Il lievito di Nicola e il pane di Isacco

Antonella Cuppari

06-12-2003  

L’incontro al "Faro" di ieri ha avuto per oggetto un paio di domande cui siamo giunti partendo dal cosiddetto tema della “nullatenenza”: Il mondo da noi cosa può guadagnare? Che cosa possiamo guadagnare noi dal mondo?

Umberto ha letto il suo scritto, “Il sonno del tenente” e ha commentato:

Io penso che finora il mondo non ha guadagnato nulla da me, così come io non ho guadagnato nulla dal mondo. E poi, di che mondo stiamo parlando? In questo momento mi sento come un pacco racchiuso in un altro pacco. Il mondo per me è qui, in carcere, perché tutto il resto è là, fuori. Oltre queste sbarre”.

A questo proposito, mi torna in mente il discorso che faceva Walter durante la pausa, che mi sembra possa costituire una delle tante possibili risposte all’interrogativo di Umberto:

Le domande che Aparo ha posto sulla nullatenenza mi hanno imbarazzato tanto da non riuscire a scrivere nulla. Sembra strano chiedere a dei detenuti cosa possano guadagnare loro da un mondo da cui, di fatto, hanno preso con la forza e sembra ancora più strano chiedere cosa il mondo possa guadagnare da loro. Io ho dato alla società la parte più negativa di me; per contro sono stato punito e allontanato dalla società. Quando uno va in galera, e per diversi anni, viene privato del diritto di votare. Vi rendete conto? Stiamo parlando del diritto che ognuno ha di poter dare un contributo per prendere delle decisioni che interessano tutti. Tutte queste riflessioni mi hanno bloccato e mi hanno impedito di dare una mia risposta a quelle due domande.

Però dovevate esserci questa mattina; tutto il reparto era in fermento. Sapete, stiamo preparando un progetto che prevede l’organizzazione di una sfilata, qui, in carcere. E’ un’occasione importante questa perché: prima di tutto, il 15% del ricavato verrà utilizzato per coprire le spese legali a carico dei familiari dei detenuti, mentre il resto verrà usato per costruirci una sala musicale insonorizzata; inoltre, una fetta del “mondo là fuori” sarà qui dentro quel giorno, e così potrà conoscere quello che facciamo, potrà ricavare qualcosa da noi.

E’ una sensazione strana, sapete? Di solito, quando noi detenuti pensiamo al guadagno, la prima cosa che ci viene in mente è un guadagno individuale, non spartibile con nessuno; un guadagno facile, non so, un furto, una rapina. Stamattina, però, tutti abbiamo riconosciuto il guadagno collettivo di questo evento, dove, sia noi dentro che il mondo fuori, possiamo “portarci a casa” qualcosa, e questo senza rubare niente a nessuno.”

Mi ha colpita il fatto che Walter abbia evidenziato che si tratta di un lavoro comune che porterà vantaggi ad ogni partecipante, un guadagno collettivo contrapposto ad uno individuale, dove qualcuno prende (in modo lecito o meno) e qualcuno dà o viene privato di qualcosa.

Qual è il mondo di cui parliamo? Quello da cui possiamo prendere e al quale possiamo dare? A me pare che il mondo di ognuno sia costituito dalle persone che decidiamo di includerci. Io posso essere in relazione con centinaia di persone, ma essere convinta che l’universo giri solo e unicamente intorno a me, ai miei desideri e ai miei bisogni. Quando arriva il momento del “bisogno” tutto quello che c’è “là fuori” è mio, me ne posso appropriare senza chiedere il permesso a nessuno; non c’è bisogno di chiedere il permesso perché non ci sono persone cui chiederlo.

Trovare nella propria testa lo spazio per gli altri e per il mondo non è facile. Significa prendere coscienza e accettare il fatto che esistono anche altre persone, con altri bisogni, altre risorse e significa scoprire che si ha bisogno del mondo per sopravvivere così come il mondo può giovarsi di quello che noi siamo e facciamo.

A questo proposito mi viene in mente il secondo scritto che ieri è stato letto, e cioè quello di Maurizio relativo a Nicolò Copernico.

Copernico critica la concezione geocentrica secondo cui la terra è al centro dell’universo. Attraverso uno studio lungo e minuzioso, egli arriva ad ipotizzare che la terra altro non è che un pianeta in mezzo ad altri e, come gli altri, gira intorno al sole.
La scoperta di Copernico ha comportato ad una vera e propria rivoluzione e questo, non solo perché oggi il mondo ancora si giova degli effetti che ne sono derivati in termini di conoscenza, ma anche perché ha messo in crisi l’idea dell’uomo come creatura eletta posta da Dio al centro del mondo, per passare invece alla idea di un uomo come essere vivente in mezzo ad altri.

Maurizio nel commentare il suo scritto ha detto:

Ciò che volevo dire con questo scritto è che nella vita, ad un certo punto, una persona inevitabilmente arriva a capire di non essere al centro del mondo.”

Scoprire di non essere il centro dell’universo è un po’, secondo me, come scoprire un nuovo mondo, costituito da altre persone, significa sentirsi parte di una collettività. Quello che Walter chiama guadagno collettivo implica così la consapevolezza che quello che si fa porta a dei risultati positivi o negativi non solo per se stessi, ma anche per gli altri. Il lavoro che ognuno di noi compie avviene all’interno di un mondo di cui facciamo parte; le persone usano le proprie risorse e quelle del mondo per crescere, e la propria crescita rappresenta l’evoluzione di una parte di mondo e quindi un guadagno per la collettività.

Aparo ha poi voluto sottolineare l’importanza, dietro alla scoperta di Copernico, della fiducia in se stessi e del lavoro: due importanti elementi che hanno consentito all'astronomo polacco di sfidare la tradizionale concezione geocentrica dell’universo per proporre una nuova visione del mondo: fiducia e lavoro hanno permesso a Copernico di non desistere dai suoi studi e a coloro che sono venuti dopo di lui (Brahe, Keplero, Galilei, Newton) e a noi tutti di beneficiare dei suoi risultati.

Walter, riguardo a ciò, ha detto:

Lo scritto di Maurizio mi fa riflettere. Quando Aparo ha posto le due domande sulla nullatenenza mi sono sentito piccolo di fronte a due grandi interrogativi. Copernico, però, era un uomo, e come tale non poteva conoscere tutto; nonostante ciò è riuscito a fare diventare grande qualcosa di suo. Questo mi fa riflettere sull’importanza, anche nella piccolezza della mia vita, di riconoscere il valore di ciò che io posso dare al mondo.”


Per concludere volevo riportare uno scambio di battute tra Livia e Umberto che mi ha divertito molto:

Umberto Io penso di non aver dato nulla al mondo fino adesso.
Livia Non è vero. Io mi sento parte di quel mondo.
Umberto E avresti guadagnato qualcosa da me? Beh, se è così, allora dopo lo dividiamo.