Dialogo/concerto al G. Riva di Saronno

Livia Nascimben

  19-05-2008
 

DIALOGO E COMUNICAZIONE
NELLA REALTA’ DEL CARCERE

“Il piacere della responsabilità”

DIALOGO – CONCERTO

Studenti, insegnanti, membri del Gruppo della Trasgressione e figure istituzionali cercano insieme spunti di riflessione e domande da porsi per svolgere ognuno al meglio il proprio ruolo. Le domande e le riflessioni seguono un percorso che si serve delle storie dei personaggi imperfetti di Fabrizio De Andrè.

 

 

Una storia sbagliata può servirci da cestino, per disfarci di ciò che è nostro e che, dentro di noi, non vogliamo accettare o da specchio, per riconoscere le spinte problematiche che si agitano dentro di noi e con cui abbiamo bisogno di imparare a comunicare (Aparo, coordinatore del gruppo).

Vito, detenuto e membro del Gruppo della Trasgressione, racconta la sua storia e il guadagno che ha ottenuto ad attraversarla insieme agli studenti e ai detenuti del gruppo.

Qual è la direzione
nessuno me lo imparò
Qual è il mio vero nome

ancora non lo so

L’amore delle case
l’amore bianco vestito
io non l’ho mai saputo
e non l’ho mai tradito

(Canto del servo pastore, Fabrizio De Andrè)

 

 

 

Vito racconta di come sia giunto al reato attraverso tante piccole scelte: “Non sono diventato rapinatore in un giorno, lo sono diventato nel tempo, come poi nel tempo e dopo molte piccole scelte sono diventato uno studente universitario. Con il denaro rubato mi dicevo che avrei potuto dare una vita migliore alle mie figlie, invece le ho tradite privandole della mia presenza. Cercavo un segno di approvazione da parte di mio padre, il suo riconoscimento, non trovandolo l’ho cercato altrove, per la strada, compiendo piccole trasgressioni che sono poi diventate rapine in banca”.

Livia, membro del Gruppo della Trasgressione, parla del guadagno del confronto con i detenuti e racconta di come le rapine possano compiersi anche tra le mura domestiche a discapito di se stessi: “Ho sempre creduto di non avere parentele con i rapinatori, invece ho scoperto di avere molto in comune: l’avere rubato chili di cibo dalla dispensa di casa mia tentando di riempire un vuoto, cercando di riappropriarmi del potere di incidere sulla realtà, così come Vito ha fatto con la pistola in mano”.

Quale silenzio ci confonderà
quale assassino senza nome
ci sentivamo invincibili
ci sentivamo così

Quale padrone ci tiene lontani
quale assassino senza nome
ci sentivamo invincibili
ci sentivamo così

(Invincibili, Cristiano De Andrè)

Quali sono i nostri sogni? Quali sogni coltivano gli adolescenti? Quali obiettivi hanno oggi i loro insegnanti? E quali sogni avevano quando erano adolescenti?

 

 

Son d'accordo con voi
niente ladri e gendarmi
ma che razza di isola è?
Niente odio né violenza
né soldati né armi
forse è proprio l'isola
che non c'è... che non c'è.

E ti prendono in giro
se continui a cercarla
ma non darti per vinto perché
chi ci ha già rinunciato
e ti ride alle spalle
forse è ancora più pazzo di te

(L’isola che non c’è, Edoardo Bennato)

Sia gli alunni che gli insegnanti faticano a rispondere alla domanda. Aparo sottolinea che è necessario trovare le parole: “Occorrono parole, senza le parole nascono le guerre”.

E mentre marciavi con l'anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore.

Sparagli Piero, sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue.

(La guerra di Piero, Fabrizio De Andrè)

Quando ci siamo sentiti traditi dagli adulti di riferimento?

Soltanto uno studente tra i tanti presenti, Gianluca, ha il coraggio di esporsi: “Mi sono sentito tradito quando non mi è stato riconosciuto un mio merito”.

 

 

Patrizia Canavesi, un’insegnante, parla della difficoltà nel coinvolgere i suoi alunni: “Insegno educazione fisica e ciò che voglio fare è giocare. Gli studenti credono che la libertà sia fare ognuno ciò che gli passa per la testa e non sono capaci di divertirsi insieme in un gioco. Mi piacerebbe che si potesse riscoprire il piacere di giocare assieme”.

