Verbale Gruppo Trsg 05-12-2005

Redazione

05-12-2005  

In previsione del convegno del 15 dicembre con studenti e docenti della Facoltà di Giurisprudenza, nel quale si rifletterà sul rapporto dell’individuo con l’autorità e si cercherà di identificare gli elementi che possono ostacolare o favorire un rapporto positivo con le norme, il gruppo ha prima raccolto le prime immagini che rappresentano l’autorità per i presenti.

A partire dalle immagini, abbiamo cercato di procedere a ritroso per verificare a quale punto del percorso individuale l’autorità diventa in molti casi espressione dell’autoritarismo piuttosto che dell’autorevolezza.

L’ipotesi da cui siamo partiti è che, a seconda delle connotazioni dell’immagine interna dell’autorità, il rapporto con se stessi, con la vita e con gli altri cambia significativamente: se una persona percepisce l’autorità come abusante, si sentirà autorizzata ad abusare del proprio potere sugli altri, viceversa, se l’autorità è soggettivamente percepita come propositiva, il rapporto potrà più facilmente diventare di collaborazione.

Dalla discussione è emerso che ci sono due modi prevalenti di pensare e percepire l’autorità:

Due sono le domande che ci siamo posti:

Più di una persona fa notare che l’autorità è anche interna e a volte l’autorità interna può essere più spietata e intransigente di quella esterna. Interna o esterna, è stato ribadito, l’autorità può assumere colorazioni più o meno rassicuranti che portano a interpretare se stessi in modo più o meno costruttivo.

Ci siamo chiesti dunque quali siano le funzioni dell’autorità e quali siano le responsabilità di ognuno nel contribuire a che il giudice sia facilitato nello svolgere al meglio il suo lavoro.

Riportiamo i punti principali emersi: