Maschere e investimenti a rischio

Quando cade un muro occorre verificare se chi ne era stato isolato avrà voglia di esprimersi al di là delle prescrizioni che gli erano imposte.

 

Rossella Dolce

Dopo aver letto di scritti sulla maschera ho riflettuto su alcuni punti:

 

1. Credo sia importante innanzitutto distinguere tra la maschera e il ruolo.

Mi spiego: io non credo di indossare una maschera da studente, io sono una studentessa, non voglio apparire tale, non credo di sembrarlo, è quello che sono, perché quello che faccio è studiare. Non lo faccio per darmi un'immagine diversa dalla realtà, non lo faccio per interpretare una persona diversa da me o un modello.
Quello che faccio è svolgere un ruolo, non interpretare un personaggio; cerco di mediare tra quello che studio e la mia personalità intrecciandole continuamente.

Ogni persona deve svolgere delle attività all'interno della società, a seconda delle situazioni, deve agire in qualche modo. È a questo punto che secondo me si può decidere di indossare una maschera oppure scegliere un ruolo.
I ruoli che si possono svolgere sono tanti e diversi in ogni situazione ma rispecchiano sempre la personalità dell'individuo: nessun altro farebbe le stesse cose nello stesso modo.
La maschera invece costringe ad agire l'individuo in un modo prestabilito, è onnipresente, non tiene conto dei pensieri dell'individuo, non modula le sue azioni in funzione delle sue emozioni, ma attiva immediatamente uno schema comportamentale determinato; la persona a questo punto si atteggia, parla ed esprime opinioni che non sono le sue, ma della persona che vuole o deve apparire.

 

2. Togliersi la maschera equivale ad un'affermazione di libertà?

Può darsi, ma credo che una persona possa esprimere la propria libertà sia mettendosi una maschera che togliendosela. Mettersi una maschera è comunque una scelta, permette in alcuni casi di agire all'interno della società, in altri di potersi isolare da essa, in altri ancora di rifugiarsi, quasi sempre serve ad inserirsi in modo conveniente nella realtà.

Il problema, secondo me, è che continuare a costruirsi un'immagine, vuol dire impegnare tutte le energie a coltivare una finta personalità e questo è rischioso, perché, se per caso dovesse cadere la maschera, non resterebbe nulla.

 

3. Le maschere non sempre si scelgono

Ho letto in questi giorni una delle tante biografie di Gianni Agnelli che sono state pubblicate dopo la sua morte e mi ha colpito un particolare della sua vita:
Quando era piccolo la sua balia gli diceva : "gli Agnelli non possono giocare con tutti i bambini, possono giocare solo con i bambini i cui genitori sono stati invitati a casa Agnelli".
Questo perché si doveva creare un'immagine di famiglia irraggiungibile, così da non confondersi con le altre; insomma il piccolo Agnelli doveva da subito indossare la maschera della sua famiglia. É difficile però far indossare ad un bambino una maschera perché un bambino è prevalentemente istintivo. Per fare in modo che si adeguasse al costume familiare, gli è stato costruito intorno un muro. Lui non poteva avvicinarsi agli altri bambini, ma nemmeno gli altri bambini gli si avvicinavano perché erano dall'altra parte del muro: fuori dalla sua casa.

Un altro esempio: il muro di Berlino: l'Est promuoveva nei suoi paesi un'immagine dell'occidente storpiata e peggiorata e l'Ovest faceva altrettanto, così il muro sembrava proteggere tutti. Ad un certo punto però un muro incuriosisce, si inizia a voler verificare se dall'altra parte le cose sono come vengono raccontate e infatti i muri si scavalcano e si scopre la verità.

Ultimo esempio: quando ero piccola mio nonno mi portava sempre a passeggiare nella città e mi raccontava tutto dei palazzi, dei giardini, delle Chiese; passando davanti alle case con i cancelli chiusi, io chiedevo sempre cosa c'era dietro, mi rispondeva: un manicomio, una villa di un signore, un carcere.
Mi descriveva un po' tutto quello che poteva esserci all'interno e poi io chiedevo: "perché lo sai? Ci sei stato? perché alle persone che stanno là dentro piace stare lì?" Mi rispondeva: no non ci sono mai stato, non conosco chi ci sta dentro.
Non mi sono mai accontentata delle descrizioni, ho sempre detto a mio nonno: prima o poi andrò a vedere e poi ti racconterò io.
I muri non reggono a lungo.

In ogni caso, quando si vuole dare una maschera a qualcuno gli si costruisce sempre un muro intorno; il muro sembra proteggere, ma prima o poi cadrà; qualcuno dall'altra parte sarà incuriosito, ci salirà sopra e andrà dall'altra parte, a quel punto incontrerà la maschera.

E allora sarà il momento di verificare se chi è stato ristretto al di là del muro avrà voglia di esprimersi al di là dei confini che il muro e la maschera gli prescrivevano.