«Si può dimenticare, ma è uno stato transitorio»
Mercoledì 6 Febbraio 2002

Lo psichiatra Pancheri: la memoria di un atto violento prima o poi riemerge

di CARLA MASSI

ROMA - Un gesto, un’azione, un incontro. Può davvero il cervello umano riuscire a lavare tutto? Cancellare ogni segno lasciando la psiche intatta? Le domande tornano puntuali ogni volta che, nel caso di un omicidio, spunta l’ipotesi "mostro". Il sospetto che qualcuno abbia colpito, familiare o no della vittima, e che poi abbia ripreso, con apparente equilibrio e tranquillità, la vita normale. Ogni volta, pensare che la nostra testa abbia questo potere angoscia e rassicura al tempo stesso. «Eppure - commenta il professor Paolo Pancheri, ordinario di Psichiatria all’università "La Sapienza" di Roma e presidente della Fondazione per lo studio della schizofrenia - l’ipotesi che una persona dimentichi tutto per lungo tempo la trovo remota».


Un’ipotesi remota vuol dire che è quasi impossibile che avvenga una dimenticanza di questo tipo?
«E’ rarissimo. La memoria, infatti, prima o poi viene evocata. Le parole e i gesti di chi è intorno alla persona che ha cancellato tutto dalla memoria hanno, appunto, un forte potere evocativo».


Si può pensare ad uno stato di sospensione della coscienza?
«Si può pensare ad uno stato di sospensione della coscienza, ma è transitorio. Ed è oltretutto raro che durante quei momenti vengano compiuti atti violenti. Può capitare che una persona si allontani da casa, compia gesti insoliti e poi non ricordi. Che resti in uno stato crepuscolare. Ma, prima o poi, il materiale riaffiora».


Anche dopo sette o otto giorni?

«Mi sembrano tanti sette-otto giorni»


Lo stato di sospensione è sintomo di quali malattie?
«Può capitare nei casi di epilessia temporale o di depressione delirante. Prendiamo ad esempio questa ultima situazione: una persona può essere spinta ad un atto violento ma, generalmente, subito dopo è in preda al senso di colpa. Cerca, a suo modo di riparare il gesto».


A che cosa si riferisce?
«Pensiamo a quei drammi familiari in cui una madre uccide i figli e poi si ammazza. O ad un marito che uccide la moglie e poi si getta dalla finestra. Generalmente la persona fa di tutto per non restare solo. Per non rimanere a soffrire dopo il gesto».


E nel caso in cui all’omicidio non segue il suicidio?

«Il crollo è quasi contemporaneo all’atto o avviene subito dopo. A distanza di poche ore, pochissimi giorni».


Perché ha dimenticato?
«Può subire, come detto, un restringimento della memoria ma poi, generalmente, l’essenza del fatto torna».


Spesso si evoca la schizofrenia.
«E si sbaglia. Si tratta di una malattia psichiatrica grave che si manifesta in giovane età, tra i 18 e i 20 anni. Può dare delirio, allucinazioni ma quasi mai violenza. Deve essere molto chiaro questo concetto. Il malato schizofrenico può essere aggressivo come forma di difesa. Spesso è aggredito e, quindi, reagisce. Ma non si accoppi il concetto di violenza con quello di schizofrenia».


Quindi, niente impulsività?

«Un malato di schizofrenia non premedita nessun atto. A lui non si possono imputare neppure atti impulsivi violenti».


Si può ipotizzare un delirio di persecuzione?
«Chi soffre di questo disturbo può sentirsi accerchiato, può vivere situazioni in cui identifica in tutti degli intenti persecutori nei suoi confronti. Ma la reazione violenta estrema è simile a quella che abbiamo visto tante volte nei film. Gli spari nel supermercato o dalla finestra».