Presi nella Rete
Luglio 2002


È un cervello diverso il segreto dei savant

Guido Romeo presinellarete@libero.it

Usare meno il cervello: sarebbe questa la chiave per disporre di capacità intellettuali sovrumane in matematica, musica, memoria e disegno. E a quanto pare non sarebbe neanche una cosa tanto complicata: basterebbe "spegnere" una parte dei neuroni che ci aiutano a pensare.
Con l’aumentare della calura estiva potrebbe sembrare un invito a poltrire sotto l’ombrellone, con il rischio di disattivare non una parte ma l’intero cervello, ma si tratta in realtà della tesi, decisamente controcorrente, di Allan Snyder, direttore del Center for the Mind di Canberra in Australia, per spiegare le capacità dei pazienti autistici ad alto rendimento o savant autistici descritti da Darold A. Treffert e Gregory L. Wallace nelle pagine precedenti. Secondo Snyder sarebbe improprio parlare di "isole di genio" all’interno del nostro cervello, mentre ben più calzante è ipotizzare la presenza di un genio soppresso e latente in tutti noi.

L’ipotesi, esposta con minuzia nei "Proceedings of the Royal Society" qualche anno fa (www.centreforthemind.com/publications/Secret.pdf), sarebbe convalidata soprattutto dalla matematica. Una delle abilità peculiari di molti savant è infatti la capacità di isolare i numeri primi ed eseguire calcoli complessi con i numeri interi o con i giorni del calendario. Ma ancora più stupefacente è constatare che, nell’isolare i numeri primi, i savant userebbero metodi di calcolo spontanei analoghi a quelli adottati dagli individui normali utilizzati come controllo, i quali impiegavano l’algoritmo di Eratostene (mathworld.wolfram.com/EratosthenesSieve.html).

Un po’ come dire che il nostro cervello è un calcolatore che utilizza sempre lo stesso software, ma i savant riescono a estrarne dati che rimangono inaccessibili agli altri individui. L’ipotesi di Snyder ha fatto saltare sulla sedia molti suoi colleghi perché implica l’esistenza di un’aritmetica innata nel nostro cervello, ma è estremamente affascinante, perché chiama in causa molta dell’evoluzione della nostra specie. Sopravvivere è innegabilmente una questione di cervello, e chi riesce a distinguere più rapidamente un nemico da un amico, un predatore da una preda, ha sicuramente più possibilità di cavarsela. L’evoluzione avrebbe quindi privilegiato i cervelli in grado di estrarre immediatamente le informazioni più significative da una grande massa di dettagli ed elaborare rapidamente una soluzione. La nostra mente percepirebbe tutti i più minuti dettagli di un viso o di un oggetto, ma ne scarterebbe la maggior parte non registrando che i pochi tratti necessari a riconoscerlo per non sovraccaricarsi di informazioni ingestibili.

Nella descrizione del cervello delle persone autistiche alcuni ricercatori, come Francesca Happé dell’Istituto di psichiatria di Londra in "Trends in Cognitive Sciences", preferiscono però parlare di "stile cognitivo" piuttosto che di "deficit cognitivo" (download.bmn.com/pdf/browse/areas/record?uid=TICS.tics0699_
13646613_v0003i06_00001318&rendertype=pdf&ftl_accessed_via=BROWSE&node=
TOC%40%40TICS%40006%4006%40006_06&mis=.pdf). Il funzionamento di un cervello autistico sarebbe caratterizzato da una "coerenza centrale" debole, incapace di organizzare l’informazione a livello globale.

L’idea della Happé e colleghi è però molto diversa da quella di Snyder, perché ritiene che non vi sia alcuna soppressione dell’informazione negli individui non autistici in quanto essi non utilizzerebbero mai, a livello conscio o inconscio, i processi mentali dei savant autistici. La spinta verso una coerenza centrale sarebbe così forte da incanalare percezioni e pensieri verso l’elaborazione di concetti significativi addirittura prima che la maggior parte dei dettagli siano registrati. Il talento eccezionale dei savant in alcuni campi come la matematica o il disegno e la pittura troverebbe invece una spiegazione anatomica. Nei loro cervelli le regioni dedicate a determinate funzioni sarebbero scarsamente collegate con le altre e avrebbero perciò la possibilità di svilupparsi senza interferenze raggiungendo dimensioni molto più grandi del normale, simili a quelle delle regioni del linguaggio nei non autistici.

L’idea che l’espansione di alcune aree del cervello conferisca capacità particolari ha avuto molto seguito, forse anche per gli studi sul cervello di Einstein, ancora perfettamente conservato, che hanno rivelato un’area dedicata alla matematica così sviluppata che sembrava addirittura aver annesso neuroni delle zone limitrofe normalmente dedicati ad altre funzioni. Il problema, con questa tesi del "grande cervello", è che il cervello di chiunque si espanderà e i suoi neuroni saranno più fitti nelle aree più stimolate. Diventa perciò difficile stabilire se la crescita di una regione cerebrale sia la causa o il risultato di un’abilità particolare. Il campo di studi sull’autismo è ricchissimo di ipotesi e nel numero di giugno di "Trends in Cognitive Sciences" Simon Baron Cohen, del Centro di ricerca sull’autismo della Cambridge University, propone un nuovo approccio alla definizione di autismo e alla spiegazione delle abilità e carenze di questi pazienti (download.bmn.com/pdf/journals/atoz/latest?uid=TICS.etd01250_
13646613_v0006i06_00001904&rendertype=pdf&ftl_accessed_via=BROWSE&mis=.pdf).

Le differenze tra i sessi sono tradizionalmente studiate misurando le differenti abilità linguistiche e di controllo dei movimenti nello spazio. Baron Cohen guarda invece alla diversa abilità nel "sistematizzare", intesa come la tendenza ad analizzare le variabili presenti in un sistema e la capacità di identificare le regole che lo governano, e di "empatizzare", o la capacità di percepire e interpretare i sentimenti di un altro individuo. Ragionando in termini psicometrici, il primo profilo sarebbe tipicamente maschile, mentre il secondo sarebbe appannaggio del gentil sesso. In questo scenario l’autismo è un caso limite del profilo maschile, in cui la capacità di sistematizzare sarebbe spinta all’estremo.
La teoria della sistematizzazione sembra molto più adatta a spiegare le abilità dei savant autistici. Parlare di debole coerenza centrale non permette infatti di spiegare le grande doti nella musica o nel calcolo complesso, campi nei quali occorre un’ottima padronanza tanto dei singoli elementi, come una nota musicale, quanto delle relazioni tra i vari elementi che regolano l’intero sistema, come il rapporto tra due note o due accordi. Se la divagazione tra queste diverse teorie ha forse reso ancor più allettante la prospettiva di oziare sotto l’ombrellone sperimentando disattivazioni parziali o totali del cervello, fate attenzione: raggiungere le capacità dei savant autistici è cosa rarissima. In tutta la letteratura scientifica ne sono stati descritti appena 100 da quando il fenomeno fu identificato circa un secolo fa, e se ne contano soltanto 25 viventi.

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