 

 

Quanti sogni la mia gioventù ha inseguito
dal potere dei soldi
all'illusione dell’invincibilità
ma quello era il tempo in cui dovevo
riconoscere che ero limitato.

Quanti sogni dimenticati
quanti sogni lasciati al vento
quanti sogni ancora aperti
in fondo al cuore.

(Quanti sogni, Vito)

Cosa può chiedere lo studente all’insegnante perché questi svolga bene la propria funzione? Di cosa ha bisogno lo studente/adolescente? E cosa può chiedere l’insegnante allo studente per accompagnarlo e sostenerlo mentre cerca la sua strada?

Chi viene invitato a rispondere, o meglio a cercare la propria domanda, si tira indietro: è difficile, compromettente; lo è per gli studenti ma anche per gli adulti presenti.

Virginia, membro del Gruppo della Trasgressione da un giorno, dice cosa sta cercando lei: “Cerco uno spazio che mi consenta di potere guardare la realtà che mi circonda da un punto di vista diverso dal mio”.

 

 

Francesco, detenuto e membro del gruppo, racconta di come si stia servendo del lavoro comune. Parla agli alunni presenti e negli occhi ha i suoi figli: “Io non ho studiato e prima di incontrare il gruppo parlavo poco, ho conosciuto molte persone e mi sono affezionato e ho cominciato a scoprire tante cose. Se potete parlate, suonate la chitarra, ridete”.

Quello che non ho è la possibilità
di accompagnare i nostri bambini a scuola
ascoltare la loro voce, i loro pianti,
i capricci, i sorrisi, i dubbi.

Quello che ho adesso
è la voglia di vivere, di ascoltare
e di ricominciare con gli strumenti
che in questi anni ho acquisito.

(Quello che non ho, Enzo, detenuto e membro del Gruppo della Trasgressione)

Quali sono le condizioni utili affinché l’identità di una persona possa svilupparsi in modo articolato e in sintonia con gli altri?

Silvia, membro del Gruppo della Trasgressione, dà la sua risposta. Il suo intervento non lo ricordo, ciò che mi è rimasto impresso sono le emozioni nelle sue parole, il tentativo di comunicare agli studenti, attraverso il racconto della sua esperienza, quanto sia maggiormente arricchente cercare il confronto con l’adulto invece che sfidarlo.

 

 

Il procuratore, dott. Dettori, ringrazia per l’invito e parla a Vito di sé: “Anche io da bambino ho rubato: le caramelle in un negozio, ma poi mia madre me le ha fatte restituire, e sono stato più fortunato di te. Ho sempre avuto un sogno, fare lo scrittore ma non sono riuscito a realizzarlo, la tua poesia invece è stata pubblicata”.

 

 

 

Io da adolescente avevo un sogno: urlare al mondo la mia esistenza, urlare che Livia c’era, desiderava e voleva vivere. Cioè l’esatto contrario di quello che riuscivo ad essere. Non solo non ho urlato, ma non mi sono nemmeno fatta sentire con un filo di voce, ho soffocato molte parole, spesso di rabbia, per non intaccare l’immagine di brava ragazza che mi ero costruita. Poi ho trovato qualcuno più arrabbiato di me ma con la voglia di divertirsi e mi sono appassionata al gioco, ho scoperto che parlare fa emozionare e mentre ti emozioni ti senti vivo, qualunque colore abbia l’emozione.

E’ importante che anche gli adulti si espongano al rischio di fare discorsi imperfetti. Se un gruppo di adolescenti cerca di trovare domande da porre e di recuperare i propri sogni, l’adulto chiamato a partecipare non può sottrarsi o perde di credibilità. L’adolescente ha bisogno di sentire che l’adulto cerca e si emoziona insieme a lui.

 

 

Infine, grazie a chi ha contribuito alla giornata, al preside Di Corato che ci ha invitati nella sua scuola, a Dorotea Guzzetti, insegnante, che ci ha proposto di collaborare, agli studenti rumorosamente presenti e, del gruppo, grazie anche a Giulia che è stata al computer, Alessandro al mixer, Ippolito alla chitarra, Giovanni al contrabbasso.

 

 

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