il Nuovo

Senza parole, senza ricordi
Venerdì 8Marzo 2002

Secondo uno studio neozelandese la ragione per cui non ricordiamo molto della nostra infanzia è che la memoria di quell'epoca lavora senza il linguaggio.

 

Non è possibile ricordare gli avvenimenti delle primissima infanzia perché la memoria li ha archiviati senza le parole adeguate per descriverli, e quindi in una forma che più avanti negli anni risulta impossibile decifrare. "Una delle ragioni per cui non ricordiamo molto della nostra infanzia è che la memoria di quell'epoca lavora in un formato differente da quello con cui archiviamo gli avvenimenti posteriori, per il semplice fatto che ancora non padroneggiavamo il linguaggio", spiega Harlene Hayne, professore di psicologia e direttore del Early Language Project dell'Università di Otango a Dunedin, in Nuova Zelanda.

Secondo Sigmund Freud, i ricordi della prima infanzia svaniscono perché vengono repressi negli anni successivi, mentre la psicologia moderna pensa che si tratti di un problema di immaturità della memoria. Ora, lo studio neozelandese propone una terza ipotesi: l'immaturità del linguaggio. "La memoria di per sé non ha un limite temporale. È stato dimostrato che persino i bambini più piccoli sono in grado di formare ricordi e richiamarli alla memoria anche a distanza di giorni", insiste Hayne. Per dimostrarlo, il ricercatore ha riunito un gruppo di bambini di diverse età, 27, 33 e 39 mesi, e ha insegnato loro un nuovo gioco. Sei mesi dopo, ha chiesto agli stessi bimbi di descrivere il gioco, di riconoscere alcune immagini attinenti a esso, e infine di giocarlo nuovamente. Nel frattempo, i genitori avevano compilato una lista delle parole che ogni bambino padroneggiava sia al momento del primo incontro sia all'epoca del secondo. "Ebbene, tutti i bambini erano in grado di descrivere il gioco, di riconoscere le immagini attinenti a esso, e persino di giocarlo nuovamente. Ma riuscivano a descrivere il loro ricordo del primo "incontro" con il gioco solo utilizzando le parole che conoscevano all'epoca. Insomma, non erano capaci di raccontare un'esperienza del passato usando le attuali conoscenze linguistiche".

Secondo Hayne, quindi, i bambini non possono tradurre in parole le esperienze vissute quando ancora non padroneggiavano il linguaggio. "Il passaggio dalla memoria pre-verbale a quella verbale probabilmente rende inaccessibile la prima, e di conseguenza diventa impossibile evocare i ricordi di quell'epoca", conclude lo studioso.