Qui

Ivano Longo

06-010-2002  

Sono entrato in questo reparto a "trattamento avanzato" da circa due mesi. Dopo moltissimi anni di prigione passata a lottare per impormi come persona e non come detenuto, finalmente mi sento rispettato come uomo, con la mia dignità che è stata messa in luce grazie agli operatori di questo reparto e agli agenti di custodia, che so essere stati "selezionati".
Non è soltanto il fatto che sono aperto dalle nove del mattino fino alle ore ventuno, ma c'è qualcos'altro che si legge tra le righe.

"L'umanità", finalmente la "sento", e sono felice di non essere etichettato più come "ladro".
Questo reparto, a prima vista, sembrerebbe una specie di comunità terapeutica, ma non è così, quello che vedo tutte le mattine sono sempre le sbarre alle finestre e i cancelli; e alle nove di sera mi chiudono.

Le persone che hanno permesso questo cammino, crescono giorno dopo giorno insieme con me, mi stanno dando tutto quello che umanamente una persona può dare ad un'altra, anche solo per il fatto di "amarla" e per rendere la mia permanenza in questo posto più utile a me e al mio futuro; si stanno impegnando al massimo delle loro forze, credendo in me, nel mio cambiamento che ora è più facile da individuare, e quindi da pianificare.

Ora vedo più chiaramente quello che voglio e mi sento in grado di affrontare qualsiasi avversità che la vita ha tenuto in serbo per me, vita che non vedo l'ora d'affrontare e di vivere.

Molte volte ripenso al periodo che ho passato negli altri reparti, chiuso per quasi ventiquattrore al giorno, a contatto continuamente con la "malavita" senza avere la possibilità di sfuggire da lei, o di modificare il mio pensiero in merito a quello che avevo veramente dentro, cosa che invece qui posso fare liberamente, senza paura di essere giudicato per quello che sento e per quello che voglio.

Mi sento cambiato, e questo cambiamento è avvenuto dapprincipio con gruppi di psicoterapia con la dottoressa Bertelli, e poi con il passaggio in questo reparto, dove sono seguito sia individualmente, sia insieme al gruppo di detenuti che stanno facendo questa nuova esperienza con me.

Presto spero di uscire dal carcere perché ho la possibilità di farlo anche grazie all'attuabilità concreta d'usufruire delle misure alternative alla detenzione, misure che si stanno "pianificando" grazie all'osservazione personale fatta dagli Operatori, che mi conoscono finalmente da vicino; e sia dall'interesse che sta nascendo da parte dei Magistrati di Sorveglianza, visto che già alcuni di loro hanno voluto vedere con i propri occhi quello che succede in questo reparto.

Quello che secondo me non ha funzionato fino ad ora era proprio questo, in pratica, il fatto che i Magistrati e i Giudici, come anche gli Educatori e gli Assistenti non ci conoscono per quello che siamo, ma per quello che abbiamo fatto. E come potrebbe essere diversamente, con tutte quelle situazioni di sovraffollamento ecc. non c'è una valutazione appropriata e la legge con le misure alternative alla detenzione non può essere applicata correttamente, in più c'è anche un altro fattore che non bisogna dimenticare, vale a dire quello di voler anche valutare la condanna assecondo del caso, sapendo cogliere l'aspetto umano del caso stesso. Anche se questo comporta una valutazione diversa.