Volti in attesa

Livia Nascimben

  04-04-2006

Ciao Adriano, mi hanno molto colpita i tuoi ultimi lavori che Aparo ha messo on line, quelli con le maschere-figure-volti. Quando li ho visti mi è sembrato di essere in un museo a guardare.. come dire, qualcosa di antico e di familiare, di lontano ma ancora vivo, qualcosa posto in uno scantinato in attesa di essere scoperto e condiviso, qualcosa che è invecchiato ma che ancora aspetta che gli venga data la vita. C'è un'atmosfera particolare, quelle composizioni non sembrano quadri, sembrano avere vita, danno l'impressione di qualcosa da potere avvicinare, toccare, modellare.

Quei volti, quei corpi sembrano chiedere qualcosa a chi li guarda, chiedono di potere esistere, di potere essere al di fuori di quegli spazi stretti in cui sono costretti ormai da troppo tempo, chiedono di essere ascoltati, riconosciuti, di potersi muovere all'interno di relazioni, di potere gioire con qualcuno. Sento che quei volti mi chiedono di dare loro voce per non restare imprigionati.

Ieri al gruppo come ospite è venuto il prof. Valerio Terraroli, docente di storia dell'arte. Abbiamo fatto un viaggio nell'arte del '900 partendo da Picasso. Il filo conduttore è stato l'abbandono da parte degli artisti della ricerca della rappresentazione del bello a favore della ricerca della complessità, delle schegge, di ciò che di noi possiamo riconoscere nel brutto. Verso la fine dell'incontro ci è stata posta una domanda: Qual è la funzione delle opere d'arte? Possiamo vivere senza?

Non mi ero mai posta la questione, forse però non è possibile vivere senza le opere d'arte perché non si può vivere senza parlare con se stessi e non si può parlare con se stessi se non all'interno di una relazione.

A volte può essere talmente faticoso e doloroso parlare con se stessi che si perde l'abitudine di ascoltarsi fino a dimenticarsi quasi di esistere e allora sono guai: parli attraverso un reato ma non sai decifrare cosa dici, cerchi te stesso in un vasetto di nutella ma arrivata al fondo non ricordi nemmeno cosa andavi cercando, sei perso ma cerchi, sempre, anche se non sai cosa né dove.

Ciò che vedo nei tuoi quadri sono parti di me stessa che negli anni ho trascurato, calpestato, tradito, pur se ancora quelle parti attendono un riconoscimento; ciò che vedo è anche il desiderio di divenire, il lavoro, la fatica e la soddisfazione di ritrovarsi e mostrarsi, almeno in parte.
  
Se guardi un dipinto, una scultura, una fotografia, se hai abbastanza pazienza e fiducia, puoi vedere raccontato qualcosa di te, delle tue paure, delle tue aspirazioni, puoi ricongiungerti con parti di te stesso che tendi a tenere lontano; e questo credo succeda nel momento in cui si crea una relazione e ascolti cosa provi.
  
Io nello specchio di casa mi vedo deformata, nello specchio delle relazioni mi vedo imperfetta ma ricca. Lo specchio di casa non ho intenzione di buttarlo ma credo che, tutto sommato, possa essere più vantaggioso fare riferimento alle relazioni!

Beh, complimenti e grazie!

Altri scritti: Marta Sala; Adriano Avanzini