Il profumo del pane caldo

Marcello Lombardi

15-03-2004  

Non era difficile trovare la strada, mentre mi avvicinavo al paese dove l’uomo vive comodo e felice, udivo i campanacci delle pecore, il belare degli agnelli, il muggito delle mucche. Nel paese c’era ben poco, una trentina di case, la chiesa, una piazzetta e qualche capanna qua e là sugli spazi erbosi. L’odore di legna bruciata che inondava l’aria e il profumo di pane appena sfornato mi attirarono verso una delle tante case.

La cuccia del cane era vuota, ma quel morbido silenzio non mi dava sicurezza, così rimasi nascosto per ore. Ascoltavo ogni piccolo rumore, tutto mi colpiva: la voce del vento, i microscopici sorrisi delle foglie e i cuori delle galline che correvano impaurite. Sapevano che il lupo era arrivato. Mi dissi che era giorno di festa; avrei finalmente saziato la fame.

Ma più delle galline, mi attirò il profumo prelibato del pane caldo e la curiosità di vedere la casa dell’uomo fu più forte della fame. Con un balzo coraggioso entrai. La casa era cadenzata dai battiti di un vecchio pendolo appeso alla parete, l’eco dei suoi rintocchi si ripeteva a lungo per tutte le stanze. Quell’immagine di ordine e pulizia mi faceva pensare al bene.

La casa era abitata da una bimba dai riccioli castani e il visetto paffutello, illuminato da occhi neri e ridenti; sulla testa aveva una tavola piena di pani da cuocere. Appena mi vide mi salutò con un sorriso e si diresse verso la bocca del forno, appoggiò il suo carico sopra un muretto e, una alla volta, introdusse le pagnotte all’interno dove ardeva la legna.

Quando ebbe finito l’operazione mi guardò e mi chiese: “chi sei?

Sono un lupo affamato che oggi compie dieci anni e siccome in dono non ho ricevuto niente, neppure un augurio dalla mamma, ho deciso di farmi come regalo una delle vostre gallinelle, visto che siete una famiglia fortunata!”.

La bimba disse: “Vi avevo scambiato per un cane, ma che cosa è un lupo?”

Mi stupii che la bimba non avesse mai sentito parlare del lupo cattivo; pensai di accontentarla e le chiesi che cosa voleva sapere.

Tutto, le vostre origini, dove vivete, tutto di tutto”.

Raccontai che ero cresciuto in una capanna brutta, fredda e sporca, dove la mamma cambia continuamente compagno e il papà spesso non ricorda neppure di avere dei cuccioli. Quante domande avrei voluto farle! Quante cose avrei voluto sapere... ma dei miei genitori non sono nemmeno riuscito a pronunciare il loro nome, chissà per quale strana ritrosia, forse perché dopo tutto volevo dimenticare.

Ci fu un lungo silenzio nella casa, solo la fiamma del forno aveva qualche sussulto,“adesso sai tutto di me, ma io non so nulla di te” dissi alla bimba.

Noi siamo una famiglia fortunata. Siamo quattro fratelli ed io sono la più piccola, il mio compito e quello di cucinare il pane per tutto il paese. Abbiamo un solo papà e una sola mamma e sono i nostri veri genitori. E’ una vita veramente serena. Il papà fa il contadino e la mamma la sarta, la casa è abbastanza grande e ci permette di avere un grande tavolo dove studiare e un letto comodo dove dormire, abbiamo anche un grosso cane che si chiama Briciola e vi assomiglia molto."

“Si, ma io non sono un cane, sono un lupo!!”

“E quale è la differenza?”

“Oh!! cambia molto: il tuo cane è stato creato per essere aperto e trasparente con tutti e basta poco per farselo amico. Io invece sono nato con l’odio per tutti gli uomini. Questa è la differenza”

Allora la bimba che guardava me lupo con profondità commovente, si avvicinò e con voce rassicurante mi invitò: ”vuoi giocare con me?”

Non sono capace”.

E’ semplice, basta solo che tu ti faccia accarezzare, cosi diventerai come il mio cane”.

La dolcezza che la bimba mi trasmetteva risvegliò quella parte di cuore mai usata, era magnifico e doloroso al tempo stesso, era come toccare per la prima volta qualcosa di incontaminato..

Dalla stanza dei giochi intanto cominciai ad avvertire un lamento debole, che mi metteva dentro un grande struggimento e, man mano che mi avvicinavo, il suono si faceva sempre più forte.

E’ tanto tempo che ti chiamavo” mi disse il burattino dalla testa di legno “ma tu non sentivi e allora ho dovuto gridare per farti venire da me”.

Mi accorsi che si erano svegliati i sogni che da tempo giacevano addormentati dentro di me. La mente iniziava a ripercorrere strade incredibili che si possono scoprire nell’avventura solo quando si è bambini.

Il burattino parlante mi disse: ”oggi è il tuo compleanno e devi essere felice!!”. Avvertivo una strana sensazione, un benessere simile a quello che si prova quando si guarisce dalla febbre che ci ha indeboliti.

E allora chiesi “che cos’è la felicità ?“

La felicità è la condizione umana che si cerca di più nella vita. Quando gli uomini sono giovani la felicità è in loro, ma non se ne accorgono perché sono sempre in attesa che accada qualcosa di nuovo. Con il passare degli anni si voltano indietro a guardare quei giorni lontani, cercano di riviverli nella memoria e allora si rendono conto che erano giorni felici perché pieni della purezza e della speranza “.

”E' dunque un’onda, un impulso che è legato alla nostra libera volontà di riconoscerlo?“.

“Giusto! Non dipende da avvenimenti esterni ma dal nostro pensiero interiore: esistono persone nate in famiglie fortunate che possiedono ogni cosa, eppure non sono felici, ce ne sono altre che non hanno niente e, nonostante tutto, sono felici “.

Dopo quelle parole il burattino tacque per sempre ed io rimasi a guardarlo. Sembrava che avesse per anni osservato in silenzio tutto il mondo e adesso lo aveva regalato a me.
Il fumo di legno bruciato si era fatto più intenso e i rintocchi dell’orologio avevano scardinato il tempo.

Ridesto, guardai la bimba:”si è fatto tardi è arrivato il momento di andare via, questa esperienza oggi mi ha portato a conoscere un’altra realtà. Qualcosa di nuovo mi e accaduto e mi ha cambiato. La mia foresta non sarà più la stessa”.

La bimba in lacrime mi accarezzo e disse:”porta con te per ricordo il burattino dalla testa di legno e mettilo nella tua capanna cosi tutto ti sembrerà più bello”.

La abbracciai forte, le diedi un bacio sulla fronte che ancora non era stanca di infornare il pane e le dissi:”oggi sono stato felice e adesso so che anche tu a volte vivi in una capanna in fondo al tuo cuore”.

E lei rispose:”sì, mi rifugio lì quando piove forte e il vento porta via le foglie dagli alberi, ma adesso so che anche tu vivi in una capanna come la mia e non avrò più paura”.

 

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