A Beautiful mind

Tiziana Croccolo

2001

La storia di John Nash, premio Nobel nel '94 per l'Economia, viene narrata a partire dal suo ingresso nell'Università di Princeton, nel 1947. E' appena terminata la seconda Guerra Mondiale; "I matematici hanno vinto la guerra", dice nella prima scena del film un docente agli allievi; e lancia loro una sfida, la prima di questo film: "Chi di voi sarà il prossimo Einstein?". Sembra proprio che John abbia deciso di raccogliere questa sfida, entrando in competizione da subito con i suoi compagni, che lo deridono e lo emarginano, consapevoli e gelosi del fatto che John volesse vincere questa sfida a tutti i costi.

"Il fardello del genio…lui deve avere tutto per sé, è abituato ad essere unico" gli dicono sbeffeggiandolo i suoi coetanei. John fatica a reagire agli attacchi, ma lo fa con gli unici strumenti che possiede per comunicare: le formule matematiche: "Ci sarà una formula matematica per la bruttezza della tua cravatta, è tua abitudine far male i calcoli". Ci appare come il più debole, mentre si isola completamente nella sua stanza, tra le sue formule e i suoi numeri, le uniche a parlare un linguaggio che non ferisce il suo animo sensibile.

Appare Charles, "il prodigo compagno di stanza" come si definisce presentandosi. "Sono di nuovo quasi umano, sono arrivato ieri sera" dice, "Tu non ti fai distrarre, vero? Se non riusciamo a rompere il ghiaccio, perché non lo affoghiamo? Ti trovi forse più a tuo agio coi numeri che con le persone?"

John inizia ad aprirsi pur mantenendo le sue difese. Gli confida che sente il bisogno di guardare oltre, che trova i libri estremamente noiosi, per poveri mortali, e che le lezioni distruggono i potenziali creativi. Gli confida la sua solitudine, dovuta al fatto che lui non piace alla gente e viceversa. Questo gli crea una profonda ferita, un vuoto che può essere colmato solo da qualcosa di strabiliante. "Ho bisogno di diventare importante!" confida al primo compagno che gli rivolge la parola per conoscerlo e non per sfidarlo.

Intanto i suoi rapporti sociali all'interno del Campus continuano a deteriorarsi. A complicare la situazione è la Borsa di Studio che verrà vinta da chi riuscirà a fare una tesina innovativa. Questo aumenta la gelosia dei compagni, e allo stesso tempo aumenta le aspettative onnipotenti di John. Lui vuole vincerla, vuole vincere la sfida perché è l'unica possibilità che ha per dimostrare a tutti che dietro quell'aspetto timido, impacciato, c'è una persona viva.

Allo stesso tempo ha paura. Ha paura di non essere all'altezza, ha paura di mettersi in gioco, di rischiare, di sfidare. Dice "Nel compito competitivo qualcuno perde sempre. Se trovassi un equilibrio per cui nessuno perde…le probabilità di successo ad ogni tentativo aumenterebbero drammaticamente". Nella realtà, però, le risorse di John sono bloccate, John ha paura di fallire.

Charles, l'unico amico, gli dice che la soluzione non è continuare a guardare il muro, ma la soluzione è fuori, e glielo dice buttando giù dalla finestra della sua camera e della sua dolorosa solitudine la scrivania con i mille fogli sopra sparsi. Questo gesto forte scuote l'animo del protagonista. Fino a quel momento egli aveva cercato nel movimento dei piccioni la scoperta per ottenere il successo. Ma finché si lasciava affondare dalle sue aspettative onnipotenti, la sua mente rimaneva paralizzata. Il gesto di Charles sembra aprire a John Nash il futuro, seppellendo il passato.

E da una serata al pub con i compagni, nasce l'idea geniale, innovativa, trasformativa. Quando meno se lo aspetta, elabora la teoria che lo avrebbe portato a vincere il Nobel. L'ispirazione non gli viene da fuori, dai dati oggettivi come il movimento dei piccioni quando mangiano, o dei giocatori di pallone. La sua mente elabora la geniale teoria da una paura interna. La paura di una ennesima frustrazione che non sarebbe riuscito a gestire e tollerare. Quando in birreria entra una bellissima ragazza, lui pensa che se tutti ci provassero con lei si bloccherebbero a vicenda. Oltretutto, poi non potrebbero neanche provarci con le sue amiche, alle quali non piacerebbe venire corteggiate come un ripiego. Ma se nessuno ci provasse con la bionda, allora non sarebbero rifiutati dalle amiche di lei. Mette così in discussione la teoria di Adam Smith, secondo il quale il miglior risultato si ottiene quando ogni componente di un gruppo fa qualcosa per se stesso. John lo contesta, dicendo che il miglior risultato si ottiene quando ogni componente di un gruppo fa qualcosa per sé e per il gruppo. "Con questa scoperta otterrai qualsiasi collocamento desideri" gli dice il suo insegnante.

