Riconoscersi

 

Gli uomini hanno necessità degli altri, sia per egoismo che per altruismo; ne hanno bisogno per relazionarsi al "diverso da sé" quindi, a dispetto del loro interesse egoistico, sono costretti a tutelare anche l'esistenza degli altri.

 

Dino Duchini

05-02-2003  

Credo che l'ultimo convegno svolto a San Vittore, su "Il tiranno, l'artista, la compagna feconda", sia stato un poco prematuro, nel senso che il tema è di tale ampiezza e interesse che, forse, c'è stato poco tempo per sviscerarne pienamente gli aspetti.

Tuttavia, grazie alla grande personalità e competenza del nostro relatore, il Dottor Bomprezzi, è stato ugualmente possibile apprezzare l'enorme portata della questione che, secondo me, racchiude quasi totalmente i vari aspetti della vita umana.

Dialogare su "i limiti" con chi ne è visibilmente e gravemente portatore, è stato motivo di arricchimento per tutti. Inoltre, Franco Bomprezzi è una persona dotata di un elevato spessore culturale arricchito dell'esperienza di una vita piena di domande sui propri e altrui limiti, il che ha reso lo scambio di opinioni estremamente soddisfacente.

Dunque, che cosa mi è rimasto di quell'esperienza positiva?

Ho riflettuto molto, ed ancora di più dopo aver letto lo scritto di Antonella in proposito.
Ho cercato di analizzare la figura del "tiranno" nelle sue peculiarità; alla stessa maniera ho fatto per l' "artista", per poi sforzarmi di identificare chi o che cosa possa essere definito "compagna feconda".

Non ritengo che il tiranno sia esclusivamente una figura simbolica, ma lo identifico anche in una situazione o semplicemente in un particolare destino. Tuttavia, in ogni sua possibile rappresentazione, vedo almeno una costante: quella di porre dei limiti forti, repressivi, involutivi.

L' "artista" è più difficile da identificare perché il significato della parola può essere fuorviante per taluni aspetti. Un artista è chi produce creativamente, colui che rende concreta l'ispirazione artistica… sì, ma l'arte che cos'è?

Nella storia dell'umanità, l'arte è stata riconosciuta come tale a seconda delle diverse epoche. Il classicismo e il neo-classicismo, per quel poco che conosco, inseguivano la bellezza delle forme, considerando come modelli portatori del "bello" a tratti la figura degli dei dell'Olimpo, altre volte la figura umana, esaltandola sino a superare i limiti della sua effettiva consistenza.

Dopo il classicismo vi è stato un periodo artistico ispirato prevalentemente alla religione, con la conseguente valorizzazione del volto del "Divino", a cui è subentrata la cultura umanista, seguita da quella illuministica sino al momento dell'esplosione dell'arte moderna e post-moderna.
Credo che il confine principale sia da collocare tra l'arte pre-umanista e tutto ciò che di lì in poi è venuto.

A mio avviso, l'arte ha acquisito un valore più concreto attraverso lo spostamento dell'attenzione dalla ricerca del "perfetto" e del "divino" alla esplorazione delle pieghe della natura umana. Così gli artisti hanno avuto modo di viaggiare all'interno di se stessi e, in quanto persone, hanno esplorato i propri limiti e la propria condizione di esseri umani, riuscendo a rappresentarla come essa è. Considero questo percorso conoscitivo come "arte al servizio dell'uomo" nel faticoso tentativo compiuto dall'artista di comprendere se stesso e la propria natura.


Caravaggio, Il baro

Mi riferisco all'artista percependolo come uomo che riesce a cercare nella realtà, a vivere il momento attuale, come un occhio critico che guarda in faccia le proprie paure e non si rifugia nel conformismo e nell'ipocrisia. L'artista è un uomo che porta sulle sue spalle il peso della responsabilità dell'agire umano nel suo aspetto morale, un uomo che non scappa scaricando agli altri le proprie responsabilità, un uomo che si accetta per quello che è, con le sue qualità e i suoi difetti.

Ecco perché l' "artista" è la controparte del "tiranno": egli è l'unico in grado di superare i limiti imposti dal tiranno, può rompere i muri ed appropriarsi delle maschere che gli sono proprie; è l'unico che riesce ad identificare e comprendere la realtà, è l'unico che conosce l'egoismo umano perché sa di essere egoista.
L' "artista" conosce i propri difetti e quindi può tenerli a bada, può ricavare le parti positive che in essi sono incluse, combattendo contro le manifestazioni negative dei medesimi; la sua è una lotta perenne in cerca dell'equilibrio e, come dice Antonella, è in grado di ordinare il proprio caos interiore, infischiandosene del caos esteriore.

Penso che spesso l'uomo cerchi di ordinare solo quello che sta fuori di lui, e che altrettanto spesso non ci riesca, perché nessun ordine può essere soddisfacente se lo sguardo proviene da colui che ha un disordine interiore.

Non resta che esaminare la figura della "compagna feconda" che, sempre in accordo con le affermazioni di Antonella, può essere individuata in uno strumento vivente o no, che permette, con la sua vitalità, di alimentare il dialogo con i propri limiti e di recuperare forza e fiducia nei momenti di stanchezza e di frustrazione.

Credo che la "compagna feconda" possa essere ben identificata con la curiosità, ma ancora di più con l'amore del lavoro per la ricerca della "verità comune", dove per "verità" non intendo la verità assoluta ma la ricerca di uno stato di pace con se stessi e con gli altri.

Gli uomini hanno necessità degli altri, sia per egoismo che per altruismo; ne hanno bisogno per relazionarsi al "diverso da sé" quindi, a dispetto del loro interesse egoistico, sono costretti a tutelare anche l'esistenza degli altri.

La "compagna feconda" è quindi la capacità di continuare a porsi domande e cercarne le risposte, risposte che portano con sé la necessità interna di essere appaganti e accettate da tutti, anche nel senso della mediazione, ma più che altro nel senso di "riconoscimento dell'altro e dell'appartenenza".