Un mestiere difficile

 

Claudio Nocera

Com'è difficile fare il carcerato! Una battuta detta da un amico che in quest'ultimo periodo echeggia molto spesso nella mia mente.
Intendo dire fare il carcerato nella cosiddetta oasi felice del gruppo trasgressione.
Di mio ho già un carattere un po' chiuso e mettere a nudo la mia personalità, soprattutto su temi come quelli trattati all'interno del gruppo e in presenza d'altre persone non detenute, per me non è facile.
E' un conflitto che spero di superare. L'input è arrivato dal dottor Aparo durante l'intervista di Federica, quando mi ha chiesto un mio pensiero in merito al discorso trattato.

Ho detto soltanto che ancora non mi pongo il problema su che tipo di messaggio potrei mandare all'esterno attraverso il gruppo, o il contributo che potrei offrire per migliorare qualcosa, perché mi rendo perfettamente conto che ancora devo migliorare tantissimo me stesso.
A me piace ascoltare, ma questo non basta; l'ho capito e mi sono ripromesso che devo cominciare a scrivere per comunicare con gli altri, senza "filosofare".
Inizio col tema che stiamo trattando in vista dell'incontro con Vattimo: il pensiero debole - l'imperfezione.

Ho capito, da quello che è stato detto fin qui al gruppo e da ciò che ho letto sul sito, che il pensiero debole si contrappone a un pensiero forte, a delle verità che venivano date per certe.
Mi ha colpito il pensiero espresso da Enzo: "Noi siamo imperfetti, se fossimo perfetti saremmo tutti uguali".
Questo concetto sembra giusto; ma allora mi chiedo se non siamo tutti uguali proprio in quanto tutti imperfetti.
Ci siamo anche chiesti se nasciamo imperfetti o se lo diventiamo nel corso della vita.

Ci si sviluppa e ci si evolve a seconda della categoria di persone di cui facciamo parte. Secondo me questo conta moltissimo, anche se non esisterà mai una categoria perfetta.