John vince la sfida, ottiene ciò che voleva: andare al Campus Mit, ma non ci va da solo. Si impone perché con lui vadano due suoi amici. Quella che a lui sembrava una banalità, nata da un pensiero al pub, era stata la svolta della sua vita, gli aveva consentito di raggiungere gli obiettivi che si era prefisso, a beneficio non soltanto suo, ma anche di due suoi compagni. E' a loro che comunica orgoglioso di avere ricevuto due chiamate dal Pentagono, dal quale ha ottenuto il compito di decodificare dei messaggi segreti cifrati. Forse John cercava un linguaggio comune con il quale far dialogare pezzi del proprio Sé. Inizia ad apparire sulle copertine dei giornali, ad insegnare. Entra in classe chiamando i suoi allievi "Giovani, avide menti di domani…il vostro benessere viene dopo il mio" dice, "questo corso è una perdita di tempo per voi, ma cosa ancor più grave, per me! Per ogni problema posto ci sono molte soluzioni".

John non è più il ragazzo timido che avevamo conosciuto all'inizio del film; ora sicuro di sé, quasi sprezzante degli altri da cui inizialmente era dipendente; appare profondamente narcisista e cinico. Forse per colpa del suo lavoro, dal momento che le sue missioni sono segrete e pericolose, e che i servizi segreti lo hanno incaricato di individuare attraverso i giornali, il codice attraverso il quale i russi comunicano tra di loro, in preparazione di un attacco mondiale. Così vediamo il protagonista stracciare articoli, ricomporli, decodificarli, e portare il suo lavoro in un luogo segreto, inquietante e buio.

Sembra quasi che John, incollando articoli, tenti di riunificare parti di sé scisse e scollegate. Nel frattempo conosce una sua studentessa, Alicia, molto carina e intelligente, che non vedendolo a lezione lo cerca nel suo ufficio, trovandolo immerso tra i giornali, nel tentativo di decifrare messaggi segreti e persecutori. Lei era l'unica allieva della classe ad avere raccolto la sua sfida di risolvere un esercizio difficilissimo. Non vince la sfida onnipotente di John, ma riesce a farsi invitare fuori a cena, e si stabilisce tra loro una tenera complicità, che si trasformerà in amore. Lei afferma che Dio dev'essere un pittore, a giudicare dai colori che usa. Per questo per il suo compleanno riceve da John un cristallo rinfrangente che fa vedere ogni colore possibile. Alicia gli dice: "Come fai a sapere che l'universo è infinito? Ci credi e basta, perché non puoi provarlo empiricamente. Lo stesso è per l'amore. Ci credi e basta".

La sua studentessa diventa sua moglie. Lei ha saputo ascoltarlo, ha imparato a giocarci insieme, a leggere il suo linguaggio, a capire che dietro un'apparente impassibilità, si nascondeva un animo ricco di sentimenti. Lei ha saputo amarlo per quello che era, non per quello che faceva. Lei non usava le sue debolezze per attaccarlo, lei aveva letto il codice del suo animo e del suo cuore, senza usarlo per ferirlo.

Nel frattempo John conosce la nipotina di Charles, stabilitasi dallo zio perché rimasta orfana della mamma, morta in un incidente. Assistiamo ad un nuovo cambiamento del protagonista. Durante una delle sue consegne segrete viene inseguito; tentano di ucciderlo, come se l'amore avesse messo in pericolo tutto il suo mondo, il suo lavoro. Quando entra in classe appare spaventato, terrorizzato, si tiene stretta la sua cartella come uno scolaretto ai primi giorni di scuola. Non è più l'insegnante spavaldo e narcisista; è un uomo schiacciato dalle sue paure. Proprio quando trova l'amore sicuro, si frantumano le sue certezze. Alicia aspetta un bambino, ma questo figlio non è atteso serenamente, perché lui si sente perseguitato, e ha il terrore che i nemici possano minacciare lei e il loro bambino.

John sembra un bambino impaurito. Quando partecipa ad un congresso all'Università di Harward incontra Charles e la nipotina, e comunica loro di essersi ficcato in un pasticcio. Mentre tiene il discorso si vede circondato dai nemici, e scappa. Lo ferma il dott. Rosen, psichiatra. John viene portato via. E' schizofrenico.

