Mio padre

Giulio Martino

04-11-2003  

Sin da piccolo non ho avuto un rapporto normale con mio padre. Lui non mi ha mai dato la possibilità di comunicare nel modo che desideravo. È mia intenzione precisare che mio padre era una persona che non ha mai studiato.

Per me è stato un padre speciale; non mi ha mai fatto un regalo o una carezza; questo valeva anche per il resto dei miei fratelli. Non gli ho chiesto mai dei soldi, non mi ha mai accompagnato a scuola, per queste cose è stato sempre assente. Oggi capisco che aveva delle ragioni più urgenti cui far fronte: lavorare per mantenere una famiglia.

Non ricordo una festa per me o che mi abbia mai fatto gli auguri per il compleanno. Era un padre particolare, lo riconosco. Non gli faccio alcun torto, oggi più di allora, anche se non c’è più, gli voglio ancora più bene.

I miei ricordi mi portano ad un preciso momento di vita vissuta accanto a lui. Ricordo che ogni anno, a metà agosto, mentre si pranzava tutti insieme, era solito dire: "domani ho voglia di andare a raccogliere l’origano, prima che qualcuno abbia la mia stessa idea e poi magari rimane quello meno buono e meno profumato".

Finiva col dire che l’indomani, all’alba, sarebbe partito per la montagna. Molto difficile per lui chiedere, era abituato solo a dare. Sapeva però che io ero sempre pronto, mi accordavo sempre alle sue richieste. Infatti, senza pensarci due volte, per l’indomani, mi sono reso disponibile ad accompagnarlo.

Era domenica, durante il tragitto, com’era suo solito, parlava poco. Siamo arrivati a destinazione e ho parcheggiato vicino ad una casa diroccata fatta di grossi massi e cemento, oggi li ristrutturano per farci agriturismo! Era un casolare che m’ispirava tante domande, e, infatti, chiesi a mio padre chi ci aveva potuto abitare in quel rudere. Era una curiosità di un ragazzo che voleva sapere tutto quello che non conosce, o era semplicemente un modo per parlare con mio padre.

La sua risposta è stata che in quel casolare aveva abitato lui con la sua famiglia. Rimasi stupito dalle sue spiegazioni e cominciò a raccontare. Mi diceva che da bambino portava le pecore a pascolare nei dintorni e che non era mai andato in città, non era andato mai ad un cinema o un bar. Nella sua infanzia ha conosciuto solo la montagna e il duro lavoro che la montagna richiede.

Non avevo mai sentito parlare mio padre della sua infanzia, i suoi ricordi di quando era bambino li stava raccontando per la prima volta a me. I suoi occhi avevano un luccichio particolare e anche i miei. Mi raccontava di quando il mattino presto faceva le ricotte e del siero che ne usciva; lo beveva per riscaldarsi e prendere forza fisica.

Quel suo modo di esprimersi mi diceva quanto era stata dura la sua vita, mi metteva a conoscenza di un piccolo periodo della sua infanzia, credo, poco piacevole. Oggi, come quel giorno, capisco che tutti i suoi atteggiamenti distaccati, non erano comportamenti voluti, ma un brutto approccio con la vita. Per questo gli voglio ancora più bene anche se non c’è più.

Ricordo certe giornate fredde e di pioggia che gli impedivano di andare a zappare la terra, quando andava da un pastore vicino e ci portava del siero caldo per cercare di farci felici e per creare un rapporto con noi figli. Questo accadeva di rado, ma quando succedeva, guardandolo, m’accorgevo della sua felicità; capivo che fare un’azione diretta per noi lo rendeva felice.

Ho dei ricordi della mia infanzia con mio padre che non sono tutti belli, ma oggi che sono detenuto, mi rendo conto di quanto ha sofferto lui per noi. Il mio sforzo confrontato al suo, mi sembra nulla. L’ultima volta che l’ho visto ero in carcere, sapevo che gli mancavano pochi mesi di vita. Percorrendo il corridoio che conduce al colloquio, pensavo tra me e me: gli devo dire quanto gli voglio bene e che mi manca. Volevo parlargli di me, di lui e dei miei figli. Lo vidi, mi ha guardato con i suoi occhi che dicevano: "non parlare, lo so che mi vuoi bene".

Quel giorno non gli ho detto nulla di tutto quello che avevo dentro; mi rimane un rimorso dentro, che non riesco a cacciare via da me. Ho sprecato l’ultima occasione della mia vita, era sufficiente dirgli: papà, Ti Voglio Bene.