Magma

Enzo Martino

19-07-2005  

 

Quante opportunità buttate al vento, con la consapevolezza di sbagliare per farmi del male, per punire immagini del mio passato. Per uccidere me stesso.

Sentirsi bene nel dolore interiore, quel dolore che mi fa sentire appagato e sapere poi che quelle immagini soffrono con me, rende la mia esistenza meno angosciata. E dopo averle colpite per mantenermi vivo, cerco di fare più male possibile, sapendo di poter continuare a rifarlo all’infinito.

Posso provare a paragonare questo piacere al far l’amore con la persona che amo, di cui non posso fare a meno e con la quale condivido la vita. Tutto questo è appagante e sublime. Quel sentimento di infliggermi e infliggere del dolore, invece, un’esclusiva tutta mia che condividevo solamente con quelle immagini maledette che fanno parte della mia esistenza. E se sono maledette loro, lo sono anche io.

Fermarsi ai bordi dei binari mentre passa il treno, starmene seduto sul tetto dell’auto ad ascoltare musica a tutto volume, vederlo scorrere veloce mentre bevo una birra e le luci che ti accecano, quel treno che porta via i miei fantasmi. E io non voglio.

Voglio che rimangano con me, sono una parte della mia vita con cui faccio a botte tutti i giorni, sono lo sfogo del mio dolore e del mio passato. Nella mente il pensiero è quello di volermi scontrare con il treno per fermare quello che è mio; quei fantasmi mi servono per combattere me stesso per continuare ad uccidermi, facendomi dopo sentire bene.

Fantasmi che vedo attraversare e scorrere veloci sulle rotaie, ho bisogno di far uscire un urlo per richiamarli a me, li sento salire alla gola come il magma che fuoriesce dalla bocca del vulcano. Sale su incandescente, è un maledetto magma. Con la sensazione che comincio a provare, ora sto male, sputare fuori il male mi viene difficile e assai meglio ricompattarlo, sezionarlo e fare che rimanga in basso, dove lo posso controllare, e usare per continuare a godere.

Scaglio la bottiglia di birra contro quei vagoni e i loro passeggeri, per cercare di farmi vedere. La bottiglia non si rompe e mi rimbalza contro, mi ferisce ed esce del sangue dalla testa. Il viso è tutto coperto di sangue, lo sento scorrere caldo, mi bagna la camicia, esce copioso; sgorga a fiotti e comincio a sentirmi bene, il suo calore è come una coperta di lana.

I vagoni scorrono velocissimi, li guardo insensibile, la vista comincia a mancarmi, sento la debolezza nelle gambe, credo di morire. I sensi non reagiscono, insieme al sangue scendono le lacrime, poi chiudo gli occhi e sogno.

Sogno di quando ero bambino, la scuola, i compagni, ricordo i loro visi, ma non i nomi, alcuni di loro non ci sono più, e in fondo penso di essere stato fortunato. Ascolto il treno in lontananza, i binari si scuotono pesantemente nel posto dove sono io, in quel punto i binari sono avvitati uno con l’altro, per poi deviare per altre direzioni.

Quel rumore pesante, assordante mi spacca i timpani e mi tiene sveglio e questo non lo voglio, desidero solo dormire e ricordare per non morire. Sento il bisogno di fare i conti con me stesso e con le immagini di tutto quello che mi ha ucciso fino ad oggi, e non continuare a darmi più degli alibi. Lasciare andar via i fantasmi che per tanto tempo mi hanno seguito uccidendomi mi costa fatica, ma da oggi intendo ricominciare a vivere.

Credo che nella vita serva fare i conti con quello che rappresenta la morte interiore, che contribuisce solo a farci stare bene in maniera subdola. Nel momento in cui si capisce quanto sia importante il ritorno alla vita, solo allora si smette di aver bisogno di scagliare bottiglie contro i treni in corsa. Le scelte sbagliate del passato non possono essere cambiate, ma si possono fare scelte utili per se stessi e, non di meno, per gli altri.