Tic toc

Silvia Casanova

04-06-2010  

Tic toc, tic toc arriva sommesso il rumor della luna,

toc toc, toc toc se apri la porta attraversi la cruna.

Tu guardami pure senza berretto, sotto le righe della persiana, sappi che anch’io voglio vedere chi prenderò dalla sua tana.

Sento i passetti dietro alla soglia, ma nulla accade che Zeus non lo voglia.

Pensa che io domandai un asinello, un piccolo orto accanto a un ruscello e invece son qui, vestito di nero, sulle mie spalle ho lo sguardo severo di chi come te non ci trova ragione a lasciare all’Olimpo ogni gran decisione.

Non volli volare vestito di piume e non posso nemmeno sciacquarmi giù al fiume, non riesco a sfiorare la tua libertà, neppure posseggo la vitalità!

Il concetto non rende per te che misuri, arrostisci il cervello per aver quel che duri, ma io ti assicuro, di tutto farei per toglier lo scettro a ciascun degli dei e per guadagnarmi metà del tuo arbitrio, metà di tua moglie, con tutte le doglie, che mentre nasceva, sia Glauco che Alno, tu sol te ne stavi pensoso a Corinto, che a detta di molti è una bella città, ma dimmi mortale, chi te lo fa fa’?

Il mio fratellastro, il cui nome è Momo, sfidò con asprezza “il nostro bell’uomo”, tu forse non sai che si disse di là, cacciato lui fu senza alcuna pietà.

E io, che non posso udir le preghiere, ho il cuore di ferro, le dita son ghiere, dentate e aguzze forgiate da Notte, che non ha voluto la mano di un dio per schiudere al mondo il ruolo che è mio. Tu dimmi che vita invidiasti agli dei, cocciuti, tiranni, sì come i plebei?

Adesso ti chiedo di aprire quest’uscio, finir la mia parte, tornare nel guscio, che fu proprio Ade a creare per me, un monolocale al numero tre.

Sia Ade che Zeus, il destin degli umani, si giocano cinici a carte, in tre mani.

E’ solo alla fine di questa partita che spiego le ali e mi prendo la vita di chi come te non mi apre la porta, oh Sisifo su, dai facciamola corta, non scelsi per te il tuo amaro destino sei tu che sfidasti il sommo “divino”!

Hai un solo minuto, fai svelto un saluto, non posso indugiare o con te contrattare, lavoro ogni giorno da buon pendolare e a me non si chiede nemmen di pensare, soltanto la strada non debbo sbagliare.