La telefonata

Aniello Frasca

07-12-2003

La mente e la vita sono a volte indescrivibili; le emozioni che alcune volte riservano a noi uomini sono uniche e ognuno le vive in modo diverso. Il carcere può comportare la perdita di alcuni sentimenti importanti; nel mio caso, nonostante la lontananza, questi sono sempre più stretti e profondi.

Oggi 22 novembre è un giorno particolarmente importante, dopo circa un anno e mezzo di reclusione qui a San Vittore, potrò telefonare finalmente a mia figlia. Già ieri notte ci pensavo, cercavo il modo di prepararmi, di spiegare le ragioni di una attesa così lunga, ma soprattutto cercavo il modo di calmare la mia ansia.

Sento la mancanza della sua voce e questo mette la mia mente in uno strano movimento di pensieri che non mi abbandonano un solo momento, ho la pelle d’oca, un brivido attraversa il mio corpo, mi travolge per poi lasciarmi sognare.

Mi dico che dovrò cercare di non commuovermi, anche se so che sarà molto difficile. Ho voglia di chiederle un milione di cose, spiegarle direttamente a voce è molto diverso che per lettera, sarà più semplice, sicuramente lei mi farà mille domande, avrò il tempo per risponderle? Maledizione ho solamente 10 minuti, forse mi daranno qualche minuto in più. Ormai non dormo più, sento il profumo del caffè, il mio amico G. si è alzato presto, ha capito che non dormivo ed in silenzio ha fatto il caffè. Dio com’è dura l’attesa, ci vorranno almeno altre nove ore, per scaricare la tensione decido di andare a correre sul tappetino, mi farà sicuramente bene, non riesco a concentrarmi, la mia mente è sempre sull’ora dell’appuntamento là vicino al telefono, decido di andare all’aria, forse fuori riuscirò a concentrarmi, correndo mi accorgo che ai miei occhi le nuvole si trasformano nel bel viso di mia figlia, il vento porta la sua voce e la pioggia lacrime di felicità. “Ma cosa vai a pensare? E’ semplicemente una telefonata che devi fare”; “Vero, ma dopo tanto tempo”; “ma è solamente una telefonata”.

Cara mente, tu pensi poco e parli troppo, non potrai mai capire da quanto tempo aspetto questa benedetta telefonata, forse per te non è molto, invece per il mio cuore è importantissima, molte volte credo che tu, cara Mente, non hai un cuore, ecco perché parli tanto e combini poco. Poi, vuoi sapere la verità? I miei figli mi mancano da morire, tu non troveresti mai nessun paragone per indicare questo amore che loro sanno dare e quali emozioni riescono a procurarmi; sei troppo razionale e fredda per capire.

Il tempo sembra essersi fermato, controllo l’orologio ogni momento, faccio la doccia, lavo i panni, faccio le pulizie della cella, riguardo orologio “Madonna mia, ma cosa e successo oggi? Il tempo sembra essersi fermato”.

Decido di andare alla riunione della Redazione del Due e del gruppo Trasgressione, cosi tra una discussione e l’altra il tempo dovrà pur passare. Ben presto mi rendo conto però che nella stanza non vedo altro che mia figlia, il suo viso è su ogni sedia, non riesco più a pensare niente, la Mente e padrona di tutte le mie azioni, la mia unica immagine è la stanza del telefono.

Finalmente sono le 14.45, chiedo scusa ma devo scappare, velocemente giù per le scale si apre il primo cancello, il secondo, il terzo, via su per le scale, sono solo finalmente, prendo la cornetta del telefono e attendo la risposta del centralino, nell’attesa della risposta, la Mente parte come un film: mi trovo indietro di molti anni, sono vestito con un camice verde, sento la voce di un dottore che mi chiama, “vieni è arrivato il fatidico momento, fra poco nascerà”.

E’ l’8 marzo del 198.., fu molto veloce, vidi prima una testa, un attimo dopo la stanza si riempi di un nuovo profumo che non mi lascerà più, una nuova vita era nelle mie mani, esterrefatto, emozionato, felicissimo, “non essere una statua, dimostra il tuo amore, vai e lavala”. Una bellissima bambina nelle mie mani, ero di nuovo padre, quel corpo pieno di sangue ed acqua, si dichiarò alla vita con una voce sublime, era la vita, la mia vita, la strinsi al mio petto con amore e forza e ancora oggi sento il profumo del suo corpo, non c’erano ore che non riempivo i miei polmoni di quel profumo. La vedo che mi corre incontro quando rientravo dal lavoro sempre bella e sorridente, la vedo nel blu del mare sul mio dorso a nuotare, dopo vari anni al mio fianco, mangiare nel mio piatto con le mani, ballare sulle mie ginocchia per poi addormentarsi sul mio petto stringendo nelle sue dita una collana e i miei capelli.

Suona il telefono, Dio che emozione. “Pronto, sono Nello, cerco T.”. Silenzio, poi una voce implacabile e fredda: “mi dispiace è uscita da 10 minuti”. Nella piccola stanza scende il gelo, come un macigno il silenzio cade su di me, mi manca la voce. Mente dove sei? Perché non mi parli più? Maledetta Mente, parla, ho bisogno di te, parlami, dimmi qualcosa. Intanto dall’altro lato del telefono: “quando potrai telefonare? Lei ti ha aspettato, però non sapeva l’orario perché D. non è stato chiaro, le diremo che hai telefonato. Mi dispiace, quando richiami? Fra due settimane? Bene! Alle 15.00? Sarà sicuramente presente! Sta bene, non ti preoccupare! Ti pensa molto”. “Ricordatele che anche io la penso molto”.

Metto giù la cornetta lentamente, automaticamente guardo l’orologio, sono le 15.05 che tristezza, mi sento vuoto, la Mente non c’è più, maledetta Mente quando servi sparisci come un vigliacco, muori maledetta. Sento solamente tanta tristezza dentro di me, sembra un film ed è finito. Ho freddo fin dentro alle ossa, i miei occhi fissano il cielo grigio, mi sento il viso bagnato e cercando con gli occhi l’orizzonte dico: “maledetta pioggia, non smetti mai”.