La fecondità dell'imperfezione

Carmela Giannì

15-01-2006 (pubblicato su "Dialogo")

E’ il titolo di un concerto che la Provincia Regionale di Ragusa ha messo in distribuzione su due città:- Modica, al Teatro Garibaldi il 30 dicembre; - Ragusa, al Teatro Tenda, il 5 gennaio.

Sul palcoscenico lo psicoterapeuta Angelo Aparo nella veste di cantante, che in alcuni brani accompagna con la chitarra; il ragioniere Martino Modica alla tastiera e voce d’accompagnamento; Carmelo Lorito al violino, unico vero professionista del palcoscenico. Lo spettacolo, di ottimo livello artistico è dunque realizzato da soggetti che praticano altre professioni e ricorrono al mondo dell’arte per comunicare riflessioni ed emozioni sul tema dell’imperfezione umana, che ben si dispiega nelle composizioni di De André.

L’obiettivo del concerto, pur non essendo di natura esclusivamente spettacolare, non trascura il livello qualitativo, intanto per il rispetto dovuto al grande cantautore, e poi, perché il raggiungimento dell’obiettivo sotteso al concerto, cioè la riflessione del pubblico su questo tema, passa attraverso la buona qualità dello spettacolo. Martino Modica, estimatore innamorato di De Andrè è riuscito col suo sintetizzatore a comporre “file” di base mirabili; Juri Aparo con la sua voce versatile non ci ha fatto rimpiangere il vero De Andrè; mentre l’innesto del violinista classico, Carmelo Lorito, ha impreziosito il tutto.

La peculiarità del concerto, nonché la sua singolarità, è stata fornita dalla trama del discorso intessuto da Aparo tra un brano e l’altro, che ha fatto emergere con chiarezza gli obiettivi di natura socio-educativa di questo progetto, che nasce dentro il carcere di San Vittore, ma connette, oltre ai detenuti e agli operatori, studenti universitari della facoltà di Psicologia, Filosofia, Giurisprudenza nonché docenti universitari e un ex dirigente d’azienda.

Il gruppo di lavoro sopradetto assume un nome emblematico:- “Gruppo della Trasgressione”, perché la trasgressione causata dai limiti dell’imperfezione e dalla fragilità umana sono il male che riempie il carcere, nonché la buccia di banana prossima al piede di quanti stanno fuori, in primo luogo gli adolescenti, i quali, carichi del naturale,  ma spesso mal governato,  senso di onnipotenza, finiscono a volte con l’indirizzare la loro forza di trasgressione nel verso sbagliato. 

Il gruppo della trasgressione, come campo di lavoro attivo-creativo, ha aperto un sito di dialogo, dove ciascuno, detenuto o non, espone il proprio prodotto creativo:- foto, scritti di riflessione o poetici, dipinti, tutti ispirati dal tema dell’imperfezione umana. Su questi prodotti creativi, chiunque voglia contribuire, chiunque si senta coinvolto o sollecitato, interviene con contributi di commento, di critica, di riflessione. E’ così che trasgressione ed imperfezione umana diventano terreno fecondo dove germogliano prodotti che contribuiscono ad arricchire ciò che arriva sul palcoscenico a corredo delle canzoni di De Andrè, oppure diventano temi da dibattere, da ampliare in convegni all’interno del carcere o in altre istituzioni.

L’obiettivo del gruppo è lo studio e il recupero delle dinamiche intrapsichiche e ambientali che favoriscono la china verso il reato e/o altre forme di disagio emotivo che spesso accompagnano l’adolescenza. Lo scopo ambizioso di questo lavoro di osmosi tra carcere, scuola e società, è la prevenzione del disagio e del crimine che da questo stato genera, è l’impegno attivo di quanti hanno fallito per incapacità di governo della loro energia sovversiva verso coloro che potrebbero fare altrettanto, se non coinvolti per tempo con l’informazione e la riflessione sugli effetti di devastazione e di dolore che il crimine genera.

E’ inoltre una scommessa che sfida la rassegnazione e la passività di tanti operatori delle carceri, della giustizia, della scuola e della società. E’ sfida ad attori sociali che si adattano al protocollare, senza osare pensare che ciò non basta. E’ sfida a coloro che si adagiano sull’ineluttabile; a coloro che nulla osano per tentare di invertire la rotta, nulla sanno trarre, in termini di conoscenza sensibile, dall’esperienza di coloro che hanno deviato  sul senso della loro vita. E’ sfida alle false certezze di coloro che credono che i delinquenti siano altro da noi, esseri deviati nei cromosomi, materiale da esorcizzare stigmatizzandolo. E’ sfida a coloro che credono che il senso della vita possa essere trovato nel successo economico, nell’arricchimento personale, nel semplificare le questioni, nell’amputare i rami secchi con l’accetta.

Certo, portare il delinquente carcerato nella posizione di collaborazione alla prevenzione è un’opera di trasmutazione dell’anima, è un’utopia possibile solo se dietro c’è un lavoro creativo e positivo, un lavoro sui singoli che riesca a recuperare l’autostima di chi sa di essere reietto, che riesca a infondere nell’animo del recluso il recupero di un valore di fondo sulla vita, che motivi questi soggetti verso l’elaborazione dei processi che hanno sovvertito la  loro vita. Un lavoro ambizioso e creativo di operatori lungimiranti, pari alla professionalità che si riconosce nello spettacolo.