Navigare controvento

Valentina

 

01/06/2009

Oggi, durante l'incontro del gruppo a S. Vittore, Antonio Tango mi si è avvicinato e mi ha dato il suo scritto da leggere. Poi mi ha chiesto cosa ne pensavo e mi ha espresso le sue paure a leggerlo al gruppo, perché lo sentiva molto intimo.

Gli ho risposto che avevo paura anch'io che lui lo leggesse perché in fondo sentivo che quello scritto parlava anche di me, di come anche io, spesso, mi sento o mi sono sentita. Però gli ho anche detto che, leggendolo, avrebbe superato quelle paure che io non ho ancora avuto il coraggio di superare. Sono contenta che Antonio abbia deciso di leggerlo. Mi ritrovo in molte delle cose che ha scritto.

Sostiene Antonio che si è sempre vergognato della sua immagine, e io rivedo quella bambina che prendeva la mano della sua nonna e le chiedeva mille volte al giorno “nonna, ma io sono brutta?”

Sostiene Antonio, che era convinto di essere insignificante, di non valere niente, e io rivedo quella ragazzina che per darsi un valore aveva bisogno di accendersi una sigaretta o di stringere ancora un po' il bottone dei jeans, che diventavano sempre più larghi paragonati alla sua progressiva magrezza.

 

Alcune pagine di Tiziana sul sito interattivo di Wikidot

 

Sostiene Antonio che era diventato camaleonte per sfuggire al peso della sua insicurezza di poter essere amato e accettato. E io rivedo quelle mille maschere che ho nel cassetto e che ho considerato le mie più preziose alleate nelle situazioni in cui non sapevo come spendermi e avevo bisogno di un nascondiglio sicuro per la mia anima fragile e incerta.

Antonio sostiene che era arrivato ad odiare la sua esistenza e a pensare al suicidio come a una liberazione, e io rivedo me stessa pormi le sue stesse domande: perché sono nata? Che vivo a fare?.

Sostiene Antonio che era convinto che suo padre non lo voleva e pensava di essere per lui soltanto un peso. Ma, inspiegabilmente, questa fantasia alle volte nella vita può diventare realtà e succede che un genitore arriva a sentire la propria figlia come un peso e a respingerla quotidianamente con ogni mezzo psicologico a sua disposizione, nell'impossibilità di cacciarla fisicamente di casa.

Antonio sostiene che è arrabbiato con se stesso, perché gli sembra che la soluzione sia sempre stata lì così facile e a portata di mano, ma solo adesso lui riesce a vederla. Si domanda come non abbia fatto ad accorgersene prima. Provo a dire, zoppicando, che forse, fino a quando ci sei dentro, fino a quando la nebbia ti avvolge, non lo sai che la soluzione è lì vicino.

Antonio sostiene anche che bisogna impegnarsi a diventare sempre più se stessi, smettendola di tradirsi indossando le vesti del camaleonte. Io protesto e chiedo ad Antonio se si può imparare ad amarsi quando ogni giorno ci si sente denigrati e traditi dalla bocca della persona che più si ama, dalla bocca della propria madre.

Sostiene Antonio di avere sprecato parte della sua vita, e io mi vedo seduta su una sedia, in silenzio, in mezzo alle persone che stimo, che stanno giocando a creare le loro idee, mentre le mie le accartoccio nella mente perché so che finiranno sprecate in un cestino, insieme alle opportunità di esprimerle.

Aparo, rispondendo ad Antonio, sostiene che quando tuo padre ti rifiuta e ti dice che non vali, questo non ti costringe a fare di tutto per trovare le prove necessarie a dargli ragione. Ma io sfido Aparo a smentire una condanna che viene riaffermata ogni giorno più intensamente.

Sostengo io, che trovare qualcuno che crede in te, che tifa per te, ti dà quell'energia necessaria per ricominciare a guardare avanti, a individuare una meta e a dirigere il passo in quella direzione, ma mentre vai avanti c'è la condanna di cui ogni giorno ti ricordi e che ti riporta qualche passo più indietro. E' come navigare controvento.

Forse (ma Aparo non è d’accordo nemmeno questa volta!) la soluzione è imparare a riporre la propria autostima in se stessi invece che nel giudizio degli altri. Ma io sfido chiunque ad aver fiducia in se stessi quando chi dovrebbe insegnarti ad avercela, svalutandoti, ti impedisce di amarti, ti impedisce di provare piacere di essere quello che sei.

Più di ogni altra cosa ringrazio Antonio perché il suo scritto mi fa sentire che non tutto è perduto, che sono solo a metà del mio cammino e che anche la mia condanna potrebbe diventare reversibile. E così, nella mia attuale cecità, sorrido prefigurando la gioia di questa futura scoperta. Navigare contro vento è più facile quando c'è qualcuno che rema con te. Oggi sento Antonio un compagno di viaggio che rema con me.


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