Il volto del cavaliere

Enzo Martino

29-06-2004  

Ho sognato di essere in sella su un cavallo. Ero seduto sopra con fierezza. Le briglie le tenevo ben strette. Era un cavallo di colore nero. Ho sognato che sfoggiavo un’armatura scintillante, ero la fierezza in persona. Sentivo dentro di avere tutte le facoltà per non farmi disarcionare. Era una piacevole sensazione. Era una bella giornata di primavera. Immagino l’inizio di primavera. Andavo in giro per i campi verdi e il profumo dei mandorli appena fioriti m’inebriava. Ero felice. Potevo desiderare di più? Avevo un cavallo tutto per me, e la libertà di andarmene a zonzo. Chi può desiderare di più? Sognavo.

Nel sonno evidentemente sudavo. Stanco di andare in giro mi fermai per riposarmi e per fare bere il cavallo. Mi accostai al lato di un piccolo ruscello. Scesi con calma da cavallo; tolsi la sella e lasciai che anche lui avesse il suo meritato riposo. Ero chinato a bere e vedevo riflesso il mio viso.

Il mio viso non era il mio, ma di un giovane bello con lunghi capelli che scendevano fino quasi a sfiorare l’acqua. Mi sentii turbato. Andai a sedermi sotto un albero di mandorlo fiorito, a riflettere. Posata tutta l’armatura vicino, mi accorsi di non avere una spada, perché? Mi domandai. Avevo solo uno scudo dove i raggi del sole s’infrangevano. Lo scudo poggiato su un ramo dell’albero mi faceva riparare dai raggi del sole ed era messo lì a modo per farmi ombra. Riflettevo sul viso che non riconoscevo mio, di chi era dunque?

Il cavallo dopo un po’ se n’andò via senza una ragione, non mi preoccupai. D’altronde perché dovrebbe andarsene? Non l’ho mai trattato male, gli ho dato sempre la sua parte di biada, perché dovrebbe abbandonarmi? Il tempo trascorreva lento e si vedevano volare gli uccelli, alcuni venivano a posarsi sul mandorlo dove riposavo. Sembrava non avessero timore di una mia reazione, mi osservavano.

Tornato a bere vicino al ruscello, vidi schizzare via un grosso pesce, decisi che sarebbe stato il mio pranzo. Dopo svariati tentativi riusci a prenderlo e cucinarlo. Intento a cucinare sentì un fruscio dietro di me; pensai fosse il cavallo. Non era però il cavallo.

Una bellissima donna si avvicinò; sembrava una dea, bella troppo bella per i miei occhi. Si sedette vicino e mi cinse le spalle con le braccia bianche e con le mani affusolate mi accarezzò il viso. Mi sentii perso, confuso, cosa stava accadendo? Mi chiese con una voce indefinita se desideravo dividere il pesce con lei. Il sorriso accattivante e i suoi occhi, mi fecero dire di sì.

Dopo aver pranzato, parlammo di noi, di lei e del suo passato e della nostra vita; era scappata da una situazione di soprusi, dove suo marito la maltrattava. Non riuscivo a capire chi poteva esercitare un potere violento su una donna. In questo caso una bellissima donna. Più lei raccontava e più io montavo di rabbia, volevo difendere una sconosciuta. Di che natura è l’uomo? Basta un sorriso e una voce provocante per far si che un uomo sia alla mercé della donna? L’uomo è per natura affascinato dalla conquista e per questo motivo si trova di solito in situazioni difficili. La donna è madre generatrice ed esercita del potere sull’uomo.

Il cavallo dopo poco tornò. Era visibilmente eccitato, forse anche lui aveva incontrato nel suo peregrinare una cavalla. Mi vestii lasciando l’armatura per terra e montammo entrambi sopra il cavallo, e mentre galoppavamo, lei mi abbracciò, sentii perdere il controllo delle redini. Mi capitava per la prima volta. Ero oramai innamorato di lei, quello che mi aveva raccontato mi stava bene, mi fidavo, per la prima volta.

Non so se ho raccontato puntualmente tutti i particolari, ma quelli salienti sicuramente sì.