E' solo a quel punto che realizziamo che Charles, la sua nipotina, le chiamate dal Pentagono e dai servizi segreti, non sono mai esistiti. Siamo cascati tutti nella realtà dei suoi deliri. Non solo noi spettatori, persino la moglie, la persona a lui più vicina. Anche lei aveva creduto nell'esistenza di Charles, compagno di stanza dell'università che in effetti non aveva però mai conosciuto. Ci siamo cascati tutti nelle allucinazioni di John, come se il confine tra realtà ed illusione non solo fosse labile, ma inesistente. Non poteva sopportare la solitudine, ed il suo desiderio di compagnia ha dato vita ad un personaggio che sembrava reale fino a che non lo abbiamo visto comparire vicino allo psichiatra. Alicia non si era mai resa conto della malattia del marito, che era stato bravissimo ad ingannare tutti.

Le sue frustrazioni, il suo desiderio di onnipotenza avevano creato situazioni e personaggi che gli rendessero più sopportabile la realtà. Quando instaura una vera relazione oggettuale, il suo mondo inventato diventa persecutorio. Alicia, insieme a noi spettatori, si rende conto che faceva tutto parte di un delirio mentale solo quando entra nell'ufficio del marito e vi trova le pareti completamente tappezzate da fogli di giornali incollati e legati da segni.

Il suo conflitto interno tra senso di annichilimento e desiderio onnipotente ha dato vita a parti di sé antitetiche, difficili da integrare tra di loro, che si sono proiettate in figure consolatorie. John viene ricoverato in un ospedale psichiatrico e imbottito di farmaci. Si sente sempre più perseguitato dai russi, che secondo lui lo ritengono troppo importante per farlo fuori.

 

Dopo un tentativo autolesionistico, attraverso il quale John vuol dimostrare a se stesso di essere ancora in grado di sentire, gli viene praticato l'elettroshock, cinque volte la settimana per dieci settimane. Questo metodo, usato anni fa, si basava sull'idea che provocando convulsioni, simulando attacchi epilettici, le problematiche della mente svanissero. Il dolore più grosso per uno schizofrenico è il capire che le persone a cui sei maggiormente legato non sono morte o sparite, ma mai esistite! Quello che torna a casa è ancora un altro John, un altro pezzo della sua personalità scissa in tanti sé per i quali è impossibile convivere insieme. I farmaci imbrigliano l'aggressività senza trasformarla. John viene imbottito di farmaci che inaridiscono la sua creatività, che lo rendono un uomo impotente, un automa incapace di esprimersi, di farsi sentire.

Torna a Princeton, nei luoghi della sua giovinezza. "Se li stupisco li costringerò a reintegrarmi, ma è difficile con le medicine" dice John, la cui onnipotenza non si è dileguata del tutto. Non bastano le medicine a curarlo e a far sparire i fantasmi. Alicia usa la strada del cuore. Lo riporta nell'ambito della sua università per dare continuità a quel sé frantumato. Alicia con grande forza e coraggio va a lavorare per mantenere il marito ed il figlio, e tenta di riportare il marito sul piano della realtà con gesti di quotidianità, come il fargli portare fuori la spazzatura.

Sembra tutto funzionare per il meglio, finchè John non rimane solo con suo figlio e mette a repentaglio la sua vita lasciandolo incustodito nella vasca da bagno sotto l'acqua gelida. Alicia entra nel garage e lo ritrova tappezzato di giornali e di segni, come era apparso il suo ufficio prima del ricovero ospedaliero. Anche questa volta non si era accorta di niente. Solo quando vede il bimbo sul punto di morire capisce che la malattia del marito era pericolosa, e capisce che la cura non è bastata. Capisce anche che da sola non ce la può fare. Disperata va via di casa, insieme al figlio. E' allora che John si rende conto che i suoi fantasmi non sono reali. Nel momento in cui sta per perdere l'amore gli viene in mente che la nipotina di Charles non è mai cresciuta negli anni, e quindi non può essere reale.

Forse la strada del cuore è davvero l'unica strada possibile per la guarigione. John torna al Campus con la consapevolezza dei suoi limiti, che presuppone l'abbassamento delle sue aspettative onnipotenti. Va a chiedere di poter frequentare il campus, perché nei luoghi del suo passato possa ritrovare se stesso. Quando incontra i suoi fantasmi urla loro che non esistono, che non sono reali. Anche se ha bisogno di loro, li sfida, sfidando se stesso. Ha la forza di farlo adesso che sua moglie gli ha dato un'altra possibilità. L'amore gli dà la forza di combattere e arginare i suoi deliri, di convivere con loro senza che questi spadroneggino incontrastati nella sua vita.

Se in una prima fase, la crescita del rapporto d'amore, ha causato le proteste e l'inasprimento delle parti narcisistiche che si appoggiano su Charles per rifiutare la realtà; l'evoluzione della storia ci fa vedere come sarà ancora l'amore ad alimentare in Nash il desiderio e la fiducia di poter fare a meno delle illusioni di onnipotenza che gli offrono le figure immaginarie di Charles e della sua nipotina. L'amore, poco a poco, incrina la certezza dei suoi deliri.

