studenti, ex-detenuti hanno infatti coinvolto i presenti trasmettendo la loro voglia di stabilire un contatto tra la società civile ed il pianeta “carcere”. Gli interventi erano pregnanti e diretti, tesi a condividere esperienze negative e dolorose: i relatori non hanno mai perso di vista il fatto però di avere come interlocutori degli adolescenti che, per niente intimiditi, hanno reagito subito alle esortazioni del Prof. Aparo e sono saliti sul palco per cercare le risposte ai loro quesiti.

 

 

Il pubblico ha avuto così l’opportunità di osservare come di prassi opera il Gruppo della Trasgressione: stimoli offerti da canzoni (De Andrè,  Bennato), brevi testi e poesie prodotte dai detenuti dopo gli incontri coordinati da Aparo che li guida nella loro difficile evoluzione, con un percorso che si sviluppa dalla persona arrabbiata che non è in grado di riconoscere la libertà e le esigenze degli altri fino al cittadino ex detenuto che coltiva un progetto di vita.

Molto interessante è stata anche la tavola rotonda quando i relatori, fra i quali il prof. Luigi Manconi, sottosegretario al Ministero della Giustizia e il dott. Emilio di Somma, vice capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, hanno riferito le incoraggianti cifre sui detenuti sottoposti a misure alternative alla pena tradizionale e completa: solo il 15% reitera un crimine contro il 70% di quelli che scontano l’intera pena.

 

 

Proprio per la loro natura “tecnica” tali interventi sono risultati senz’altro meno coinvolgenti, anche per la scelta non sempre adeguata del moderatore che ha impiegato troppa parte del già esiguo tempo a disposizione per divagare su argomenti non pertinenti e quasi banali (sfruttamento del crimine da parte dei media per scopi commerciali, impunità di politici e imprenditori…).

Il convegno comunque ha raggiunto lo scopo di sensibilizzare ed informare il pubblico presente sull’opportunità di un carcere “utile”.

 

 

Già, ma utile a chi? Non solo al detenuto il quale sconta una pena che si  auspica sia finalizzata, non solo in teoria, a riabilitare la sua identità sociale, ma soprattutto, come ha sottolineato Luigi Manconi, a riportarlo alla collettività civile, che prima o poi quel detenuto dovrà riaccogliere.

 

 

Sarà sicuramente più opportuno per tutti convivere con una persona che abbia imparato a rielaborare il suo rancore, la sua rabbia e abbia cominciato il non facile viaggio verso il piacere della responsabilità (che è anche la cifra degli incontri che il gruppo della trasgressione porta avanti in questo periodo con diversi istituti scolastici).

 

 

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