Il cuore di Gimler

Eric Bozzato

29-06-2004  

C’era una volta…

in un paese lontano un bimbo la cui età nessuno conosceva. Il suo nome era Gimler, guerriero dell’ignoto, questa la carica conferitagli dal destino. I saggi del paese lo guardavano con un sorriso ironico ogni volta che egli si presentava davanti a loro con una nuova domanda. Nessuno nel paese conosceva la vera provenienza di Gimler; nessuna donna era sua madre e nessun uomo era suo padre.

La leggenda narra che la maga del paese, Maga Malù, durante uno dei suoi esperimenti, bevve una pozione rosso sangue, la pozione della verità: il suo cuore e la sua mente, attraverso la pozione, viaggiarono per tutto l’universo e videro la provenienza ed il perché di ogni singola cosa materiale e non. Durante tutto il viaggio un piccolo folletto l’accompagnò facendole compagnia e, al suo risveglio, il volto di quel folletto era materializzato lì, dinnanzi ai suoi occhi, nella piccola casina di legno, era Gimler.

La maga non ricordava assolutamente nulla di tutto ciò che aveva visto nel suo viaggio nell’universo, era il prezzo che aveva dovuto pagare per potere fare ritorno alla sua vita terrena; infatti, i padroni dei tempi che governavano nel luogo della verità le avevano detto che adesso, sapendo tutto dei segreti della vita, non poteva più fare ritorno al paese, se non prima facendosi cancellare la memoria.

La maga accettò ma chiese in cambio almeno una prova del suo viaggio. La prova le fu concessa, la prova era Gimler. Non ricordando nulla al suo risveglio, Maga Malù guardò Gimler e gli chiese: “E tu chi sei?”. “Sono Gimler”, rispose il folletto, che nel frattempo si era trasformato in ragazzo. “Da dove vieni?”, ribatté la maga. “Non lo so”, rispose Gimler. E poi nuovamente: “Chi sei? Perché sei qui?” Ma la risposta di Gimler fu sempre quella: “Non lo so!”.

Gimler portava nella schiena un disegno, un tatuaggio raffigurante le forze del bene e del male che si mischiano fra loro e sotto di questo un altro raffigurante un punto interrogativo con una scritta misteriosa con simboli sconosciuti a tutti!

Gimler passava le sue giornate ad osservare qualsiasi cosa e qualsiasi cosa il suo cuore potesse provare; le metteva a confronto col suo cervello e con tutte le cose che riusciva a pensare. Alternava questi momenti con altri in cui riempiva i saggi del paese di mille domande. Cos’è il sole? Da dove arriva? Perché? E la luna? Perché ci sono gli uomini e le donne? Perché sono diversi? In cosa? Cosa vuole dire bene? E male? Cos’è giusto? E sbagliato? Ma chi lo decide? Che cosa è reale? E cosa invece è apparentemente reale? Perché… perché? E continuava così per qualche minuto. Poi si interrompeva in quanto nessuna di quelle domande veniva soddisfatta da una risposta.

Venne un giorno in cui Gimler stremato chiese: “Ma perché non mi date nemmeno una risposta?” E i saggi, che erano veramente saggi, lo guardarono e col sorriso finalmente gli risposero: “Nessuna delle nostre risposte riuscirà mai a saziare come tu desideri le tue domande.” Gimler irritato ribatté nuovamente: “E chi lo dice?”. “I tuoi occhi lo dicono. Parti. Prendi una strada qualsiasi e osserva ciò che vedi. Quando crederai di non vederci abbastanza metti gli occhi sul tuo cuore, lui riuscirà a vedere ciò che non ha visto la testa.

Gimler perplesso disse: “Ma almeno ditemi…”, lo interruppè un saggio e gli indicò un sentiero, poi si girò ed insieme agli altri saggi scomparve nell’oscurità della fitta foresta; e venne quindi il tempo in cui Gimler partì con paura e curiosità alla volta dell’ignoto, armato solo dei suoi mille perché e delle parole dei saggi.

Era notte e le sagome degli alberi all’ombra della luna giocavano a danzare coi piccoli sassi del sentiero, passò così la notte sino al momento in cui le ombre si dissolsero e il sole fece l’amore con la luna facendo allontanare le piccole stelle scandalizzate.

Gimler era afflosciato, il sole raccoglieva coi suoi raggi ogni singola gocciolina di rugiada, nascondendo il furto tramite una soffice nebbia, fu in quel momento che apparve dalla nebbia una bellissima donna vestita di fiori di pesco, capelli lisci, sciolti, mori, occhi trasparenti con mille variazioni appena percettibili di colori dal verdino all’azzurro al grigio. Parlava senza mai muovere le labbra; lo guardò e gli chiese, chi era e dove andava. “Sono Gimler e vado alla ricerca del tutto nascosto dall’ignoto.

Affascinata la donna gli chiese con dolcezza: “Amami, qui, ora e per sempre, mio affascinante guerriero, non chiederti perché e per quanto”, gli disse la donna. “Sii il principe della mia fiaba”, gli chiese la donna. “Amandoci tutti i giorni e tutte le notti guarderemo lo splendore del sole che accarezzerà la luna, giocheremo con le stelle danzando con loro con balli proibiti, burlandoci dell’ombra e nascondendoci con le piccole goccioline di rugiada dietro i massi giocheremo a nascondino con il sole.” “Non posso, principessa”, rispose Gimler, “Prima devo capire!”.

In un minuto la principessa si dissolse, catturata dal sogno di un altro viaggiatore che passava dal sentiero vicino. Gimler, sicuro di sé, oltrepassò la collina che sorgeva dinnanzi a sé; giunto dall’altra parte gli si aprì davanti il tutto, il mondo intero, mille immagini, mille persone. C’era un vetro che non gli permetteva di passare, poteva solo osservare.

Passò lì anni ad osservare, di colpo si sentì infelice, aveva capito e visto molte cose ma aveva un gran senso di vuoto dentro. Con la mente chiamò fortemente il saggio del paese, come per magia il saggio apparve, in lacrime Gimler lo guardò e gli chiese: “Perché adesso che ho avuto tante risposte mi sento così vuoto? Cosa posso fare?

Il saggio posatagli una mano sulla spalla sorrise e disse: “Caro, devi solo riportare i tuoi occhi finalmente nel cuore, lui vedrà per te ciò che vuoi!” Gimler pianse per giorni; poi si girò, ripercorse il sentiero da cui era passato, ritrovò il sole che faceva l’amore con la luna, sorrise notando sotto di loro una nuova principessa delle stelle che lo guardava, lo prese per mano e gli chiese chi era.

Gimler felice le sorrise e non rispose.