Riparte da zero con umiltà, riconquistando la fiducia di chi non aveva mai smesso di amarlo. Ritorna ad andare a scuola, come suo figlio ormai cresciuto. Alicia tenta di riportarlo nella realtà attraverso le sue carezze, il suo calore, sapendo che il cuore riconosce la realtà dal sogno, e che solo parlando al cuore di suo marito poteva contenere i suoi deliri.

John inizia ad ignorare i suoi personaggi illusori, che non vorrebbero accettare di perderlo e che diventano persecutori quando capiscono che John non ha più intenzione di tenerli in vita. D'altronde era stata la sua solitudine a crearli, il suo desiderio di emergere, ed ora non c'era più ragione perché esistessero. John torna ad insegnare, con umiltà ed amore, abbassando il suo narcisismo e limitando il suo desiderio di onnipotenza. Quando riceve il Nobel per l'Economia, nel '94, ormai anziano, pronuncia questo discorso: "E' solo nelle misteriose equazioni dell'amore che esiste una logica. Se sono qui stasera è solo grazie a te, Alicia. Sei la ragione per cui esisto. Sei tutte le mie ragioni".

L'amore è così riuscito ad unificare le parti scisse del suo Sé, a dargli la forza di affrontare e di lottare contro i suoi fantasmi, contro la sua malattia. Una malattia contro la quale non bastano i farmaci, e neanche l'elettroshock. John inizia a guarire quando si abbassano le sue aspettative onnipotenti, quando il suo desiderio di emergere a tutti i costi lascia il suo dominio per dar spazio ad una vita più normale, se vogliamo banale. John ricompone i pezzi del suo sé frammentato attraverso l'unico elemento in grado di riunificarli: l'affetto e l'amore di sua moglie, che non aveva mai smesso di credere in lui.

Solo attraverso il contatto con il suo passato John riesce a dare continuità al suo Sé. La schizofrenia ci è presentata come una malattia subdola, della cui esistenza spesso non ci si accorge. Noi spettatori rimaniamo increduli di fronte alla consapevolezza che ciò che vedevamo era solo illusione, come se realtà e fantasia si confondessero non solo nel delirio sofferto dello schizofrenico, ma anche nella nostra mente. Come se normalità e follia viaggiassero sullo stesso binario non solo nella storia di John, ma anche nella nostra vita. Sembra quasi di capire che l'adattamento alla realtà sia di per sé depauperante. Come se la follia fosse quella di credere che ciò che vediamo è reale.

Spesso le menti geniali manifestano follia, come se genialità e follia fossero intrinsecamente legate. Ma qual è il passo precedente? Si diventa folli perché si è geniali o viceversa? Qual è l'elemento di connessione? Sicuramente altre biografie ci mostrano che qualche elemento in comune ci sia. Una mente geniale vede solitamente più in là dei suoi contemporanei, e per questo non viene quasi mai compresa. La solitudine profonda che vive lo costringe a rinchiudersi in un mondo il cui accesso è vietato a tutti. Il senso di alienazione rende più problematico l'inserimento sociale, poiché non si è trovato un codice comune per comunicare.

L'unico codice di accesso all'animo dello schizofrenico è quello dell'amore, poiché ogni accesso cognitivo è negato. Attraverso l'amore ci si rende conto che la felicità non deriva dall'essere importanti per la massa, ma dall'essere insostituibili per qualcuno, qualcuno che ti dia l'idea che valga la pena vivere, esserci. Qualcuno che ti ami anche con i tuoi limiti. Qualcuno che ti rimanga vicino quando tutti ti hanno abbandonato. Qualcuno che non smetta mai di credere in te. John ha la fortuna di avere trovato nella sua allieva l'amore vero, quello grazie al quale si superano tutti gli ostacoli e le malattie. L'amore trasforma e guarisce più di ogni altra terapia.

Cento anni fa esisteva un luogo dove delinquenti, pazzi, malati venivano rinchiusi tutti insieme. Oggi dopo tanto tempo, abbiamo separato i detenuti dai pazzi, ma non è cambiato nulla in fin dei conti: sbarre alle finestre per i primi in carcere, sbarre alle finestre per i secondi nei reparti psichiatrici. Farmaci per tutti, perché l'unico scopo è quello di dimenticarci che esistano. L'amore e la fantasia hanno il potere di rompere queste sbarre e di far sì che si possa recuperare la propria dignità di essere umani. Non dimentichiamoci che siamo tutti uomini, e che dietro ogni uomo c'è una sofferenza che va per lo meno rispettata, se proprio non si riesce ad amarla.

 

   
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