Tango di giorno

Rossella Dolce

01-07-2004  

Caldo, rumore, manca l’aria.
Non ho voglia di pensare, stare in piedi
Non ho voglia di costringere gli occhi a restare aperti

e non mi sforzerò.

Perché ci sei tu e posso non volere.

Gli occhi si arrendono piano
con una tenera e arrogante sicurezza di bambina certa
che i suoi capricci saranno accolti
mi lascio cadere senza fretta né freno sulla tua spalla.

È puntuale il braccio che circonda delicato e regge sicuro la vita
come uno che è ormai abituato e mai stanco.

Un sorriso ruffiano e presuntuoso celebra vittoria.

Il viso ruota lentamente verso il centro del petto per trovare casa
e ricomincio a respirare.

La fisarmonica improvvisa un tango, le voci si fanno più lontane.

Ora anche la tua testa si abbandona piano fino a quando la barba sottile mi sfiora la fronte.
La musica si allarga, ci nasconde e inevitabilmente le menti si intrecciano a ballare.

Non più traccia di stanchezza, solo l’assenza di peso.
Nessuna parola può pretendere di rendere giustizia a questo silenzio,
così anche la mente smette di parlare.
Nessun bisogno di guardarti per sapere il modo in cui stai sorridendo.
Intorno a noi, nessun indizio visibile a tradire i miei occhi che sento brillare,
la tua mano che spinge sulla schiena,
il tuo, mio stesso respiro lento.

Nessuna meraviglia esterna per un miracolo privato, consumato in due fermate di metrò.

La magia di un tango,
nello stupore, in ogni attimo sperato,
di trovarsi senza cercarsi.

  Tango di notte