La ribellione del cigno

Bruno De Matteis

 

9-11-2011

Sono stato per tanti anni su un palcoscenico come unico attore. Ho sempre deciso io quando era il momento di uscire sul palco per prendermi i miei applausi e quando ritirarmi. Come il cigno, ho sempre scritto la mia sceneggiatura da solo. Ma è vero?

Tempo fa a questo tavolo si è parlato dei vari tipi di consapevolezza. Io ho sempre gridato a gran voce che ognuno di noi ha scelto la propria strada nella devianza. Non ne sono più sicuro!

Le nostre tante discussioni mi hanno portato a rivedere tutta la mia vita e a dubitare delle mie scelte, ma anche del fatto stesso di avere scelto, a maggior ragione oggi, che dopo 20 anni ho riassaporato a spicchi la libertà, gli affetti, la famiglia.  Nei fatti, la strada che ho percorso mi ha portato a una condanna con un “fine pena mai”: questa però è stata decisa da altri (non da me).

Non mi ero mai arreso, nonostante abbiano tentato innumerevoli volte di farmi scendere dal palcoscenico. Invece oggi, dopo 40 anni di devianza, sono arrivato da solo a capire che era giunto il momento di chiudere il sipario e uscire di scena senza applausi né pomodori.

Il cigno, dopo tante umiliazioni, si sente finalmente protagonista di uno spettacolo col quale cerca di riscattarsi dal suo passato e, per una volta, vuole decidere di persona se morire o no, nonostante sappia che la sua fine è già segnata in anticipo dal suo autore teatrale. Il cigno si ribella, non vuol cedere al suo destino e così decide di resistere contro tutti, contro le grida e i pomodori che il pubblico gli scaraventa addosso perché stanco della sua presenza.

Questo sviluppo, secondo me, somiglia a quello di molti di noi, che non hanno deciso loro la devianza, ma hanno ceduto, quasi senza rendersene conto, al capo di turno o al tunnel delle droghe.

Pensandoci bene, credo che altri hanno deciso per noi! Che siano state le circostanze, le amicizie, o la sete di denaro e potere, comunque si tratta di qualcosa che ci ha trascinati in un vicolo cieco, senza permetterci di capire verso quale deriva stavamo andando a finire. E se dopo lo abbiamo capito, era già troppo tardi!

Tutto ciò vale, nonostante molti di noi abbiano la piccola attenuante che l'adolescenza e la devianza crescevano di pari passo nei ghetti dove la società ci aveva confinati. Si dice che "le mele non cadono mai fuori dall'ombra del proprio albero". Ecco, forse mi rivedo in quella mela, riconoscendomi figlio di un albero deviante, con le radici in un orto già impregnato di falsi valori.

Così, dopo tante discussioni a questo tavolo, sono arrivato alla conclusione che altri mi avevano regalato il palcoscenico della devianza solo perché un buon attore fa sempre cassa per tutta la compagnia. E su questo palcoscenico di devianza e di sofferenza ho danzato per decenni, illuso che ero io, proprio come il ballerino del cigno, a decidere tutto e a condurre la mia ribellione.