Lo zaino

Giuseppe Onida

  08 - 06 - 2000
 

Sono a casa e sto preparando lo zaino per una settimana fuori da questa caotica città; a me piace molto andare in montagna, soprattutto in questo periodo. Siamo a fine maggio e quest’anno credo che intorno ai 2000 metri ci sia ancora parecchia neve e io amo la neve.

Con gli amici abbiamo scelto la Val Vigezzo, una bella valle, selvaggia al punto giusto e piena di piccole valli laterali dove non c’è assolutamente niente. Ed è proprio per questo che sono molto attento a preparare lo zaino. Per me è come un rito, poggio a terra tutto quello che ho deciso di metterci dentro, in modo da controllare con un’occhiata se dimentico qualcosa o se ho preso qualcosa di inutile, che aggiungerebbe peso e toglierebbe spazio. Controllo e ricontrollo tutto più volte e inizio a riempire lo zaino. Comincio dalla biancheria, tre cambi completi, poi metto due pile, guanti, cappello e i capi importanti di Leo. Sì, parto con mio figlio ed altri quattro bambini figli dei miei amici.

Devo controllare le cose essenziali, quegli strumenti che nel mio zaino non mancano mai; la natura è bella ma può essere molto cattiva, per cui faccio su la corda, una corda da montagna, controllo l’imbrago, i moschettoni e piego bene il telo militare. Mentre sistemo, mi accorgo che non ho controllato il kit di pronto soccorso. Verifico che dentro ci sono bende, cerotti, ago e filo, calmanti, antibiotici, tachipirina, vitamine, siringhe e fiale di bentelan, garze di cotone e disinfettante, penicillina.

In alto, pronti all’uso, tengo sempre le cose utili; il coltello, grosso e robusto, ben affilato, sempre nel suo fodero, il telo militare e del cibo (frutta secca, cioccolato, latte e grappa). Lego la corda fuori e metto il kit del pronto soccorso dentro un contenitore impermeabile; scarpette leggere e giacca da montagna.

Ricontrollo tutto e ci aggiungo quattro o cinque cordini da 10/15 metri, poi soddisfatto, infilo la mia amata roncola avvolta nel suo panno, fiammiferi e accendino, nella tasca, insieme alla pila. In montagna bisogna stare attenti ed essendoci anche Leo, a maggior ragione.

Una volta proprio in quelle zone mi sono trovato, durante una splendida giornata, ad affrontare la potenza della natura. Valle stretta e ripida, io e Leo siamo nella gelida pozza del torrente, il sole è caldo e non c’è una nuvola. Di colpo, proprio mentre accendevo il fuoco per cucinare, inizia a piovere, il vento si fa forte e in un attimo siamo in mezzo ad un temporale, tuoni, fulmini, prendo Leo e al riparo di una grossa roccia gli infilo scarponcini e giacca a vento, poi mi attrezzo anche io.

L’acqua stava ingrossando il fiume, sembrava che venisse giù il cielo. Lego Leo con la corda e scendiamo il pezzo più ripido; a un certo punto noto dall’altra parte del torrente una tenda. Dentro c’era una giovane coppia con un bimbo piccolo.

Mi accorgo che sono in crisi, allora mi fermo, trovo un posto giusto e gli grido: "Oh, fermi! Dovete passare il torrente, da quella parte non si può scendere!”. Lego la corda ad un albero e attraverso il fiume, faccio due anelli di corda che fisso alla mia in modo che loro li usino come agganci, poi, avendo infilato l’imbrago, dico alla mamma: “Dia a me il bambino, così lei si può tenere” e me li porto di là.

Leo è un bravo bambino e anche se allora aveva 7 anni tirava la corda e mi aiutava. Poi arriviamo al nostro campo, che essendo ben posizionato grazie al lavoro dei compagni, troviamo subito, ben asciutto e con il fuoco acceso. Beh, io non sono un soccorritore, ma in quell’occasione i due sprovveduti credo che abbiano visto in noi un po’ i loro salvatori… infatti ci hanno offerto una buona cena.

Ecco perché è importante conoscere e avere buoni strumenti, ti possono salvare la vita e salvarla anche ad altri. Prima però devi imparare ad usarli.