Lorenzo

Armando Xjfai

  12-11-2005
 

1991, bar Centrale. Ero seduto su una panca e aspettavo il mio treno per Monopoli. Fra la gente un ragazzo attirò la mia attenzione: barcollava, era pallidissimo, agli angoli della bocca una schiuma bianca, secca. Nessuno lo vedeva. Il treno, avvicinandosi, sembrava volesse risucchiarlo, fare sparire quell’ombra di carne e di ossa. Trattenni il respiro, barcollava in modo sempre più evidente, ma restò in piedi..

Quando le porte del treno si aprirono, la gente in attesa, attenta a sgomitare con eleganza, cercò di guadagnare l’entrata. Anche il ragazzo salì, solo, assente, estraneo a quanto gli scivolava vicino.

“e mentre marciavi con l’anima in spalle
 vedesti un uomo infondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore…”

Tornato nella tendopoli, raccontai ai miei amici profughi del ragazzo, senza attirare l’attenzione di nessuno.



1998, stazione di Ravenna. Avevo finalmente rinnovato il permesso di soggiorno e tornavo a casa contento. Dopo aver comprato il giornale, entrai nella sala d’attesa, presi posto e cominciai a leggere. La porta automatica si aprì e due agenti della polizia ferroviaria chiesero ai presenti di esibire i biglietti. Tutti lo mostrammo fieri e compiaciuti.. Un ragazzo piegato su se stesso, accanto al quale nessuno aveva voluto occupare i due soli posti liberi, non rispose. Si alzò a fatica e barcollando uscì mentre noi ricambiavamo il saluto degli agenti.

“Sparagli Piero, sparagli ora
 e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue…”



2002, Milano, S. Vittore. Un ragazzo veniva trascinato da due compagni al pronto soccorso. Non dava segni di vita e ognuno di noi pensò che non sarebbe tornato. Lorenzo invece, smentendo le previsioni, ricomparve.  Gli erano state aumentate le gocce di metadone e di valium e, quando fu il momento, uscì dal carcere con i suoi piedi telecomandati, un passo dopo l’altro.

Nessuno di noi gioì quando lo liberarono, nessuno aveva brindato quando era tornato vivo.

“e se gli spari in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere li occhi di un uomo che muore…”



2004, Milano, Giornale Metro. Lorenzo ce l’aveva fatta, l’ultimo tentativo di suicidio era riuscito.

“Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
 ma sono mille papaveri rossi…”

La guerra di Piero Altri testi